Guardai i due oggetti sul cofano della mia macchina. Non mi sembrarono particolarmente minacciosi, ma forse avrei potuto lanciarne uno e usare l’altro come corpo contundente. «Niente bazooka?» chiesi.
«Non ne ho bisogno. Bastano questi», rispose. Mise di nuovo la mano nel borsone. «E questo», aggiunse, tirando fuori un piccolo taccuino, aperto alla prima pagina. Sopra sembrava che ci fosse una serie di numeri e di lettere; dentro la spirale era infilata una biro scadente.
«Ne uccide più la penna della spada», commentai.
«Questa sì», fece. «La riga sopra è un numero di telefono. Quella sotto un codice di accesso.»
«A che cosa devo accedere?»
«Non ti interessa», sibilò. «Basta che chiami, introduca il codice e dica il mio numero di cellulare. Loro ti danno la mia posizione GPS e tu mi vieni a prendere.»
«Sembra facile», risposi, domandandomi se lo fosse veramente.
«Persino per uno come te.»
«Con chi parlerò?» chiesi.
Doakes si limitò a scuotere la testa. «Con una persona che mi deve un favore», disse e tirò fuori dalla borsa una radiolina portatile della polizia. «E ora la parte più facile», dichiarò. Mi porse la radio e rientrò in macchina.
Ora che avevamo chiaramente gettato l’esca per il dottor Danco, il passo successivo era riuscire a intercettarlo in un dato posto al momento giusto. La felice coincidenza della festa da Vince Masuoka era troppo perfetta per essere ignorata. Nelle ore successive girammo per la città in macchine separate, ripetendo versioni simili dello stesso messaggio, per essere più sicuri. Avevamo anche arruolato un paio di pattuglie che, a detta di Doakes, forse sarebbero riuscite a non fare cazzate. Attribuii il commento alla sua fine ironia, che i poliziotti in questione non parvero cogliere: anche se non si misero a tremare, furono un po’ troppo solerti nell’assicurare al sergente Doakes che effettivamente non avrebbero fatto cazzate. Era meraviglioso lavorare con un uomo che sapeva ispirare una simile lealtà.
La nostra minisquadra passò il resto della giornata a infestare l’etere di chiacchiere sulla mia festa di fidanzamento, unite a indicazioni sulla strada da fare per raggiungere la casa di Vince e sull’ora della festa. E, proprio dopo pranzo, il colpo di grazia: seduto in macchina davanti a un fast food, chiamai per l’ultima volta il sergente Doakes con la radio tascabile per esibirmi in una conversazione accuratamente studiata.
«Sergente Doakes, qui Dexter, mi riceve?»
«Qui Doakes», rispose, dopo una breve pausa.
«Ci terrei molto se stasera lei partecipasse alla mia festa di fidanzamento.»
«Non posso andare da nessuna parte», dichiarò lui. «Quel tipo è troppo pericoloso.»
«Venga anche solo per un drink. Entra ed esce», lo tentai.
«Hai visto come ha conciato Manny, e Manny era un soldato semplice. Io sono quello che l’ha consegnato ai cattivi. Se mi cattura, che ne sarà di me?»
«Mi sto per sposare, Sarge », replicai. Mi piaceva chiamarlo Sarge , faceva molto fumetti Marvel. «Non capita tutti i giorni. E poi con tutti questi poliziotti in giro, non avrà il coraggio di muovere un dito.»
Ci fu una pausa lunga e drammatica in cui sapevo che Doakes avrebbe contato fino a sette, proprio come avevamo concordato. Poi la radio emise un altro crepitio. «Okay», disse. «Arrivo verso le nove.»
«Grazie, Sarge », ribattei, felice di poterlo ripetere. Tanto per completare la mia gioia, aggiunsi: «Ci tengo davvero tanto. Dieci-quattro».
«Dieci-quattro.»
Sperai che da qualche parte in città la nostra piccola scenetta radiofonica avesse fatto presa sul bersaglio. Chissà se, mentre si sciacquava le mani prima di operare, si sarebbe fermato a sentire, la testa piegata da un lato? Mentre lo scanner frusciava per la voce calma e melodiosa di Doakes, forse avrebbe posato la sega, si sarebbe asciugato le mani e avrebbe segnato l’indirizzo su un pezzetto di carta. E poi sarebbe tornato allegramente all’opera (su Kyle Chutsky?) con la serenità interiore dell’uomo che ha il suo lavoro da fare e un calendario denso di impegni sociali da mantenere.
Proprio per essere completamente sicuri, i nostri amici della pattuglia si sgolarono a ripetere il messaggio più volte e senza fare cazzate: che stasera il sergente Doakes sarebbe andato alla festa, di persona, verso le nove.
Da parte mia, visto che per un po’ c’era qualcuno che lavorava al posto mio, mi diressi al Jackson Memorial Hospital per fare visita al mio uccellino con l’ala rotta preferito.
Deborah era a letto, il busto ingessato, in una stanza al sesto piano con una splendida vista sulla superstrada. Anche se ero certo che le somministrassero degli antidolorifici, quando entrai in camera non sembrava per niente rilassata. «Dannazione, Dexter», esordì, «digli di farmi alzare il culo da qui. O almeno dammi i miei vestiti così me ne vado.»
«Sono lieto di vedere che stai meglio, sorellina», feci. «Presto potrai alzarti.»
«Mi alzerò non appena mi daranno i miei fottuti vestiti», replicò. «Che cazzo succede là fuori? Che cosa avete fatto?»
«Io e Doakes abbiamo preparato una trappola piuttosto efficace, e Doakes fa da esca», spiegai. «Se Danco colpisce, lo prenderemo stanotte alla mia… uhm… alla festa di Vince», aggiunsi. Mi accorsi che facevo di tutto per prendere le distanze dall’idea del fidanzamento. Era da stupidi, d’accordo, ma comunque mi sentii meglio. Su Debs invece non ebbe lo stesso effetto.
«La tua festa di fidanzamento», ripeté e poi ringhiò. «Merda. Hai organizzato la trappola per Doakes perché faceva comodo a te.» Ammetto che detto così suonava quasi elegante, eppure non mi andava che lei si facesse queste idee: le persone di cattivo umore guariscono più lentamente.
«No, Deborah, sul serio», dissi nel mio tono più rassicurante. «Lo stiamo facendo per catturare il dottor Danco.»
Lei mi fissò a lungo e poi, senza che me l’aspettassi, tirò su col naso e trattenne una lacrima. «Sono costretta a fidarmi di te», mormorò. «Però detesto doverlo fare. Non penso ad altro se non a quello che starà combinando a Kyle.»
«Vedrai che funzionerà, Debs. Ti riporteremo Kyle.» E dato che, dopotutto, era mia sorella, non aggiunsi: O almeno quasi tutto.
«Cristo, quanto odio essere bloccata qui», sospirò. «Avrete bisogno di me per i rinforzi.»
«Ce la possiamo fare, sorellina», la tranquillizzai. «Alla festa ci saranno una dozzina di poliziotti, tutti armati e minacciosi. E ci sarò anch’io», precisai, un po’ offeso dal fatto che sottovalutasse in quel modo la mia presenza.
Ma lei proseguì sulla stessa linea. «Certo. Poi, se Doakes prende Danco, riavremo Kyle. Se invece è Danco a prendere Doakes, tu hai risolto i tuoi guai. Molto furbo, Dexter. Comunque vada, tu vinci.»
«Non ci avevo proprio pensato», mentii. «Il mio unico pensiero è il bene della comunità. Inoltre Doakes sembra molto esperto in questo genere di cose. E conosce Danco.»
«Dannazione, Dex, questa storia mi uccide. È come se…» Si interruppe per mordicchiarsi un labbro. «È meglio che funzioni», fece. «Kyle è con lui da troppo tempo.»
«Funzionerà, Deborah», le assicurai. Ma nessuno dei due mi credette davvero.
I medici furono irremovibili e decisero di tenere Deborah sotto osservazione altre ventiquattro ore. Così mi congedai affettuosamente da mia sorella e galoppai verso il tramonto e di lì fino a casa per fare una doccia e cambiarmi.
Che cosa mettermi? Non mi venivano in mente indicazioni su che cosa indossare in questa stagione a una festa di fidanzamento indesiderato che avrebbe potuto degenerare in uno scontro violento con un maniaco bramoso di vendetta. Naturalmente le scarpe marroni erano fuori luogo, ma a parte quello niente mi sembrava davvero adatto all’occasione. Dopo attente riflessioni, mi lasciai guidare dal buon gusto e scelsi una camicia hawaiana verde acido con stampate chitarre elettriche rosse e macchinine rosa. Semplice ma elegante. Poi un paio di pantaloni color kaki, scarpe da ginnastica ai piedi ed eccomi pronto per le danze.
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