Yrsa Sigurðardóttir - Il cerchio del male

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Università d’Islanda. In un mattino di fine ottobre, il silenzio del dipartimento di Storia viene lacerato da un grido. Aprendo la porta di uno stanzino, il direttore si vede crollare addosso un cadavere senza occhi e con una runa magica incisa sul petto. Il corpo è quello di Harald Guntlieb, enigmatico dottorando tedesco con la passione per il cupo periodo della caccia alle streghe. Ma chi era veramente Harald? Per la polizia, che chiude frettolosamente il caso con l’arresto di un piccolo spacciatore, era solo uno stravagante ragazzo ricco in vena di emozioni forti, dalle perversioni sessuali alle modificazioni corporee estreme. Per Matthew Reich, inviato in Islanda dalla famiglia Guntlieb per riaprire le indagini, era uno dei massimi esperti europei di magia nera, grazie a un’inestimabile quanto agghiacciante collezione ereditata dal nonno. Per Thora Gudmundsdottir, l’avvocatessa incaricata di assistere l’affascinante Matthew, era solo un figlio non amato, incamminatosi fra le tenebre per inseguire un miraggio. Non resta dunque che ripercorrere i passi del giovane in un folle labirinto sulle tracce di un libro maledetto, fra antichi sortilegi e moderne rivalità accademiche, per svelare un mistero sempre più tetro, complesso e intrigante…

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Bussarono alla porta e Bragi fece capolino nell’ufficio: «Hai un paio di minuti?»

Thora annuì e lo fece accomodare. Il socio aveva poco meno di sessant’anni, ed era una di quelle persone che spiccano non soltanto per l’altezza, ma anche per la corporatura. Aveva tutto più grande della media, comprese mani, orecchie e naso. Bragi si fece cadere sulla sedia imbottita davanti alla scrivania e girò verso di sé il dossier che Thora stava consultando. «Com’è andata?»

«L’incontro? Benissimo, credo…» rispose Thora e si mise a guardare l’uomo che sfogliava, quasi senza interesse, l’anomalo album di famiglia.

«Che ragazzo triste, che viso sciupato…» disse Bragi indicando con il dito una delle immagini di Harald. «È lui la vittima, per caso?»

«Proprio così», rispose Thora. «Certo che sono delle strane fotografie.»

«Non saprei cosa dire. Dovresti vedere com’ero io da piccolo. Da ragazzo ero orribile, anzi, quasi senza speranza, e le foto di quel periodo lo testimoniano.»

Thora non si scompose di fronte a tali confessioni, ormai era abituata a ogni tipo di rivelazioni sconcertanti da parte del suo socio. Era sicuramente un’esagerazione dire che da ragazzo era stato orrendo, così come lo era la storia secondo cui era stato costretto, per pagarsi gli studi, a lavorare contemporaneamente come guardiano notturno alla pesa pubblica del porto e come pescatore il fine settimana. Ciò nonostante si era affezionata al suo modo di fare. Bragi con lei si era sempre comportato da gentiluomo, e, quando le aveva proposto, tre anni prima, di mettere su quello studio legale insieme, Thora aveva accettato con entusiasmo. A quei tempi era impiegata presso uno studio di noiosi avvocati di discreta fama e non vedeva l’ora di andarsene: non sopportava più di passare la pausa caffè ad ascoltare storie di pesca al salmone o di cravatte alla moda.

L’uomo spinse di nuovo la cartella verso Thora. «Hai deciso di accettare l’incarico?»

«Penso proprio di sì. Fa bene ogni tanto affrontare qualcosa di nuovo, di sconosciuto.»

«Non ci contare tanto, credimi. Non ci fu niente di emozionante quando, l’anno passato, dovetti affrontare l’esperienza nuova e sconosciuta di operarmi al colon!»

Thora non aveva alcuna voglia di addentrarsi in questo genere di conversazione e si affrettò a dire: «No, sai bene che intendevo un’altra cosa».

Bragi si alzò. «Certo, certo. Volevo soltanto metterti in guardia sulle possibili conseguenze.» Si avviò verso la porta e sulla soglia aggiunse, voltandosi: «E se chiedessi a Thor di aiutarti?»

Thor era un avvocato fresco di laurea che lavorava da loro da poco più di sei mesi e che, pur essendo un tipo alquanto schivo e riservato, aveva già dimostrato una tale diligenza che avrebbe potuto far comodo a Thora, in caso di bisogno. «A dire il vero, mi ero riproposta di passargli i casi a cui sto lavorando in questi giorni, proprio per alleggerirmi e concentrarmi solo su questo. Ho ancora una montagna di impegni da sbrigare.»

«Naturalmente, non ti preoccupare, fai come desideri», disse uscendo.

Thora tirò a sé la cartella e riprese la lettura da dove era stata interrotta. Esaminò il resto delle foto che mostravano la crescita di Harald, ora diventato un attraente ragazzo dalla pelle e dai capelli chiari come quelli di sua madre. Suo padre, invece, era più scuro e il suo volto non era di quelli che si ricordano. Nell’ultima pagina c’erano solamente due fotografie, entrambe chiaramente scattate presso uno studio professionale, l’una in occasione di una laurea, presumibilmente quella ottenuta da Harald presso l’Università di Monaco, l’altra relativa all’inizio o alla fine del servizio di leva, dove Harald compariva con l’uniforme dell’esercito tedesco. Thora non conosceva abbastanza bene le uniformi per poter dire a quale reggimento appartenesse, ma contava di ricevere le dovute informazioni dal dossier, sotto la dicitura «Leva».

Nelle pagine successive si trovavano le fotocopie del curriculum scolastico di Harald, dall’inizio degli studi fino alla laurea: a giudicare dai voti, il ragazzo era stato uno studente esemplare. Aveva sempre riportato voti eccellenti che, per esperienza personale, Thora sapeva difficili da ottenere nel sistema scolastico tedesco. L’ultima delle fotocopie veniva dall’Università di Monaco, dove Harald aveva ottenuto la laurea in Storia a pieni voti. Dalle date dei vari anni scolastici si notava che il ragazzo si era preso una pausa dagli studi prima di iscriversi all’università. Forse c’entrava qualcosa il servizio militare, anche se le sembrava piuttosto strano che con quei voti avesse preferito sprecare il tempo in caserma. Certo, la leva era ancora obbligatoria, in Germania, ma non era difficile ottenere il congedo provvisorio o addirittura l’esonero definitivo dal servizio militare, soprattutto se si avevano genitori ricchi e potenti come i suoi.

Thora sfogliò ora la seconda parte del dossier, classificato «Leva». Era un capitolo piuttosto scarno di notizie. La prima pagina era la fotocopia dell’immatricolazione di Harald Guntlieb nella Bundeswehr — l’esercito della Germania Unita — nel 1999. Da quanto Thora capiva di quel tedesco burocratico, Harald aveva scelto la fanteria, cosa strana, perché lei avrebbe giurato che fosse piuttosto un tipo da marina o aviazione. Seguiva un documento con l’ordine ricevuto, dal battaglione di appartenenza, di partire per il Kosovo, mentre la terza e ultima pagina di quella sezione era la comunicazione dell’espulsione di Harald dall’esercito: era datata sette mesi dopo e non conteneva alcuna ulteriore spiegazione, tranne un accenno a « medizinische Gründe », cioè motivi di salute. A margine della fotocopia qualcuno aveva aggiunto un chiarissimo punto interrogativo. Thora ne dedusse che doveva trattarsi della scrittura di Matthew il quale, a quanto ne sapeva, aveva raccolto quel dossier tutto da solo. Lei fece un appunto sulla sua agenda per ricordarsi di chiedere all’uomo dettagli più precisi sull’argomento, poi passò al capitolo successivo.

Anche questa sezione cominciava con la fotocopia di un’immatricolazione, questa volta presso l’Università di Monaco, e Thora poté notare che la data d’iscrizione risaliva a un solo mese dopo l’uscita dall’esercito. La salute di Harald, a quanto pare, era talmente migliorata da permettergli di iscriversi ai corsi, se era poi vero che di malattia si era trattato. Poi seguivano alcune pagine di cui Thora non riusciva a comprendere il significato: una era il manifesto di fondazione di un’associazione storiografica dal nome latino di Malleus maleficarum, l’altra conteneva la lettera di raccomandazione di un certo professor Chamiel, che stendeva un elogio spassionato del suo studente, mentre le ultime erano programmi di studio della storia del XV, XVI e XVII secolo. Una documentazione ben strana.

In fondo alla sezione degli studi si trovava il ritaglio di un articolo proveniente da un giornale tedesco, dove si parlava della morte di alcuni giovani in seguito ad atti di estrema perversione sessuale, ovvero autostrangolamento con un cappio durante la masturbazione.

Doveva trattarsi di quel tipo di sesso a cui aveva accennato Matthew. A detta del giornalista, tali pratiche erano alquanto diffuse tra chi non riusciva a raggiungere l’orgasmo per colpa di un consumo eccessivo di stupefacenti, alcolici o sostanze allucinogene. Difficile era invece trovare il nesso tra quell’articolo e la morte di Harald, tranne il fatto che uno degli studenti trovati morti frequentava la stessa università alla quale era iscritto lui. Dello studente in questione, comunque, non venivano riferiti né il nome né l’età, e l’articolo era senza data. Certo, un collegamento doveva pur esserci, se il pezzo era stato incluso in quella sezione del fascicolo. Thora sfogliò a ritroso l’album per trovare la foto della laurea di Harald. Osservando con attenzione l’immagine, notò un segno rosso, come di una sferzata, sulla parte del collo che emergeva dal colletto del ragazzo. Thora sfilò la fotografia dalla busta di plastica e la guardò più da vicino, ma non riuscì a capire se quel segno fosse un livido o qualcosa del genere. Thora prese allora un altro appunto per ricordarsi di chiedere a Matthew qualcosa in proposito.

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