«Usciamo di qui e andiamocene da Boston», disse con voce piatta. «Mi sembra di essere stata violentata.»
Matt la seguì fuori da quell’appartamento saccheggiato, giù per le scale e fuori dalla porta verso la motocicletta.
«Non la faranno franca», disse Matt. «Te lo prometto.»
«Ora andiamo alla polizia», dichiarò con fermezza Nikki, girandosi di colpo, un’espressione che era un miscuglio sconvolgente di rabbia e disorientamento. «Questa volta non mi convincerai a non farlo. Se ci fossimo andati quando l’avevo detto, forse Joe sarebbe ancora vivo.»
«Nikki, questa è…»
«Non dirmi che è una sciocchezza!» sbottò. «Forse lo è e forse no. Io voglio solo andare alla polizia.»
Matt si guardò attorno rapidamente per vedere se la sua esplosione avesse svegliato qualcuno.
«Adesso?» chiese. «Ma…»
«Maledizione, Matt, un mio caro amico è morto ed è stato Grimes a ucciderlo! Non m’interessa la tua fottuta miniera di carbone o… o le tue teorie sui rifiuti tossici o il tuo dannato folle paese. Joe Keller era l’uomo più gentile al mondo. Perché diavolo hanno fatto una cosa simile? Perché?»
Riprendendo a singhiozzare disperatamente, gli gettò le braccia al collo e nascose il volto nel suo petto.
Matt la strinse a sé. Andare alla polizia voleva dire andare in cerca di guai, ne era più che certo. Joe Keller era morto già da un paio d’ore quando l’avevano trovato, e non sarebbe stato più facile prendere quelli che l’avevano ucciso e che avevano distrutto l’appartamento di Nikki in questo momento di quanto lo sarebbe stato se avessero aspettato un’ora per fare una telefonata anonima. Denunciare il rapimento di Nikki, voleva dire avere la loro parola contro quella di Grimes ed esporsi allo scoperto in un momento in cui libertà e mobilità erano gli unici elementi a loro favore.
«Senti», disse, «mettiamoci in moto. Ci fermeremo tra un po’ a un telefono a gettoni e chiameremo la polizia di Boston. Spero di riuscire a convincerti almeno a non presentarti di persona in una stazione di polizia o in un ufficio dell’FBI, ma questo alla fin fine dipenderà da te.»
I singhiozzi di Nikki diminuirono gradualmente. Alla fine, senza dire una parola, saltò in sella alla Harley e attese che lui salisse.
Matt rimise il revolver nella tasca della giacca, montò davanti a lei e avviò la moto. Se andare alla polizia fosse stato ciò di cui lei aveva bisogno, lì l’avrebbe portata. Ne aveva sopportate troppe. Partì, sentendola seduta rigidamente dietro di lui, gli occhi fissi nella notte. Era contento che fosse andata in camera da letto e avesse radunato le sue cose, contento di avere avuto il tempo di girare per il soggiorno prima che lei tornasse, contento di avere dato per caso un’occhiata sopra la mensola. Da qualche parte entro la prossima mezz’ora, avrebbe fermato la Harley su una spalletta e, appena si fosse accorto che lei non prestava attenzione, avrebbe lanciato nel bosco ciò che aveva trovato sulla mensola.
E così il luogo dove era finito il dito mancante di Joe Keller sarebbe rimasto per sempre un mistero.
Erano passate le due del mattino quando Matt e Nikki trovarono finalmente una stanza libera in un motel appena fuori Stamford, nel Connecticut. Confusi, sconcertati e ben più che spaventati, si registrarono e portarono le loro poche cose su per una rampa di scale in una stanza anonima ma in ordine, con vista sull’Interstatale 95.
Dopo essere scappati dallo sconquasso che era l’appartamento di Nikki, si erano diretti verso sud, avevano superato Providence ed erano entrati nel Connecticut. Era stato un viaggio cupo, silenzioso, ben al di sotto dei limiti di velocità, in un traffico leggero. La decisione di Nikki di coinvolgere la polizia e possibilmente anche l’FBI, a dispetto del desiderio di Matt di rimanere il più possibile un mistero per Bill Grimes, almeno fino a che non avesse risolto le sue questioni con la Belinda Coal Coke, aveva suscitato in entrambi una certa tensione. Due uscite dopo Providence, lei gli aveva chiesto di lasciare l’interstatale e, fermatisi in un’area di servizio, aveva telefonato alla polizia.
«C’è stato un doppio omicidio nello studio del medico legale in Albany Street», aveva riferito, sorpresa dalla suo stesso tono calmo. «Responsabile è il capo della polizia di Belinda, nel West Virginia, William Grimes.»
Un minuto dopo erano di nuovo per strada.
«Ti senti meglio?» le aveva chiesto Matt.
«Non molto. Grimes dirà di non saperne nulla e che qualche pazzo che aveva arrestato voleva metterlo nei guai.»
«Una volta scoperti quei cadaveri, sono sicuro che la polizia inizierà a indagare su tutti quelli che lavorano nel tuo edificio. Non ci metteranno molto a capire che potresti essere stata tu a telefonare.»
«Non m’importa. So che a te importa, ma a me no. Tu e io siamo gli unici che possono collegare Grimes a Joe. Sarà la nostra parola contro la sua, ma due titoli accademici conteranno pure qualcosa. Domattina voglio andare all’FBI e denunciare gli assassinii e il mio rapimento. Quello è decisamente un reato federale. Se vuoi, dirò loro di non sapere dove sei. Potrai così raggiungere Washington e incontrare quel tipo di cui ha parlato tuo zio.»
«Fai tutto ciò che senti di dover fare», aveva replicato Matt.
«Scusami se alla fin fine interferisco con i tuoi piani.»
«Speriamo che non si arrivi a tanto.»
«Sei arrabbiato.»
«Non sono arrabbiato. Avrei preferito, non so, avere rafforzato la nostra posizione prima di coinvolgere la polizia, avere parlato, per esempio, con un avvocato.»
«Scusami.»
«Non scusarti. Hai vissuto un incubo da quando hai messo piede a Belinda. Hai il diritto di fare ciò che vuoi.»
«Anche tu», aveva ribattuto lei.
«Anch’io», aveva concordato Matt, prima di affrontare la rampa d’entrata e riprendere l’interstatale.
Anch’io.
Nikki fece una doccia e si cambiò per la notte. Quando uscì dal bagno, Matt si era già infilato una tuta e stava leggendo una rivista nella poltrona accanto al tavolino, il più lontano possibile dal letto.
«Vieni a dormire?» chiese Nikki con voce impassibile.
«Tra poco», rispose lui con lo stesso tono freddo. «Il viaggio e tutto ciò che è accaduto mi hanno reso un po’ nervoso. La lampada ti darà fastidio?»
«No, no.»
«Bene.»
Questa donna e Ginny erano diverse, stava pensando Matt, ma non quando si trattava di impuntarsi. Mio Dio, quanto avrebbe voluto prenderla tra le braccia. Rimase invece seduto nella poltrona, sfogliando la rivista, fissando senza vederla una insulsa fotografia di una baita su una montagna innevata un attimo dopo.
Nikki si pose sul fianco, girata dall’altra parte, ma Matt capì dal respiro e dalla posa che non stava dormendo.
«Dormi?» chiese infine.
«No.»
«È stata una notte orribile.»
«Già. Joe era un uomo meraviglioso.»
Passarono parecchi minuti di silenzio.
«Sai», riprese lui, «caso mai non l’avessi capito quando non sono nemmeno riuscito a pronunciare bene il termine, non ne so un gran che sul morbo del prione. Se te la senti, visto che siamo entrambi ancora troppo svegli per dormire, potresti dirmi quello che hai appreso dalle tue letture e dalla conferenza di quello scienziato.»
Nikki si girò lentamente verso di lui e poggiò la guancia sulla mano.
«Intendi Stanley Prusiner?»
«Sì, lui.»
«È uno stratagemma perché in questo momento le cose sono un po’ tese tra noi?»
«No… Voglio dire, sì… Voglio dire che non ne so molto sui prioni, a parte le nozioni base, per cui non lo chiamerei proprio uno stratagemma. Più che altro una missione d’informazione.»
«Hai intenzione di restare là?»
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