«Ce l’hai fatta!» esclamò Matt, alzando i pugni. «Si parte!»
Poi, altrettanto rapidamente, lasciò cadere le braccia. «Hal, hai dovuto dargli dei soldi, non è vero?»
«Speravo che il tuo entusiasmo e la tua forza di persuasione l’avrebbero convinto, ma la verità è che ho sempre sospettato che tutto si sarebbe risolto con il denaro. Fred e io abbiamo già avuto simili affari e, credimi, non sono l’unico.»
«Qual è il suo prezzo? Voglio aiutarti, se posso.»
«Avere ragione riguardo la caverna, è tutto il contributo che ti chiedo. E riguardo a quanto mi è stato difficile, ehm, convincere Fred, diciamo che al momento i miei punti di zio dovrebbero essere alti.»
«Di certo hai un nipote maledettamente grato. E non preoccuparti, a meno che non l’abbiano sepolta, la caverna è ancora là. A questo proposito, dovrebbero esserci ancora anche le guardie.»
«A questo ho già pensato», disse Hal. «In verità ho indagato in giro alla ricerca di qualcuno che si occupi di simili cose in modo professionale e ci possa accompagnare. Ora che so quando andremo, farò una telefonata.»
Matt abbracciò lo zio.
«Sai, non c’è motivo per cui tu debba entrare là dentro.»
«Al contrario», replicò Hal. «Con l’improvviso investimento fatto su Fred Carabetta, non mancherei per nulla al mondo.»
Ellen si svegliò con uno spiacevole ronzio in testa. Una pellicola sgradevole le copriva la lingua e il palato. Ebbene, pensò, era stata proprio una gran giornata. Tutto ciò che aveva fatto era stato ubriacarsi davanti a Rudy, svenire e ora si stava svegliando con un malessere da Merlot, senza essere ancora riuscita a dire ciò che aveva fatto. Per peggiorare le cose, a una bambina di due giorni mancavano solo quarantotto ore prima di ricevere la sua prima dose del supervaccino contenente un elemento incluso specificatamente per bloccare una epidemia letale che Ellen ora sapeva essere stata provocata dall’uomo.
Tenne gli occhi chiusi, ben sapendo che, se li avesse aperti, tutto avrebbe iniziato a ruotarle intorno in modo spaventoso. Alla fine, più per vedere che ore fossero che altro, si costrinse a socchiuderli. Le pareti e il soffitto rimasero ragionevolmente fermi. Era nella stanza degli ospiti di Rudy e non più, si rese conto, nella poltrona dove si era appisolata. Era ancora vestita e coperta con la stessa trapunta. Le tende erano tirate, ma c’era luce sufficiente per verificare l’ora. Le cinque. Presupponendo che fosse la stessa giornata, aveva dormito quattro ore e mezzo. Niente male per una dilettante.
Si mise sul fianco e accese la lampada sul comodmo. In un vaso accanto alla lampada vi era una sola, splendida rosa dal lungo gambo e, appoggiata al vaso, una busta identica a quella che lei aveva aperto. Il suo nome e l’indirizzo erano scritti nella calligrafia di Rudy, e sull’angolo superiore destro vi era un francobollo del valore attuale. Con mani tremanti, aprì delicatamente la busta.
Cara Ellen,
e così, lo sai. Che sollievo! Mi sono chiesto innumerevoli volte se inviare quella lettera o dartela a mano o aspettare. Ora il destino ha deciso per me. Bene. Ti amo, e la prossima volta che ti vedrò, te lo dirò a voce. Non c’è bisogno che tu mi risponda.
Ti prego, tuttavia, di non permettere a ciò che ho scritto di cambiare la nostra amicizia. Mi ferirebbe come nessun rifiuto riuscirebbe a fare. Per tanti anni ho celato i miei sentimenti. Se necessario, lo farò per molti altri anni ancora. Non preoccuparti di aver aperto la lettera. Dovevi farlo.
E, per l’amor di Dio, basta Merlot.
Con amore,
Rudy
Ellen si lavò il viso con acqua fredda, si spazzolò capelli e si pulì i denti.
Una bella donna per la tua età. Ecco che cosa aveva detto Howard. Rudy Peterson non aveva menzionato la sua età, né la propria. L’aveva amata trentanove anni; l’amava oggi. Dal giorno in cui Howard se ne era andato, si era sentita come congelata, i sentimenti bloccati. Forse era ora di aprirsi. Che cosa poteva esserci di meglio per una donna del suo più caro e vecchio amico?
Un’ultima occhiata allo specchio, e uscì per andare da lui. Rudy era seduto al tavolo da pranzo, la pipa spenta tra le labbra, pagine di dati sparpagliate davanti a sé, e un grande atlante del mondo. Ellen si sedette sulla sedia di fronte a lui, quindi allungò lentamente la mano sul tavolo e prese le sue.
«Grazie per la rosa e il biglietto», disse.
«Grazie per avermi liberato dalla pressione.»
«Ora non posso ancora darti alcuna risposta.»
«Non mi aspettavo nulla.»
«Esaminerò, tuttavia, a fondo i miei sentimenti e ti terrò informato.»
«Che altro potrebbe chiedere un uomo?»
«Sei una persona splendida, Rudy.»
«Lo so. Ho solo la disgrazia di avere gusti molto, ma molto difficili.»
Ellen si sentì avvampare.
«E così», chiese, schiarendosi la gola, «che hai lì?»
«Un mio vecchio amico, un avvocato, lavora all’IRS, il servizio fiscale federale. Non ha voluto darmi altre informazioni, oltre a dirmi che Vinyl Sutcher esiste, che l’anno scorso ha presentato la dichiarazione dei redditi e che vive proprio dove dice il suo passaporto.»
«West Virginia.»
«Tullis, per essere esatti. Proprio qui, non molto distante dal confine con la Virginia.»
«Conosco il capo della polizia della mia città molto bene. Sono certa che, per me, cercherà sul computer notizie su questo Vinyl. Forse potrà addirittura chiedere informazioni alla polizia di Tullis. Se dovrò farlo, andrò lassù e parlerò con la polizia io stessa. Devo solo chiamare Beth per sapere se può continuare senza problemi a portare Lucy a scuola.»
Ellen beccò la figlia proprio mentre stava uscendo di casa.
«Ciao, mamma. Ho solo un minuto. Lucy ha un appuntamento dal dentista. Non possiamo arrivare in ritardo, perché liberano l’ambulatorio quando devono trattare lei.»
«Lo so», osservò Ellen.
«Ci si mettono tutti per tenerla ferma e lei grida come un’ossessa. È giusto che liberino l’ambulatorio. Voglio dire, chi mai vorrebbe che il proprio figlio sentisse quelle urla nell’ambulatorio del dentista? A tutto il resto non reagisce tanto, ma a questo…»
«Lo so», la interruppe Ellen. «Tesoro, resisti, è tutto ciò che puoi fare. Ti stai comportando in modo fantastico.»
«Ieri sera Dick ha ricominciato a parlare di adozione. Mamma, io proprio non posso, io…»
Ellen comprese che Beth stava andando a pezzi. Una volta era stata forte, competente e preparata. Ora non più.
«Beth, ti ho chiamata per sapere come vanno le cose e anche per sapere se puoi arrangiarti per altri due o tre giorni.»
«Certo. Tutto a posto?»
«Tutto a posto. Devo solo occuparmi di alcune cose della commissione. Ti richiamerò.»
«D’accordo.»
«E, Beth?»
«Sì?»
«Le mie non erano parole vuote, sei veramente una mamma fantastica.» Agganciò la cornetta. «Il giorno del dentista è più duro per Beth che per Lucy.»
«Hai ragione, si sta comportando magnificamente.»
Ellen si scrollò di dosso un’ondata improvvisa di malinconia.
«Allora, se fosse necessario», disse, «sono pronta a partire per il West Virginia. Se riesco a fare arrestare questo Sutcher, mi sentirò molto più tranquilla per Lucy, decidessimo di agire in qualche modo.»
«Fantastico.»
«Tullis non mi sembra un gran che su questa carta geografica», soggiunse Rudy. «Una macchiolina e nulla più. La città più vicina è proprio qui. Belinda. Belinda nel West Virginia.»
«Bel nome», osservò Ellen.
Ellen stava canticchiando assieme a un compact disc di Sinatra, quando attraversò il fiume Shenandoah. Era nella Virginia settentrionale, diretta a sud ovest verso il confine di stato della Virginia occidentale. Il sole di quella tarda mattinata era terapeuticamente caldo, l’autostrada pavimentata da poco e quasi vuota, e presto, molto presto, avrebbe forse dato una mano a mettere in gabbia l’animale che aveva minacciato la sua famiglia e infettato, da solo, un gran numero di persone con quella malattia orribile e mortale. Non era ancora del tutto certa che Vinyl Sutcher fosse l’uomo che cercava, ma tutto ciò che le serviva per esserlo era dargli un’occhiata.
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