Yrsa Sigurðardóttir - Il cerchio del male

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Università d’Islanda. In un mattino di fine ottobre, il silenzio del dipartimento di Storia viene lacerato da un grido. Aprendo la porta di uno stanzino, il direttore si vede crollare addosso un cadavere senza occhi e con una runa magica incisa sul petto. Il corpo è quello di Harald Guntlieb, enigmatico dottorando tedesco con la passione per il cupo periodo della caccia alle streghe. Ma chi era veramente Harald? Per la polizia, che chiude frettolosamente il caso con l’arresto di un piccolo spacciatore, era solo uno stravagante ragazzo ricco in vena di emozioni forti, dalle perversioni sessuali alle modificazioni corporee estreme. Per Matthew Reich, inviato in Islanda dalla famiglia Guntlieb per riaprire le indagini, era uno dei massimi esperti europei di magia nera, grazie a un’inestimabile quanto agghiacciante collezione ereditata dal nonno. Per Thora Gudmundsdottir, l’avvocatessa incaricata di assistere l’affascinante Matthew, era solo un figlio non amato, incamminatosi fra le tenebre per inseguire un miraggio. Non resta dunque che ripercorrere i passi del giovane in un folle labirinto sulle tracce di un libro maledetto, fra antichi sortilegi e moderne rivalità accademiche, per svelare un mistero sempre più tetro, complesso e intrigante…

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L’ultimo dettaglio che emerse dal riassunto degli anni accademici di Harald a Monaco, in verità piuttosto bizzarro, era la copertina della sua tesi di laurea. A giudicare dal titolo della dissertazione, l’argomento doveva essere la caccia alle streghe in Germania, con particolare attenzione alla cattura ed eliminazione dei bambini accusati di magia. Thora rabbrividì. Ovviamente aveva sentito parlare delle persecuzioni da parte dell’Inquisizione e ne aveva letto le descrizioni raccapriccianti nei libri di storia del liceo, ma non aveva mai sentito parlare anche di bambini in tale contesto. Anche perché, se una tesi del genere si fosse trovata in uno di quei noiosissimi testi scolastici di storia antica e medievale, da lei particolarmente odiati, non l’avrebbe certo dimenticata. Comunque, dato che nel fascicolo non c’era altro che il frontespizio della tesi, Thora sperava che le conclusioni della ricerca dimostrassero che nessun bimbo fosse stato condannato al rogo. In cuor suo, sapeva però che sicuramente ce n’erano stati.

Da lì passò a leggere il capitolo sull’Università d’Islanda.

Per prima cosa scorse una lettera dell’università con la quale veniva comunicato a Matthew che la sua domanda di iscrizione al corso per il master in Storia medievale era stata accettata e che lo studente era stato invitato a presentarsi in segreteria all’inizio dell’anno accademico, nell’autunno del 2004. Seguiva la copia dei voti degli esami sostenuti. Thora si rese conto, dalla data di emissione, che la copia del documento era stata stampata dopo la morte dello studente, probabilmente su richiesta di Matthew. Nonostante Harald non avesse sostenuto molti esami del corso e quell’anno non avesse frequentato abbastanza, i risultati erano stati eccellenti. Thora sospettava che il giovane avesse ottenuto il permesso di dare i suoi esami in inglese dal momento che, per quanto ne sapeva, non parlava ancora l’islandese. Dai documenti risultava che ad Harald mancavano soltanto dieci crediti per concludere il master.

Nella pagina successiva c’era una lista con cinque nomi. Erano tutti islandesi, con a margine, scritta in stampatello, l’indicazione della materia di studio e di quella che sembrava una data di nascita. Probabilmente era il gruppo di amici frequentati da Harald, dato che erano tutti praticamente coetanei. I nomi erano: Marta Mist Eyjolfsdottir, Teorie del femminismo, n. 1981; Brjann Karlsson, Storia, n. 1981; Halldor Kristinsson, Medicina, n. 1982; Andri Thorsson, Chimica, n. 1979; Briet Einarsdottir, Storia, n. 1983.

Thora sfogliò ancora nella speranza di trovare ulteriori informazioni su quei ragazzi, ma le pagine successive comprendevano solo le cartine e le mappe dell’area universitaria e di tutti gli edifici principali dell’intero campus. Attorno all’edificio che ospitava l’Istituto Arni Magnusson e gli uffici del dipartimento di Storia erano stati fatti dei cerchi, così come attorno alla sede centrale e di nuovo le venne in mente che doveva essere stato Matthew a segnare i fogli. Le pagine seguenti erano stampate direttamente dal sito internet dell’università, in lingua inglese, con la descrizione relativa al dipartimento di Storia medievale, accompagnata dalla solita pagina di informazioni per gli studenti stranieri dell’università. Niente che potesse servire per la sua indagine.

L’ultimo documento della sezione era la stampata di un messaggio di posta elettronica inviato dall’indirizzo «hguntlieb@hi.is», chiaramente quello di Harald presso l’università. Era una lettera di Harald a suo padre, datata poco dopo l’inizio degli studi nell’autunno 2004. Leggendola, Thora rimase sorpresa dal tono formale e distaccato. In breve, Harald faceva sapere al padre di trovarsi a suo agio in Islanda, di aver preso in affitto un appartamento, di averlo già arredato e cose del genere. La lettera si concludeva con la comunicazione che gli era stato assegnato un docente per seguire la sua tesi di master, il professor Thorbjörn Olafsson. A quanto si leggeva, la tesi avrebbe dovuto prendere in considerazione le differenze tra le condanne a morte per stregoneria in Islanda e in Germania, alla luce del fatto che quasi tutti i condannati al rogo in Islanda erano stati uomini, mentre in Germania, per la stragrande maggioranza, donne. La lettera terminava con un saluto e Thora ebbe un tuffo al cuore nel leggere il P.S. che Harald faceva seguire in calce: «Se ti degni di metterti in contatto con me, ora hai il mio indirizzo e-mail». Non sprizzava certo affetto famigliare! Probabilmente la cacciata del figlio dall’esercito aveva a che fare con questa freddezza di rapporti. Inoltre, a giudicare dalle foto di famiglia, il padre di Harald non sembrava proprio il tipo più comprensivo del mondo, e indubbiamente non si era rassegnato alle sregolatezze del ragazzo.

La risposta del padre, riportata nella pagina seguente, era di questo tenore: «Salve, Harald, ti consiglio di astenerti da tale argomento di tesi. È una brutta idea che non migliorerà il tuo carattere. Non spendere tutti i tuoi soldi. Saluti». In fondo alla lettera c’erano nome, indirizzo e professione del padre, il tutto molto formale. Ma guarda un po’ che tipo, pensò Thora. Non una parola di congratulazioni con il figlio per il fatto di essere arrivato alla tesi o di gioia per aver avuto sue notizie, non un accenno al fatto che gli fosse particolarmente mancato; non aveva nemmeno firmato con «papà» o «tuo padre». Era palese che si trattava di un rapporto freddissimo tra i due, anzi, surgelato. Per di più era strano che nessuno mandasse saluti per o dalla madre o dalla sorella. Però Thora non sapeva se erano intercorsi altri messaggi tra padre e figlio: di sicuro non ce n’erano altri nel dossier.

Alla fine Thora trovò la stampata di una lista di associazioni e club studenteschi e di titoli di periodici pubblicati dagli studenti nei vari corsi di studio. Diede un’occhiata all’elenco e non notò niente di interessante finché arrivò a piè di pagina e lesse: «Malleus maleficarum, associazione di dilettanti di storiografia e antropologia». Thora sollevò lo sguardo dalla pagina: non c’era lo stesso nome nel manifesto di fondazione dell’associazione all’Università di Monaco? Si mise a cercare la pagina in questione: e sì, era proprio così. Inoltre si accorse che sotto il nome della società nella lista islandese era stata apposta a matita la dicitura: « errichtet 2004», cioè «fondata nel 2004», ossia dopo l’iscrizione di Harald presso l’Università d’Islanda. Era stato forse lui stesso il fondatore? Non era improbabile, a meno che quel nome latino non fosse qualcosa di noto agli studenti di Storia o Antropologia. Chissà poi cosa voleva dire: peccato che Thora non avesse mai studiato il latino. Comunque, era ormai giunto il momento di passare alla sezione dedicata ai conti in banca.

Il fascìcolo sui conti correnti era una spessa pila di estratti conto provenienti da banche estere. Harald Guntlieb ne era l’intestatario e le cifre in questione erano ingenti. Alcune uscite particolarmente elevate erano evidenziate in rosa e lo stesso era stato fatto in giallo per le entrate. Thora si accorse subito che queste ultime erano sempre della stessa entità: all’inizio di ogni mese Harald riceveva più di quanto lei guadagnasse in sei mesi quando c’era molto lavoro. Non potevano essere altro che i versamenti costanti provenienti dal fondo che il nonno del ragazzo aveva intestato a suo nome, o almeno così le aveva riferito Matthew. Molto probabilmente il testamento aveva predisposto che Harald ricevesse un ammontare fisso ogni mese, piuttosto che tutto il fondo in un colpo solo. Tali disposizioni venivano spesso formulate nei casi in cui l’erede era ancora giovane e cessavano di valere al raggiungimento della maggiore età, o almeno di una maturità accertata, cosa che probabilmente Harald Guntlieb non aveva fatto, visto che a ventisette anni ancora non era entrato in possesso del capitale intestato a suo nome. Comunque, nel suo conto corrente si era accumulato un bel gruzzolo, a dimostrazione che le spese di mantenimento di Harald erano molto al di sotto delle somme in entrata ogni mese.

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