«E sapone, quello con cui si lavano i piatti.»
Bass lanciò un’occhiata alla madre che stava allattando, che annuì.
«Abbiamo anche quello.»
«E un sacco di pezze, più pulite sono, meglio è.»
Un’altra occhiata, un altro cenno di assenso, questa volta nella direzione della cucina. Uno dei motociclisti andò in cucina e tornò con una bracciata di stracci che posò dove gli indicava Matt, ai piedi del letto.
«Bene. Ora ho bisogno di un coltello ben affilato.»
In un attimo, tutti e tre i motociclisti estrassero delle lame da foderi quasi invisibili, la più piccola delle quali era lunga almeno quindici centimetri.
«Scegline una e non fare stupidate», lo ammonì Bass.
Matt scelse il coltello più piccolo e lo soppesò in mano, esaminandone nello stesso tempo la punta.
«Ho anche bisogno di acqua calda saponata. Un mezzo secchio.»
Bass borbottò qualcosa e, nel giro di un minuto, il motociclista rasato era uscito, era tornato e aveva posato ai piedi di Matt un secchio mezzo pieno di acqua saponata.
«Digli che questo gli farà un male tremendo», disse Matt. «Poco dopo il mio intervento, gran parte del dolore che ha avuto dovrebbe svanire.»
«Hai sentito?»
«Digli di fare tutto il cazzo che ha da fare», gemette Rake.
Con quello che c’era nella cisti pilonidale di Rake, non valeva la pena sterilizzare il coltello o la pelle. Matt avvolse un panno attorno alla lama e lo fissò a circa due centimetri e mezzo dalla punta.
«Bene, Rake. Pronto…via!»
Spinse dentro il coltello attraverso il tatuaggio, per almeno cinque centimetri. Rake sibilò tra i denti serrati, ma non emise altri suoni. Il pus, sanguinolento e dall’odore ripugnante, spruzzò dalla ferita e colpì in buona parte il panno attorno alla lama, in parte inzaccherò Matt.
«Appena potrà muoversi, mettetelo in una vasca piena di acqua calda e saponata», ordinò Matt, pulendo al meglio la ferita e lavandosi le mani nel secchio d’acqua. «Brucerà, forse, ma gioverà molto. Qualcuno ha degli antibiotici? Ora che la ferita è aperta, potrebbero essergli di giovamento.»
«Stronzo, sai che li abbiamo», gridò Bass. «Becky mi ha detto cosa hai fatto per Samuel.»
Avendo ovviamente previsto ciò di cui avrebbe avuto bisogno, rovesciò la federa piena di farmaci rubati e Matt scelse l’antibiotico più potente.
«Due di queste, quattro volte oggi», ordinò, chiedendosi se l’essere stato colto a dire quella particolare bugia sarebbe stato per lui un vantaggio o uno svantaggio, «poi una, quattro volte al giorno. Dovrebbe farsi ricoverare in ospedale, ma, anche se non lo porta là, questa cavità dovrebbe guarire dall’interno entro due settimane, tre al massimo. Mandi qualcuno a comperare dieci o dodici bottiglie di perossido e delle bende. Potete pulire il foro con il perossido e poi tamponarlo con le bende.» Lanciò un’occhiata alle sue mani nude e soggiunse: «Prendete anche un paio di scatole di guanti in gomma».
Esitò, scegliendo con cura le parole per stringere una specie di patto con Bass. Prima di poter parlare, tuttavia, senza una parola di ringraziamento o di avvertimento, Bass fece un cenno con la testa e Matt venne tirato, quasi trascinato senza cerimonie, fuori dalla casa e riportato nel capanno.
«Aspetta un po’», si lamentò mentre Testa Rasata lo ammanettava di nuovo al tubo in rame. «Aspetta un fottuto minuto. Ho appena salvato la vita di quell’uomo. Senti, devo andare via di qui. I miei amici moriranno se non lo faccio. Di’ a Bass che non dirò mai a nessuno ciò che ho visto qui. Lo prometto.» I motociclisti si stavano già avviando verso la porta. «Alt! Questo non è giusto! Ho salvato la vita del vostro amico!» Stava inveendo contro l’interno della porta chiusa. «Dannazione.»
Matt prese a calci la parete e fece altri inutili tentativi per staccare il tubo. Niente da fare. Era già bell’e morto. Se l’avessero lasciato in vita, sarebbe stato solo per curare la ferita alla schiena di Rake.
«Bastardi!» gridò. «Ingrati bastardi!»
Si lasciò cadere sul letto di stracci unti, tirò su la coperta e chiuse gli occhi. Nemmeno Nikki e gli altri avevano ora più alcuna possibilità di sopravvivere. Per un po’ pensò alla lenta asfissia. La respirazione sempre più difficile, la sensazione di avere sonno, sdraiarsi, chiudere gli occhi e non svegliarsi più. C’erano di certo modi peggiori di morire, compreso probabilmente anche quello che i motociclisti avevano in serbo per lui.
Il tempo passò. Forse si era appisolato quando la porta venne di nuovo spalancata. Bass rimase sull’uscio come aveva fatto la prima volta, bloccando la visuale di ciò che c’era dietro di lui. Questa volta vi era, tuttavia, qualcosa di diverso. Questa volta teneva la mano sinistra dietro la schiena e nella sua enorme zampa destra, ciondolante lungo il fianco, una pistola.
«Merda. Bass, no», lo implorò Matt in un mezzo sussurro. «Non dirò a nessuno di voi. Lo prometto.»
«Farai meglio a ricordartelo», borbottò Bass. «È un bene per te che tu sia un bugiardo tanto scadente.»
Si chinò e lanciò la pistola di Matt, facendola scorrere sul pavimento fino a quella specie di giaciglio. Matt non aveva ancora afferrato il significato di quel gesto, quando vide arrivare dietro la pistola anche le chiavi delle manette, un paio di jeans asciutti e una camicia da lavoro. Senza dire un’altra parola, Bass si voltò e uscì dalla capanna.
Al suo posto, occupando molto meno spazio, c’era Frank Slocumb.
«Non è incredibile, Lewis? Questo ragazzo sopravvive al crollo di una miniera, percorre un centinaio di metri in un fiume sotterraneo e finisce catturato da Bass Vernon e la sua pazza banda!»
«Sei proprio un bel tipo», disse Lewis a Matt.
Lewis, il tubo nel petto ancora fissato alla camicia, era incastrato tra Frank e Matt nella cabina del malconcio furgone Ford rosso anni Quaranta. Dietro, tra scatole e teloni, c’era il fratello minore Lyle. Kyle era rimasto a sorvegliare la fattoria.
«Frank», scherzò Matt, ancora stordito per lo scampato pericolo con i motociclisti, «a parte forse quando sei uscito dal ventre di tua madre, giuro che nessuno è mai stato più felice di me di vederti.»
«Chi dice che mamma era felice?» s’intromise Lewis. «Stava per tagliarsi la gola quando lo ha visto.»
«E voleva tagliare la tua quando ha visto te.»
Matt rise con loro. Erano appena passate le dieci di una mattinata nuvolosa. Il furgone aveva percorso sobbalzando una strada in terra battuta, ripida e profondamente solcata, per circa mezz’ora, aggirando la montagna che conteneva sia la miniera Belinda sia il deposito di materiale tossico.
«Ti sei fatto proprio una bella gita, Matt», commentò Frank. «Otto chilometri in tutto, forse nove e mezzo da dove sei partito a dove ti ha trovato la banda di Vernon. Sei un uomo fortunato.»
«Temevo che sarei morto cadendo dalla cascata, poi ne fui convinto quando Bass è entrato con quella maledetta pistola in mano.»
«È il suo modo di fare. Bass è pazzo come un cavallo. Anche cattivo, a seconda della droga che sta prendendo. Non credo di averlo mai visto lasciare uscire vivo qualcuno dal suo campo. E tu, Lewis?»
«A parte noi», rispose Lewis.
«Sapeva che noi facciamo il miglior whisky della valle. Quello che coltivano in quel buco infernale non c’interessa. Hanno però più armi e munizioni dell’esercito statunitense e le cose che fanno bang ci sono sempre piaciute.» Frank scoppiò a ridere, accompagnato da Lewis. «Nel corso degli anni hanno imparato ad avere fiducia in noi, almeno per quanto Bass riesca a fidarsi di qualcuno. Devi avere fatto qualcosa di veramente speciale, se ci ha creduti quando gli abbiamo detto che ci si può fidare di te e ti ha lasciato andare.»
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