Michael Palmer - Sindrome atipica

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Sindrome atipica: краткое содержание, описание и аннотация

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Il dottor Rutledge ha la certezza che ci sia qualcosa di sospetto nelle morti dei suoi pazienti. Troppe banali influenze degenerate in incomprensibili complicanze non hanno lasciato scampo ai malati. L’uomo nutre un sospetto: che nell’evoluzione fatale delle malattie sia coinvolto il giacimento di carbone, la cui aria nera copre il cielo della sua città, nel West Virginia. Ma presto il dottore capisce che le sue indagini lo stanno portando a scoprire segreti molto più pericolosi di quanto potesse immaginare.

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«Ho salvato la vita di Rake», rispose Matt semplicemente.

«Nessuno ti darà una medaglia per questo», commentò Lewis.

Matt controllò l’ora. Doveva esserci stata sufficiente aria nella grotta per consentire a Nikki e agli altri di sopravvivere fino a quel momento. Pregò che Nikki, o Ellen, non l’avessero dato per spacciato e avessero deciso di uscire per il fiume. Era improbabile che gli dei lasciassero scampare due persone in una sola mattina per quella via.

«Quanto ancora?» domandò.

«Siamo quasi arrivati», rispose Frank. «Non si può arrivare direttamente alla galleria che intendiamo usare dalla casa di Vernon.»

«E Vernon vi ha spiegato di che cosa ho bisogno? Avete portato gli esplosivi?»

Frank sorrise.

«Penso proprio di sì», rispose Lewis.

«Perché pensi stia guidando tanto adagio?»

Matt trattenne il fiato e fissò, al di là della finestrella, Lyle che, tranquillamente disteso tra i pacchi, fumava una sigaretta.

«Vi devo tantissimo», ammise Matt.

Percorsero gli ultimi quattrocento metri fuoristrada, insinuandosi tra gli alberi e superando radici. Nel punto in cui Frank si fermò, non si notava alcuna galleria lungo la base rocciosa dell’enorme montagna rimboschita.

«Dove andiamo da qui?» chiese Matt, mentre scaricavano due grandi zaini dal camioncino, due sacche più piccole in nylon e una lunga sacca color cachi con un’insegna dell’esercito degli Stati Uniti stampinata sopra.

«Solo perché tu non vedi niente, non vuole dire che non ci sia qualcosa», replicò Frank, passando a Matt uno dei grandi zaini e due rotoli di corda. «Qui ci sono un sacco di entrate nella montagna. Il trucco sta nel sapere quale finisce di colpo in grandi e profondi buche.»

Solo Lewis non era caricato come gli altri quando attraversarono la ventina di metri di terreno ricoperto di foglie e arbusti per raggiungere la collina. Matt si sentì sempre più eccitato all’idea di rivedere Nikki viva.

Resisti, bambina. Ancora un poco.

L’entrata al tunnel, completamente nascosta dietro un affioramento roccioso, era alta solo un metro e trenta, una fessura frastagliata grande abbastanza per fare passare una persona carponi, ma di certo nessuno con bagagli. Ammucchiarono la loro attrezzatura davanti all’entrata, quindi Matt e Frank entrarono, tirando ciascuno una estremità di corda. Matt non si sorprese affatto nel vedere che il suo battito era relativamente lento e regolare, malgrado quel passaggio fosse tanto stretto.

Venite avanti e acquistatela, signore e signori, la Famosa Cura del dottor Rutledge contro la claustrofobia.

Guidati da una potente torcia elettrica, avanzarono per nove metri nello stretto tunnel, prima di giungere in un atrio alto abbastanza da potersi drizzare e sufficientemente largo per tutti loro e per l’attrezzatura. Frank legò insieme le corde, formando un lungo cappio a un’estremità e lasciando sporgere dal nodo sufficiente corda da usare come cinghia. Lewis stava facendo la stessa cosa all’esterno. Un pezzo alla volta, trascinarono dentro l’equipaggiamento, mentre la corda vuota veniva resa a Lewis e Lyle la legava attorno ad altri attrezzi.

Svelti! Avrebbe voluto gridare Matt. Affrettatevi!

Il tragitto nella montagna per questa via gli parve più lungo e stretto che quello dal crepaccio, ma non vide salti né acqua fino a che non superarono un fiume su alcune assi proprio verso la fine del cammino.

Dieci e quaranta.

L’ambiente di ciò che una volta era l’entrata al deposito di sostanze tossiche era completamente cambiato. Gran parte del soffitto era crollata e aveva creato una nuova grotta all’esterno della vecchia. Si poteva raggiungere il soffitto della nuova caverna, a circa sei metri sopra di loro, solo arrampicandosi su una parete di roccia cui mancavano dieci gradi per essere verticale. Il pavimento era ricoperto di detriti e una parte della parete di destra era crollata, lasciando uno strano e liscio incavo che sembrava fosse stato prodotto da un gigantesco cucchiaio per gelati.

«Uau», gridò Frank, ispezionando l’enorme parete frontale. «Quei ragazzi hanno fatto proprio sul serio.»

Matt si senti male all’idea di mettere un pezzo di dinamite tra quei massi, accendere un fiammifero e creare con l’esplosione una nuova entrata. Un gioco da ragazzi.

Come se avesse letto i suoi pensieri, Lewis gli mise una mano sulla spalla.

«Entreremo là per te, Matt», disse.

In un silenzio raramente interrotto, i tre fratelli Slocumb agirono come un’unità militare esperta. Lyle piazzò numerose lanterne, illuminando quasi a giorno lo spazio, quindi si mise a disimballare l’attrezzatura. Lewis, le mani ai fianchi, leggermente ansante, osservava Frank che saliva in cima alla pila di pietre e poi correva da un lato all’altro.

«Dovrai fare un lavoro dannatamente buono, Lewis», gridò Frank, mentre scendeva dalla parete.

«Lo farò», replicò Lewis semplicemente. «Allora, Matt, ecco cosa faremo. Questa è la parete principale. È come un tappo dove prima vi era un buco. Non è difficile farla esplodere. Il trucco sta nel farlo senza uccidere noi e quelli che sono dall’altra parte.»

«Pensi di farcela?»

«Penso di poter tentare. Non posso dire altro. Lyle, ascolta. Voglio ammorbidire questa bambina con una granata della Piccola Berta, a circa due terzi verso l’alto. Puoi colpire quella grossa e puntuta roccia lassù?»

«Da dove?»

«Dalla giusta distanza per non venire colpito, Lyle.»

Lyle esaminò la grotta.

«Nessun problema», proclamò. «Posso sparare da qui dietro.»

Aprì la lunga sacca dell’esercito, ne tolse un lanciarazzi e lo caricò.

«Non è una bellezza?» disse Lewis a Matt. «Un missile anticarro Javeline con HEAT, una testata anticarro esplosiva. Penetra per più di cinquanta centimetri in un mezzo blindato. Devi solo sparare e dimenticare, dimenticare a cosa stai sparando e dimenticare di stare nei paraggi a guardare. Portata fino a venticinquemila metri, due chilometri e mezzo.»

«Cristo, Lewis. Come avete fatto ad averlo?»

Lewis rispose con un’occhiata ironica. «Non sei così sciocco da porre una domanda di cui non vuoi conoscere la risposta.»

«Frank», continuò poi, «prepariamo i pacchetti di gelatina. Tre file verticali, cominciamo con mezzo chilo in cima e finiamo con, diciamo, cinque chili in fondo. Useremo quella corda per collegarli.»

Frank tirò subito fuori parecchie dozzine di pacchetti simili a salsicce da uno degli zaini e li depose su un telone vicino a Lewis, assieme alla miccia detonante. Con abilità, i fratelli si misero a legarli assieme.

«Pronto», gridò Lyle.

«Da questa parte, dottore», lo invitò Lewis, guidando Matt e Frank nel tunnel, finché non videro più la parete principale. «Sarebbe divertente guardare lo spettacolo, ma anche pericoloso. Spero che anche Lyle venga qui alla svelta.»

Matt udì un forte sttt da dietro la curva, seguito da Lyle che si era lanciato, testa in avanti, ai loro piedi. Nello stesso momento, una assordante esplosione risonò nel tunnel, seguita dall’ acciottolio delle pietre. Quando Lewis avvisò con un cenno che si poteva andare a controllare la parete, videro che il centro si era polverizzato e che le pietre più in alto si erano spostate e allentate.

«Non vorrei proprio vedere la Grande Bertha in azione», borbottò Matt.

«Bel colpo, Lyle», commentò Lewis. «C’è ancora qualche speranza per te. Frank, sistemiamo questi salsicciotti e creiamoci un buco.» Si rivolse a Matt: «Useremo dei detonatori a scoppio ritardato per fare esplodere questa parte e farla crollare dal basso. Se tutto va bene, si aprirà uno spazio in cima, se sbagliamo, sarà meglio sia più piccolo che troppo grande. Se non riusciamo a creare un buco la prima volta, abbiamo sufficiente Vibrogel per riprovarci anche più di una volta».

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