James Rollins - L'ordine del sole nero

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IERI. Germania, 1945: in un bunker sotterraneo viene portato a termine un esperimento rivoluzionario…
OGGI. Nepal: in un remoto monastero un’ondata di follia si diffonde improvvisamente tra i monaci, che scrivono col sangue indecifrabili sequenze di rune celtiche e svastiche. Copenhagen: a un’asta di libri antichi ricompare la Bibbia appartenuta a Charles Darwin, un volume che cela la chiave di un mistero sconcertante. Sudafrica: l’ultimo segreto dei nazisti sta per riemergere dal profondo della giungla… Grayson Pierce e la Sigma Force sono di nuovo in azione.

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Khamisi sentì un urlo in tedesco, un grido d’aiuto, tra i singhiozzi. Era più vicino.

Ancora terrorizzato dal richiamo bestiale, il guardacaccia avrebbe voluto scappare lontano, veloce. Era una reazione primordiale.

Alle sue spalle, Tua lo incitava a fare proprio quello, borbottando in zulù.

Khamisi, invece, si diresse verso il punto da cui proveniva il grido d’aiuto. Aveva già lasciato Marcia in preda a quelle creature. Ricordava il suo terrore, quando aveva aspettato l’alba immerso fino al collo nell’abbeveratoio. Non poteva ignorare quelle urla.

Khamisi rotolò sino a Tau e gli passò le mappe che aveva disegnato. «Torna all’accampamento e porta queste alla dottoressa Kane.»

«Fratello… no… vieni via.» Tau aveva gli occhi sgranati per il terrore. Suo nonno gli aveva raccontato dell’ ukufa. Khamisi doveva riconoscere il coraggio di Tau e del suo amico: nessun altro si era offerto volontario per entrare nella tenuta. La superstizione era imperante.

Una volta di fronte alla realtà, Tau non aveva nessuna intenzione di rimanere e Khamisi non poteva biasimarlo. Ricordava il suo terrore, quando era con Marcia. Invece di resistere, era fuggito, era corso via, lasciando che la dottoressa fosse uccisa.

«Andate», ordinò Khamisi, indicando la recinzione con un cenno del capo. Le mappe dovevano essere consegnate.

I due giovani esitarono per un istante, poi si mossero, stando bassi, e scomparvero nella giungla. Khamisi non sentiva nemmeno i loro passi.

Calò un silenzio spaventoso, pesante e denso come la foresta stessa. Khamisi s’incamminò nella direzione da cui erano venute le urla, umane e non.

Dopo un minuto, proruppe un altro ululato, accompagnato da un volo di uccelli allarmati. Terminò in una serie di schiamazzi, simili a una risata stridula. Khamisi si fermò a riflettere, colpito da qualcosa di familiare in quell’ultimo, inquietante verso. Prima che potesse pensarci oltre, un singhiozzo sommesso lo fece trasalire. Khamisi usò la canna della doppietta per aprirsi un varco tra le fronde. Davanti a lui si apriva una piccola radura, dove un albero era caduto di recente, sgombrando una parte della foresta. Dallo spiraglio che si era aperto tra le chiome degli alberi, penetrava un raggio di sole, che faceva sembrare ancora più oscuro il resto della giungla.

All’altra estremità della radura, un movimento attirò la sua attenzione. Un ragazzo si stava sforzando di arrampicarsi da un ramo basso a uno più alto, ma non riusciva a trovare una buona presa con la mano destra. Anche da quella distanza, Khamisi vedeva la scia di sangue che colava lungo il braccio del ragazzo, inzuppandogli la manica, mentre tentava invano di aggrapparsi. D’un tratto, il giovane cadde in ginocchio, avvinghiandosi al tronco e cercando di nascondersi.

Poi anche il motivo dell’improvviso terrore del ragazzo divenne visibile.

Khamisi si paralizzò quando la creatura entrò furtivamente nella radura, sotto l’albero. A dispetto dei suoi movimenti silenziosi, era un essere imponente, più grande di un leone adulto, ma non era un leone. Il suo pelo irsuto era albino, gli occhi di un rosso iperriflettente. Le spalle erano alte e massicce, la parte terminale della schiena era più bassa. Il collo muscoloso sosteneva una testa enorme, col muso allungato e con un paio di grandi orecchie da pipistrello che si girarono verso l’albero. Sollevando la testa, l’animale annusò l’aria, attirato dal sangue. Le labbra si ritirarono, scoprendo fauci spaventose, con denti aguzzi. Ululò nuovamente e ancora una volta concluse il richiamo con una serie di agghiaccianti risate. Poi cominciò ad arrampicarsi.

Khamisi sapeva che cosa aveva di fronte.

Ukufa.

Morte.

Ma, per quanto avesse un aspetto mostruoso, Khamisi ne conosceva il vero nome.

ore 06.30

«Specie Crocuta crocuta », spiegò Baldric Waalenberg, avvicinandosi allo schermo del computer. Aveva notato che il suo prigioniero guardava la creatura nel riquadro accanto alle immagini di Fiona nella gabbia.

Gray studiò quella bestia massiccia come un orso, che, immobile davanti alla telecamera, ringhiava con la bocca aperta, scoprendo gengive bianche e zanne ingiallite. Doveva pesare centocinquanta chili. Stava sorvegliando i resti macerati di un’antilope.

«La iena maculata è il secondo più grande carnivoro dell’Africa», proseguì Baldric. «È capace di abbattere un maschio di gnu da sola.»

Gray era perplesso. La creatura sul monitor non era una normale iena. Era tre o quattro volte più grossa del solito, poi c’era il manto sbiadito… Una specie di combinazione di gigantismo e albinismo: una mostruosa mutazione.

«Cosa le avete fatto?» chiese, incapace di nascondere il disgusto nella sua voce. Voleva anche prendere tempo, facendo parlare il vecchio. Scambiò uno sguardo con Monk, poi tornò a fissare Baldric.

«Abbiamo reso quella creatura migliore, più forte. Non è vero, Isaak?»

« Ja, grootvader. »

«I graffiti preistorici di alcune caverne in Europa mostrano la grande antenata della iena moderna, la iena gigante. Noi abbiamo trovato un modo per riportare la Crocuta all’antica gloria.» Baldric parlava con lo stesso tono scientifico e spassionato di quando aveva descritto i suoi tentativi di selezionare orchidee nere. «Abbiamo persino migliorato l’intelligenza della specie, incorporando cellule staminali umane nella corteccia cerebrale, con risultati affascinanti.»

Gray aveva letto di esperimenti analoghi fatti coi topi. A Stanford, gli scienziati avevano generato alcuni topi con l’uno percento di cervello umano. Che diavolo stava succedendo?

Baldric si avvicinò alla lavagna coi cinque simboli runici. Li picchiettò con la bacchetta. «Abbiamo una serie di Supercomputer Cray XT3 che lavorano al codice di Hugo. Quando l’avremo risolto, saremo in grado di fare la stessa cosa con gli esseri umani, per avviare la prossima evoluzione dell’umanità. La specie umana risorgerà in Africa, mettendo fine al pantano della mescolanza razziale grazie a una nuova purezza, che aspetta soltanto di sganciarsi dal nostro codice genetico corrotto.»

Gray sentì echeggiare in quelle parole la filosofia nazista dell’ Übermensch , il mito del superuomo. Il vecchio doveva essere pazzo. Ma notò anche la lucidità del suo sguardo. E sullo schermo c’erano le prove dei primi mostruosi successi dei suoi progetti.

Gray si voltò verso Isaak, il quale aveva premuto un tasto, facendo scomparire la iena mutante. D’un tratto capì il collegamento: l’albinismo della iena, Isaak e sua sorella gemella, gli altri assassini dai capelli biondo platino… Baldric non aveva fatto esperimenti soltanto con le orchidee e le iene.

«Ora ritorniamo alla questione di Painter Crowe», disse il vecchio, indicando lo schermo con un ampio gesto della mano. «Credo che abbia capito ciò che attende la giovane meisje nella gabbia se lei non risponderà sinceramente alle nostre domande. Basta coi giochetti.»

Gray fissava lo schermo e la ragazzina in gabbia. Non poteva lasciare che succedesse qualcosa a Fiona. Doveva quantomeno guadagnare tempo per lei. La ragazza era stata trascinata in tutta quella faccenda per via della sua goffaggine durante le indagini a Copenhagen: si sentiva responsabile. E in più quella ragazzina gli piaceva, la rispettava, anche quando faceva la rompiscatole.

Gray sapeva che cosa doveva fare. Si voltò verso Baldric. «Che cosa vuole sapere?»

«A differenza di lei, Painter Crowe si è dimostrato un avversario più capace del previsto. E sfuggito alla nostra imboscata ed è scomparso nel nulla. Lei ci aiuterà a scoprire dov’è finito.»

«Come?»

«Contattando il comando della Sigma. Abbiamo una linea codificata, impossibile da rintracciare. Lei interromperà il silenzio e scoprirà fino a che punto la Sigma conosce il progetto Sole Nero e dove si è nascosto Painter Crowe. Ma se solo tenta qualche trucco…» Baldric indicò lo schermo con un cenno del capo.

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