«Grazie. Sto indagando sulla possibilità che qualcuno sul volo verso casa le abbia trasmesso il virus. Nattie, questo è un elenco delle persone che hanno viaggiato con lei da Freetown al Ghana e poi dal Ghana agli Stati Uniti. Uno di questi nomi le dice qualcosa? Come vede, vi sono quarantasei passeggeri nella prima tratta del viaggio, inclusi voi due, e trentasette di loro tra i centosessanta sul volo per Baltimora. Uno di questi nomi le ricorda, per caso, qualcuno?» Nattie scosse la testa.
«Sono passati tre anni», rispose. «Credo inoltre di avere perso un po’ di memoria mentre ero ammalata. Temo di non poterla aiutare. Mi spiace.»
«La tua memoria è perfetta», ribatté Eli. «Questi nomi non significano niente neppure per me. Mi dica, pensa che questa infezione fosse casuale o che mia moglie sia stata scelta?»
Ellen rifletté per un po’ sulla domanda.
«Vuole sapere una cosa, a questo non ho mai pensato.»
Cercò poi le parole per parlare dei dieci casi di febbre di Lassa che si riteneva fossero stati causati da Nattie per via del suo lavoro nelle cucine dell’ospedale, compresi i due che erano deceduti. Nattie le evitò il problema.
«Se qualcuno voleva diffondere l’epidemia, una persona con un lavoro come il mio sarebbe stata perfetta, a patto che sapessero cosa facevo per…»
«Che c’è?» chiese Ellen, notando la strana espressione sul viso della donna.
«Eli, ricordi quell’uomo sul volo dalla Sierra Leone? Quello grosso che si era messo a parlare con me davanti alla toilette? Era anche sull’altro volo.»
«L’uomo bianco?»
«Proprio lui. Vendeva qualcosa. Assicurazioni, credo. Avevi detto che faceva paura.»
«Lo ricordo, sì.»
«Sorrideva e parlava, mi ha fatto un sacco di domande sulla mia vita, mascherandole da gioco, come per far capire che esperto agente assicurativo fosse indovinando particolari su di me.»
Ellen provò una piccola scarica di adrenalina.
«Qualcun altro?» chiese comunque.
«Non mi viene in mente nessun altro.»
Ricordando l’esercizio di memoria che le aveva fatto fare Rudy chiese: «D’accordo, potrebbe darmi un foglio di carta e una penna?»
«Certo.»
Eli le portò parecchi fogli.
«Allora», spiegò Ellen, «io me ne andrò in soggiorno. Nel frattempo vorrei che rifletteste assieme e annotaste tutto ciò che ricordate dell’uomo, il suo aspetto, il suo modo di agire, anche le cose che già m’avete detto. Rilassate la mente e fate libere associazioni. So che è passato tanto tempo, ma fate del vostro meglio. Prendetevi tutto il tempo necessario, e se non siete d’accordo su qualcosa, annotate sia l’uno sia l’altro parere.»
«Faremo del nostro meglio», disse Nattie.
Quindici minuti dopo, i Serwanga avevano esaurito tutto ciò che ricordavano. Richiamarono Ellen in sala da pranzo e, scusandosi, le porsero la loro descrizione.
Grande
Alto
Robusto
Viscido
Mellifluo
Sorridente
Cordialone
Capelli folti
Faccia piatta… come un personaggio dei cartoni colpito da una padella
Voce profonda
Forse accento texano
Cicatrice sul viso
Ellen sentì il cuore fermarsi.
«La cicatrice», domandò con voce tremante. «Che mi potete dire della cicatrice?»
«Quell’osservazione è di Nattie», rispose Eli. «Io non ricordo alcuna cicatrice.»
«Ebbene, c’era, ne sono sicura. Proprio qui.»
Indicò lo spazio tra il naso e il labbro superiore.
«È lui», esclamò Ellen.
«Chi?»
«Un uomo molto cattivo. Forse abbiamo trovato qualcosa.»
«Mi è appena venuta in mente un’altra parola che avremmo dovuto mettere nell’elenco: maldestro.»
«Che intende dire?»
«Ero in piedi in attesa che si liberasse la toilette. Lui è arrivato dal corridoio, è inciampato e mi è venuto addosso. Mi ha quasi sbattuta fuori dall’aeroplano.»
Matt e Nikki fecero colazione al Pancakes On Parade sulle rive del Susquehanna. Difficilmente un ristorante per famiglie era romantico, eppure questo, con la grande veranda posta su alti pali sopra il fiume, lo era. Ma che dire, quel particolare mattino, i due avrebbero trovato ricco d’atmosfera qualsiasi McDonald o Burger King. Per più di un’ora non parlarono assolutamente di Bill Grimes, di encefalopatia spongiforme o della Belinda Coal Coke. Stettero invece con le punte delle dita unite, con i pollici allacciati, risero fino alle lacrime su sciocche o imbarazzanti storie della loro vita e si rammaricarono per quelle tristi. Grace, la robusta cameriera che serviva al loro tavolo, la gomma americana in bocca, chiamò Matt ‘Battitore’ e Nikki ‘Tesoruccio.’ Dopo che per la terza volta vide che non erano ancora pronti per ordinare, non avendo neppure scorso il menu, portò loro dei lecca-lecca a forma di cuore e un conto di due dollari per smancerie in pubblico.
«È passato molto tempo da quando ho fatto smancerie», commentò Matt. «A parte forse quella volta, un paio di anni fa, quando ho abbracciato i miei compagni durante una partita di pallacanestro.»
«Gli uomini di Boston sono troppo raffinati per lasciarsi andare a svenevolezza», osservò Nikki. «Discutono invece di allunaggi e del telescopio Hubble.»
In una rientranza vicino alle toilette vi era un telefono a gettoni. Prima che Grace portasse loro ciò che avevano ordinato, Matt chiamò suo zio all’ospedale. «Ciao, zione, sono Matt.»
«Ehi», lo salutò Hal, «come va? Saputo nulla di quella tua paziente?»
«In verità non va troppo bene. E sì, Nikki Solari è sana e salva. È qui con me in Pennsylvania. Hal, sta succedendo qualcosa di molto strano e pericoloso. Deve avere a che fare con quei casi bizzarri.» «I minatori?»
«Loro e la ragazza che è morta, Kathy Wilson. E Bill Grimes c’è proprio in mezzo.»
«Secondo me Grimes è un tipo viscido e affamato di potere», ammise Hal, «ma non è cattivo.»
«Zio, credimi, è malvagio.»
Hal Sawyer ascoltò pazientemente il resoconto di Matt del rapimento di Nikki e del successivo salvataggio e delle informazioni ricevute quel mattino su ciò che era stato scoperto nel cervello di Kathy Wilson.
«Encefalopatia spongiforme», ripeté Hal, quando Matt ebbe terminato di parlare. «Perbacco, non avere scoperto una cosa simile mi mette decisamente in imbarazzo.»
«Non c’è motivo. Il cervello della Wilson sembrava normale, proprio come ritengo fossero quelli dei nostri due casi. Non ci si sarebbe aspettato da te uno studio microscopico sui loro cervelli. Questo patologo di Boston l’ha eseguito solo dietro insistenza di Nikki.»
«Pensi ancora che la colpa sia della miniera?»
«Ne sono sicuro. Non conosco l’esatto legame tra ciò che hanno fatto e la malattia spongiforme, ma so che in qualche modo ne sono la causa e Grimes prende di certo bustarelle da loro. Che dovremmo fare, secondo te?»
Hal rifletté per un po’.
«Ritengo che il primo passo sia mostrare a qualche persona autorevole quella tua discarica tossica.»
«Sono d’accordo.»
«C’è un uomo, Fred Carabetta, all’OSHA di Washington, l’ente per la sicurezza e la salute sul lavoro, che mi deve un favore per una perizia che ho fatto per lui alcuni anni fa. La cosa migliore sarebbe chiamarlo reclamando il mio credito e portarlo con noi in quella discarica. Una volta riusciti a convincere un agente dell’OSHA, potremmo avviare pressioni legali contro la BC C.»
«Se quel deposito è ancora là.»
«Questo, nipote, sai bene che non possiamo controllarlo. È la regola numero due del tuo Manuale della Gioventù…»
«… del Padrino. Lo so, lo so. Regola numero uno: il ‘non si può’ non esiste. Regola numero due: se non puoi controllare qualcosa, non lasciare che sia essa a controllarti.»
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