«Allora», esordì Rudy, «ti dirò quale ritengo sia il significato di ciò che hai trovato.»
«È stato uno sbaglio», lo interruppe Ellen. «So che non avrei dovuto farlo, e mi dispiace veramente. In ogni caso… mi stai ascoltando?»
Rudy stava sfogliando le liste dei passeggeri e un fascio di biglietti.
«In ogni caso… Continua, ti sto ascoltando.»
Ellen sospirò. La prossima volta, a mente sgombra, avrebbe cercato di rimettere a posto le cose. Rudy non meritava di sentire una donna mezzo ubriaca, sbavante e lenta, dire tra le lacrime come aveva invaso la sua privacy.
«Che cosa hai scoperto?» chiese, spegnendo il televisore.
«Ecco qua», rispose eccitato, spostando il carrello della televisione, avvicinando un tavolino e sedendosi sul bracciolo della poltrona di Ellen. «Ho preso come punto di partenza ogni maschio che si trovava sui voli a più tratte con una persona che in seguito era rimasta contagiata con la febbre di Lassa, includendo anche i voli da Freetown e dal Ghana. Secondo me, il nostro uomo deve essere uno di questi quattro.»
Ellen sentiva le parole di Rudy, e ne registrava alcune, ma provava anche una nausea sempre più forte.
«Continua», disse, chiedendosi se un boccone di pane le avrebbe fatto bene o male.
«Naturalmente», proseguì Rudy, «penso che forse tutti e quattro questi uomini sono la stessa persona. Non è difficile, per chi ha i soldi, ottenere passaporti e carte d’identità falsi.»
«E chiunque stia finanziando questa operazione ne ha a sufficienza, o ne avrà.»
«Temo che tu abbia ragione. Ho tutti i loro nomi e indirizzi e… Ellen, vuoi riposarti un po’ e tornare su questo argomento tra un paio d’ore, o domattina?»
«Intendi per il vino?»
«Non ti conosco come una gran bevitrice, e ne hai bevuto un bel po’.»
«Sto bene», replicò lei con tono più brusco di quanto avesse voluto. «Sto bene, davvero. Chiamiamo il servizio… il servizio informazioni e vediamo se qualcuno dei quattro uomini è sull’elenco telefonico all’indirizzo che ha dato.»
«Ottima idea!» esclamò Rudy, sinceramente stupito e contento del suo contributo.
Tre dei nomi che Rudy aveva scelto dalle liste dei passeggeri non erano elencati. Il quarto, Vinyl Sutcher di Tullis, nel West Virginia, aveva un numero telefonico non riportato sull’elenco telefonico, dietro sua richiesta.
«Dovremo cominciare con lui», osservò Ellen, lottando ora con la stanchezza oltre che con la nausea e il giramento di testa. Sii forte, disse a se stessa. «Vinyl. Difficile credere che abbia inventato un nome simile per un passaporto falso.»
«Sarà un nome di famiglia», commentò Rudy. «O una madre cui piaceva dare ai suoi figli il nome dei rivestimenti dei mobili.»
«È un bebè tanto carino. Lo chiameremo Naugahyde.»
«Forse dovremmo farci fare da un artista uno schizzo del suo volto secondo le varie informazioni ricevute», suggerì Rudy. «Oppure cercare di ottenere una fotografia dei quattro uomini dall’archivio dei passaporti al dipartimento di Stato.»
«A un certo punto, forse lo dovremo fare», ammise Ellen. «Non vorrei, tuttavia, perdere ora tutto quel tempo.»
«Sai, mi ha molto colpito quel piccolo iniettore pneumatico che il ministro userà su quella neonata.»
«Pensi che Vinyl, o chiunque sia stato, abbia infettato i passeggeri in quel modo?»
«O con una pistola a iniezione pneumatica come quella o con qualcosa di piatto e vuoto che si adatta al palmo della mano e sfrutta aria compressa da qualcosa su per la manica. Tecnicamente non è una cosa troppo complicata da costruire. Una spintarella, uno spruzzo di aria compressa mescolata con il virus di Lassa e zac, malattia istantanea.»
Ellen sentì che gli occhi stavano per chiudersi.
«Rudy», mormorò con una delicata voce infantile, «ho bisogno di chiudere gli occhi, solo per un po’. Ho bisogno di dormire.»
«Fallo, mia cara», lo sentì dire mentre si appisolava. «Fai tutto ciò che hai voglia di fare.»
Con il telecomando, Lynette Marquand spense il televisore che era stato portato su un carrello nel suo ufficio. «Ebbene, Lara, che ne pensi?» domandò.
Il ministro della Sanità, Lara Bolton, era raggiante.
«Splendido», rispose. «Magnifico. È assolutamente impossibile capire che la maggior parte del programma era stata registrata un mese fa. Quei ragazzi sono bravi, no, più che bravi. Sono faaantastici.»
«E la mia interpretazione?»
«Perfetta. Hai dato sufficienti informazioni, ma non troppe. E avevi un aspetto favoloso.»
«Grazie. Ti è piaciuto anche il copione?»
«Era perfetto, sincero e adeguatamente solenne, eppure umile ed emozionato. Mi è piaciuto moltissimo.»
«E la parte sulla bambina?»
«Cioè averla menzionata, senza comunque mai rivelare chi fosse?»
«Sì.»
«Ritengo abbia funzionato alla perfezione. Nessuno può criticarti per avere messo in imbarazzo lei e la sua famiglia o per avere violato la loro privacy, ma tutti, in ogni luogo, vorranno sapere chi è. Noi faremo il resto. Bastano una o due telefonate anonime e nel giro di poche ore tutti parleranno della piccola, adorabile Donelle Cleary.»
«E quelle telefonate?»
Lara Bolton fece finta di guardare l’ora.
«Credo che siano già state fatte, signora Marquand.»
Hal Sawyer stava aspettando Matt e Nikki nell’atrio del quartier generale dell’OSHA in Constitution Avenue. Era vestito più come il comandante di uno yacht club che un professore della facoltà di medicina, pantaloni bianchi, un blazer blu scuro, una camicia a righine azzurre aperta al collo, ma la sua espressione era cupa. Abbracciò Matt, quindi strinse la mano a Nikki e si presentò.
«Sono felice che stiate entrambi bene», commentò.
«Grazie a te», replicò Matt. «Siamo riusciti a uscire solo per un pelo dall’ufficio dell’FBI senza dovere dare loro alcuna spiegazione sul perché un capo della polizia pensa che io abbia sparato a un tipo in testa e abbia poi tentato di bruciare le prove.»
«Potrebbero non averlo ancora saputo. Ma Grimes sta attizzando il fuoco, per così dire.»
Matt sorrise fiaccamente.
«Siamo al sicuro qui?»
«Non c’è motivo di pensare che Carabetta sappia qualcosa. Non posso immaginare che l’OSHA riceva tutti i bollettini della polizia sugli omicidi.»
«Mio Dio. Mamma sta bene? Sa che non sono a Belinda?»
«Per alcuni minuti alla volta, pare di sì, ma poi se ne dimentica altrettanto velocemente. Mi spiace davvero per tutto ciò che hai dovuto sopportare. Anche per lei, dottoressa Solari.»
«Per favore, mi chiami Nikki», lo invitò lei. «Le sono grata del suo interesse. Tutta questa faccenda non sembra affatto risolversi.»
«Finirà. Grimes ha un sacco di potere dove vive, ma non molto altrove.» Abbassò di un grado la voce. «Conosco degli ottimi avvocati che potremmo andare a trovare dopo avere sistemato la faccenda della miniera. Pensi sempre che Grimes stia facendo tutto ciò per proteggere la BC C?»
«Ne sono certo, sì», rispose Matt, ignorando di proposito l’espressione dubbiosa di Nikki.
«Farò meglio a guardarmi le spalle, allora. Sono entrato anch’io in contatto con quei casi, sai.»
«Non ci ho pensato», disse Matt. «Motivo in più per ottenere le nostre prove e fermare Grimes il più presto possibile.»
«Oh, a proposito di prove, ho trovato il cervello di Darryl Teague, ma per adesso almeno, nessun segno di quello di Ted Rideout.»
«Potrebbe averlo preso qualcuno?» domandò Nikki.
«Ci piace pensare di avere preso buone precauzioni contro cose simili. Per ora preferisco credere che sia stato messo fuori posto. Abbiamo un deposito in cui conserviamo anche per più di un anno i prelievi. Rideout è morto meno di un anno fa, potrebbe trovarsi là.»
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