Matt immaginò che fosse a una decina di metri da lui. Muovendosi a fatica tra le pietre, le braccia tese in avanti come il mostro di Frankenstein, avanzò nell’oscurità, guidato dalla voce di Nikki che declamava una canzone country che lui conosceva bene.
« Fili d’argento e aghi d’oro nonpossono rammendare questo mio cuore… »
Matt si mise due volte carponi per superare dei cumuli di sassi.
« …e io non oso annegare il mio dolore nella calda luce del tuo… ehi, l’ho trovata! Credo funzioni.»
Un attimo dopo un raggio di luce filtrò attraverso la polvere sospesa, fece una panoramica, quindi si fermò su di lui. Un istante dopo erano abbracciati.
«Oh, bambina», esclamò Matt stringendola a sé. «Avevo una tale paura che tu fossi ferita o… o peggio. Non posso credere che ci abbiano fatto una cosa simile.»
Le prese la torcia per esaminarla. Il sangue sgorgava da un taglio poco distante dalla ferita di proiettile in via di guarigione. Si tolse un calzino e lo usò per fare pressione.
«Tu stai bene?» domandò Nikki. «Hai un sacco di sangue sul viso.»
«Mi sanguinava il naso, ma non credo sia stato colpito da qualcosa. Probabilmente è stato l’urto dell’esplosione. Nessun osso rotto, per quello che posso dire. Per quanto suoni strano, siamo fortunati. Credo che si aspettassero che crollasse il soffitto. Da come continuano a cadere le pietre, potrebbe ancora accadere.»
Nikki fece girare la torcia nel vuoto. A causa delle polvere, la visibilità era limitata.
«E gli altri?» domandò.
«Non lo so. Ma c’è una ragazza, laggiù, almeno credo sia una ragazza e non una donna.»
«Cosa?»
«È svenuta. Le sono finito addosso mentre strisciavo in giro. Indovina di che cosa ha coperti viso e cuoio capelluto?»
«Neurofibromi. Matt, è terribile. Hai capito se è ferita gravemente?»
«Non credo, ma è svenuta. E credo di avere sentito anche un uomo lamentarsi.»
«Hal?»
«Non saprei. Sono tremendamente preoccupato per lui. Non era proprio dietro te?»
«Da ciò che ricordo, sì.»
«Allora dovrebbe trovarsi da qualche parte laggiù, non da dove proveniva quel lamento. Hal? Hal, riesci a sentirmi?»
Nikki fece scorrere la torcia lungo la parete. Se Hal Sawyer era dietro di lei, avrebbe dovuto trovarsi proprio sotto l’entrata della caverna, ora un impenetrabile cumulo di enormi massi e macerie che arrivava fino al soffitto.
«Non vedo come avrebbe potuto evitare di finire sepolto là sotto», osservò Matt. «Hal? Hal, sono Matt.»
Silenzio.
«Proviamo a cercarlo, Matt.»
Raggiunsero quell’ammasso e tolsero un paio di pietre, poi si guardarono e scrollarono, impotenti, le spalle. Se era sepolto lì sotto, non avrebbero risolto nulla scavando, tranne che esaurire se stessi.
«Era una persona buona», disse infine Matt. «Strambo ed eccentrico, ma un uomo veramente buono. Era tanto gentile con mia madre, e… e mi voleva un sacco di bene.»
«Lo so.»
«Non riesco proprio a crederci. Hal? Dannazione, Hal, rispondimi! Sono Matt!»
Lei gli mise le braccia al collo e lo strinse a sé.
«Stevenson e quegli altri bastardi la pagheranno», borbottò Matt.
Nikki non aveva voglia di sottolineare l’evidenza, cioè che in quel momento le loro probabilità di sopravvivere per farla pagare a qualcuno erano molto remote.
«Senti», propose invece, «andiamo da quella ragazza.»
La polvere sembrava essersi adagiata un poco, rendendo il raggio di luce più efficace. La ragazza era là, a sei, sette metri di distanza, supina, ancora priva di sensi. Aveva undici o dodici anni, lunghi capelli color grano. Il suo viso stretto e deforme, una volta, forse, carino, era sporco e pieno di lividi. Matt la stava visitando più a fondo di quanto avesse fatto prima, quando udì un gemito provenire dalla sua destra. Videro un uomo, supino, semicosciente, sepolto dalla vita in giù. La testa dondolava lateralmente e di tanto in tanto agitava inutilmente le braccia verso le pietre frastagliate che lo immobilizzavano.
«Oh, mio Dio, guarda!» esclamò Nikki.
A tre metri da quell’uomo, da un pila enorme di pietre, sporgeva la parte inferiore di un corpo, stivali da lavoro e tuta. Non molto distante, a faccia in su, solo parzialmente sepolto nei detriti, un altro uomo, privo di coscienza ma vivo. Nikki corse da lui, lasciando momentaneamente Matt al buio.
«Oh, no, Matt! Svelto!» gridò, posando a terra la torcia per liberare da sassi e polvere i due uomini. «È un altro di quelli.»
Matt corse da lei, prese la torcia e s’inginocchiò. Il viso impolverato dell’uomo era sfigurato da neurofibromi. Sulla ventina, aveva una profonda ferita e un livido sulla gola dove, con ogni probabilità, era stato colpito da una pietra. Respirava a fatica e si sentiva uno stridore: quel rumore da pertosse prodotto quando l’aria viene inspirata oltre una grossa ostruzione. «Allora?» chiese Nikki.
«Maledizione, non so che dire, tranne che è un miracolo che qualcuno di noi sia ancora vivo. Questa caverna doveva diventare una fossa comune per tutti. Per ora almeno ci sono un morto e tre persone, mio zio, Vinny e Carabetta, disperse. Per quanto ne sappiamo, tre persone sono prive di sensi. Quell’uomo che si sta agitando laggiù pare gravemente ferito e questo respira male.» Matt infilò la mano nel taschino al fianco dell’uomo e tirò fuori un sottile portafogli che conteneva una patente. «Colin Morrissey», lesse. «Ventidue anni. Di Wells.» «Dov’è?»
«A una cinquantina di chilometri a sud di qui.» «In breve, ne abbiamo due con neurofibromi. Pensi ve ne siano altri?»
«Non mi sorprenderebbe, anche se ancora non riesco a capire il senso di tutto ciò. Una cosa, però, la so. Abbiamo una limitata quantità d’aria colma di esalazioni tossiche e una misera fonte di luce con batterie che dureranno un’ora o un minuto.»
«Brutta situazione», commentò Nikki. «Dobbiamo trovare dell’altra luce. Se la tua torcia si spegne prima che noi si sia riusciti a escogitare qualcosa, siamo finiti. Dobbiamo trovare la mia.»
«Non pensi che sarebbe meglio cercare di aiutare prima quel povero ragazzo?»
«Hai ragione.»
«Vediamo se riusciamo a liberarlo. È più sveglio degli altri. Dopo decideremo se aiutare gli altri o cercare la tua torcia.»
«D’accordo. Una volta che ci siamo orientati, spegni la tua e spostiamo le pietre al buio.»
L’uomo, robusto e tendente alla calvizie, si mise a gridare appena Nikki e Matt l’ebbero liberato dalle pietre. Entrambi capirono quanto era grave la sua situazione. Bacino, addome, inguine, gambe, spina dorsale, muscoli, oltre alle fratture e alle ferite interne, c’era la possibilità di una morte improvvisa, di solito provocata dal rilascio di coaguli formatisi nelle gambe ferite.
Dopo avere rimosso sufficienti detriti da liberarlo, l’uomo iniziò a parlare. Il suo balbettio carico di invettive era confuso, ma decisamente arrabbiato.
«Fottuti doppio giochisti… muori, muori… Tracy… ti amo, Tracy… non riesco a muovermi… bastardi… fottuti traditori…»
«Ehi, calmati, amico», lo esortò Matt. «Calmati. Siamo medici, siamo qui per aiutarti. Nikki, puntami la luce sulla faccia, forse servirà.»
Passò un altro minuto, durante il quale prima Matt poi Nikki cercarono di comunicare con quell’uomo incoerente. Alla fine ci riuscì Nikki. Gli tenne la mano sotto la testa e chiese a Matt di illuminare sia il suo viso sia quello della vittima.
«Sono la dottoressa Solari», disse dolcemente. «Mi capisce?»
«Dottoressa», mormorò l’uomo.
«Sì. Come si chiama?»
«Mi chiamo… Sid», rispose lentamente, scuotendo la testa come per rischiararla.
«Sid, che è successo? Come è finito qui?»
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