Perfetta!
«Si comincia», esclamò.
Nikki tolse il pistone e usò le forbici per tagliare l’estremità del cilindro su cui sarebbe stato attaccato l’ago. Il tubo vuoto lungo tre centimetri e settantacinque era quanto di meglio poteva sperare d’avere.
Mentre si girava per chinarsi sulla gola pallida e gonfia di Colin Morrissey, dalla caviglia partì una fitta di dolore acuto. Ellen cercò maldestramente di sistemare la luce, mantenendo nello stesso tempo la posizione del collo richiesta da Nikki.
«Sara Jane», chiese infine, «puoi puntare la lanterna esattamente su questo punto?»
«Certo.»
«Brava. Abbiamo bisogno di te, Sara Jane. Tienila ben ferma.»
Nikki non aveva idea di quanto tempo dei quattro minuti fosse già trascorso, ma ora non poteva più fermarsi.
«Non mentre sono responsabile io», sussurrò concentrandosi. «Non mentre sono responsabile io.»
Localizzò con i polpastrelli la membrana cricotiroidea, il punto migliore per l’incisione, appena sopra la laringe di Morrissey. Se avesse sbagliato, avrebbe dovuto improvvisare. Non avrebbe comunque esitato e di certo non avrebbe combinato guai. Erano già morte almeno dodici persone per rendere Grimes e i suoi uomini ricchi. Centinaia, forse migliaia di persone erano in pericolo, fossero riusciti a immettere sul mercato il loro vaccino.
Ma non quest’uomo, non ora, almeno. Utilizzando il prezioso scalpello, tenuto parallelo agli anelli cartilaginei, incise la pelle fino alla trachea. Immediatamente traboccò del sangue schiumoso e, di riflesso, Morrissey tossì, inzaccherando la camicia e il mento di Nikki. La droga che gli avevano dato stava esaurendo il suo effetto e lui stava riprendendo conoscenza. Abilmente, senza badare al sangue, Nikki inserì le forbici nell’incisione e le divaricò per aprire il foro. Infilò poi il tubicino nella trachea. Appena il primo flusso di aria entrò nei polmoni dell’uomo, si udì un gorgoglio e un sibilo, poi, rapidamente, la sua respirazione si calmò.
Pochi minuti dopo, Colin Morrissey sollevò un braccio e sbatté le palpebre.
Trascorsero altre due ore, con Ellen e Sara Jane che si prendevano cura dei quattro pazienti. Fred Carabetta era ancora in stato comatoso, anche se sembrava reagire un po’, quando gli veniva passata con una spugnetta sul viso e sulle labbra l’acqua fredda del fiume. Sid, la guardia, giaceva lì vicino, e singhiozzava e imprecava alternativamente. Era chiaramente paraplegico e ora tristemente consapevole di quella realtà. La donna che aveva aggredito Nikki era ancora legata stretta con il nastro isolante. Dormiva quasi sempre o blaterava incoerentemente quando era sveglia. Apparentemente incurante della loro situazione, Sara Jane strisciava dalla donna a Morrissey e viceversa, confortandoli, passando la spugna bagnata sulla loro fronte, tenendo loro la mano e addirittura cantando loro qualcosa.
«Sono come me», disse, in una delle rare occasioni in cui parlò con Ellen e Nikki. «Sono proprio come me.»
Nikki aveva bloccato le mani di Morrissey con del nastro adesivo alla cintura, per impedirgli di togliersi il tubo della tracheotomia di fortuna. Ora, esausta e sempre più sofferente, si era sdraiata a terra, appoggiata a un grosso masso, la gamba rotta e pulsante sollevata su una pila di pietre. Non poteva fare altro che aspettare. Delle tremende immagini continuavano a invadere la sua mente, visioni di Matt, il suo corpo per sempre incastrato tra due rocce, gli arti che si muovevano senza vita nell’acqua nera. Per di più, l’aria dolciastra sembrava farsi sempre più densa e più difficile da respirare. Si stava già esaurendo?
Non con fracasso, ma con un pigolio… Non con fracasso…
Mentre se ne stava lì distesa, osservò con stupore Ellen che, mai ferma, si prendeva cura degli altri e parlava allegramente e con ottimismo con loro e con Sara Jane. Di tanto in tanto tornava da Nikki per rassicurarla che i suoi pazienti stavano bene e che Matt ce l’avrebbe fatta, e così pure loro. Questa volta però, Ellen non le recò un simile messaggio e, per la prima volta, la tensione era impressa sul suo viso.
«Ho intenzione di provare a risalire il fiume», disse.
«Cosa?»
«Non andrò verso valle, ma qualcosa devo fare. Sono passate quasi tre ore e temo che l’aria si stia esaurendo. Pensa di potercela fare senza di me?»
Che differenza fa? mancò poco che Nikki ribattesse ad alta voce.
«Farò ciò che posso», disse invece. «Lei non crede che sia riuscito a uscire, vero?»
Ellen si sedette accanto a lei e le prese le mani.
«Non so cosa credere, penso comunque che non possiamo starcene qui e lasciare che loro vincano. In primo luogo, entrambe abbiamo nuovi amori nella nostra vita. Voglio vedere come andrà a finire per me. In secondo luogo, entro poche ore quel vaccino diverrà lo standard di cura. I pediatri di tutto il paese sono stati istruiti dagli addetti alle pubbliche relazioni delle ditte farmaceutiche, dal presidente e da sua moglie. Non sarei sorpresa se oggi, entro il tramonto, venissero somministrate almeno duemila dosi di quella roba.»
«Ha ragione», ammise Nikki, tirandosi in piedi. «Dobbiamo tentare. Non aveva detto di essere un’ottima nuotatrice?»
«Nuoto come un pesce.»
«Aspetti che abbia saltellato fino a là. Sara Jane e io ce la caveremo benissimo.»
«Lo so.»
I pochi metri percorsi affaticarono loro la respirazione più di quanto avessero previsto. Non fu necessario alcun commento. La riserva di ossigeno stava decisamente diminuendo.
Nikki guardò Ellen aggirare la pila di legno e detriti che una volta era stato il secondo ponte e scendere in acqua. Una gran donna, pensò Nikki, coraggiosa, intelligente, con una grande capacità di recupero e gentile, proprio il genere di persona che avrebbe voluto essere a sessant’anni. L’idea di raggiungere la sessantina la fece sorridere mestamente. Erano passate parecchie ore da quando Matt se ne era andato. Era improbabile che fosse riuscito a uscire dalla montagna e ora quel poco di speranza di sopravvivenza che restava si basava su una donna che aveva quasi il doppio dei suoi anni. Ellen non avrebbe dovuto soltanto trovare una via d’uscita nuotando controcorrente, ma anche evitare Grimes e i suoi pistoleri, trovare persone che volessero e potessero aiutarla e tornare alla grotta prima che diventasse una tomba priva di aria. Le probabilità che ce la facesse erano veramente scarse.
Ma scarse non voleva dire nulle.
Con la lanterna in mano, Nikki si sedette sulla riva e aspettò. Non dovette attendere a lungo. Nemmeno cinque minuti dopo essere entrata diguazzando nel tunnel, Ellen riapparve, i piedi in avanti, a faccia in giù nell’acqua. Nikki strisciò carponi e cercò di afferrare la camicia di Ellen. Il tessuto le scivolò dalla mano. Ignorando le fitte di dolore dalla caviglia, si immerse goffamente nell’acqua e riuscì a serrare le braccia attorno alla vita della donna, un attimo prima di raggiungere il secondo ponte. Tenendola stretta, Nikki agguantò una manciata di capelli di Ellen e le tirò la faccia fuori dall’acqua. Sostenendosi al ponte, riuscì a mettere il piede buono sul fondo. Il fiume le arrivava fin sotto il mento.
Centimetro dopo centimetro, attingendo a una riserva di forza che la sorprese, Nikki spinse Ellen fin sul ponte, dove l’anziana donna giacque supina, le gambe penzoloni nell’acqua. Poi, gridando dal male, si tirò sulla riva e strisciò verso Ellen. Una sola pressione su entrambi i lati della schiena fece uscire la maggior parte dell’acqua che aveva nei polmoni. Una seconda compressione ed Ellen ricominciò a respirare da sola, sputando e tossendo automaticamente. In meno di un minuto riprese i sensi. Per un po’ rimase lì distesa, con il petto che si sollevava.
«Rocce», spiegò infine. «La galleria è bloccata da rocce.» Trascorse un altro minuto, prima che riuscisse a parlare di nuovo. «Ho… ho cercato di smuoverle… il piede si è incastrato… non riuscivo a liberarmi… l’acqua mi è entrata in…»
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