Boris Akunin - La Regina d'Inverno

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La Regina d'Inverno: краткое содержание, описание и аннотация

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12.01.2024 Борис Акунин внесён Минюстом России в реестр СМИ и физлиц, выполняющих функции иностранного агента. Борис Акунин состоит в организации «Настоящая Россия»* (*организация включена Минюстом в реестр иностранных агентов).
*НАСТОЯЩИЙ МАТЕРИАЛ (ИНФОРМАЦИЯ) ПРОИЗВЕДЕН, РАСПРОСТРАНЕН И (ИЛИ) НАПРАВЛЕН ИНОСТРАННЫМ АГЕНТОМ ЧХАРТИШВИЛИ ГРИГОРИЕМ ШАЛВОВИЧЕМ, ЛИБО КАСАЕТСЯ ДЕЯТЕЛЬНОСТИ ИНОСТРАННОГО АГЕНТА ЧХАРТИШВИЛИ ГРИГОРИЯ ШАЛВОВИЧА.


Mosca, 1876: in un parco affollato, un giovane si spara davanti agli occhi di una ragazza che poco prima gli aveva rifiutato un bacio. И solo il primo di un'inquietante catena di suicidi apparentemente inspiegabili. Dietro quei gesti tanto assurdi si nasconde forse un intrigo internazionale, ordito al di fuori della madre Russia? A indagare sul caso и Erast Fandorin, investigatore alle prime armi pieno di entusiasmo e acume. La pista che segue lo condurrа ai quattro angoli della Terra, in una serie di avventure rocambolesche che approderanno a una veritа sconvolgente e imprevedibile. Con Fandorin nasce una indimenticabile figura di detective in grado di rivaleggiare con «classici» quali Poirot, Sherlock Holmes e Montalbano.

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Milady annuì in silenzio, e, dopo aver fatto un cenno a Erast Petrovič di seguirla, uscì velocemente dalla classe.

«Vado dal dottor… da mister Izjumov», gli disse parlando velocemente. «Spiacevolezze di questo genere ne accadono spesso: i ragazzi sono ragazzi… Quello era Gerald Cunningham, il mio braccio destro. Viene dall’esthernato di Londra. Un pedagogo fantastico. È a capo dell’intera filiale russa. In sei mesi si è impadronito della vostra difficile lingua, che a me non riesce assolutamente di imparare. L’autunno scorso Gerald ha aperto un esthernato a Pietroburgo, adesso è qui temporaneamente, aiuta ad avviare l’attività. Senza di lui è come non avessi le braccia.»

Si fermò alla porta con la scritta «Medico».

«Vi prego di scusarmi, sir, ma è necessario interrompere la nostra conversazione. Un’altra volta, d’accordo? Venite domani, e parleremo insieme. Perché voi avevate una faccenda di cui volevate parlarmi, vero?»

«Nulla d’importante, milady», arrossì Fandorin. «Io in effetti… ve lo dirò poi. Vi auguro ogni successo nella vostra nobile impresa.»

Si piegò in un goffo inchino e si allontanò a passo veloce. Erast Petrovič provava una grande vergogna.

* * *

«Allora, avete colto la malfattrice in flagrante?» chiese allegramente il capo, sollevando la testa da certi complicati diagrammi e salutando uno screditato Fandorin. Nello studio erano stati chiusi gli scuri, sul tavolo era accesa una lampada, visto che dietro la finestra già cominciava a far buio. «Lasciatemi indovinare. Milady non ha mai sentito nominare in vita sua mister Kokorin, tantomeno miss Bežezkaja, la notizia del testamento del suicida l’ha spaventosamente sconvolta. È così?»

Erast Petrovič si limitò a sospirare.

«Io questa persona l’ho già incontrata a Pietroburgo. La sua domanda di attività pedagogica in Russia è attualmente in esame alla Terza sezione. Vi ha raccontato dei minorati di genio? Bene, al lavoro. Sedetevi alla scrivania», disse il capo facendo un cenno a Fandorin. «Avete davanti a voi una notte avvincente.»

Erast Petrovič si sentì solleticare il petto da una piacevole aspettativa: era questo l’effetto che gli faceva avere a che fare con il signor consigliere di Stato.

«Il vostro bersaglio è Zurov. Lo avete già visto, ne avete una certa idea. Andare dal conte è facile, non c’è bisogno di raccomandazioni. A casa sua c’è una specie di covo di giocatori, non troppo cospiratorio. Lì c’è un certo stile da bivacco militare d’alto rango, ma c’è anche gentaglia di ogni genere. Una casa così Zurov la teneva a Pietroburgo, ma dopo una visita della polizia si è trasferito a Mosca. È un signore libero, al reggimento sono già tre anni che lo considerano in congedo illimitato. Vi espongo il vostro compito. Cercate di avvicinarlo, studiate il suo ambiente. E se vi capitasse di incontrare lì il vostro conoscente dagli occhi bianchi? Però senza nessuno spirito di iniziativa, tutto da solo, con uno come lui non ve la cavate. Del resto, è assai improbabile che si trovi lì… Non escludo che sarà il conte stesso a interessarsi a voi, dopotutto vi siete incontrati dalla Bežezkaja, verso la quale Zurov non è evidentemente indifferente. Agite come vi detta la situazione. Ma non andate in cerca di guai. Con questo signore non conviene scherzare. Gioca sporco, come dicono in questo genere di pubblico, ‘va sul sicuro’, e se lo beccano, lui con lo scandalo ci va a nozze. Ha a suo carico decine di duelli, e nemmeno siamo al corrente di tutti. E un cranio lo può benissimo spaccare anche senza duello. Per esempio, nel 1872, alla fiera di Nižnij Novgorod, ha bisticciato giocando a carte con il mercante Sviščov, e lo ha gettato barba e tutto il resto giù dalla finestra. Dal secondo piano. Il mercantuccio si è tutto ammaccato, è rimasto un mese privo dell’uso della parola, muggiva e basta. E il conte, come se nulla fosse, se l’è cavata. Ha parenti influenti nelle alte sfere. E questo cos’è?» chiese come al solito senza transizione Ivan Francevic, mettendo sul tavolo un mazzo di carte da gioco.

«Carte», rispose stupito Fandorin.

«Giocate?»

«Non gioco affatto. Il mio papà mi ha proibito di prenderle in mano; diceva di aver giocato abbastanza per sé, per me, e per tre generazioni successive di Fandorin.»

«Peccato», si rabbuiò Brilling. «Senza queste col conte non potrete combinarci nulla. Allora, prendete un foglio, scrivete…»

Un quarto d’ora dopo Erast Petrovič sapeva già distinguere i semi senza la minima esitazione e sapeva quale carta conta di più e quale di meno; solo con le figure si confondeva un po’: continuava a non ricordarsi se conta di più la dama o il fante.

«Siete un caso disperato», disse il capo a mo’ di conclusione. «Ma non c’è di che preoccuparsi. Tanto dal conte nessuno gioca a bridge o ad altri intrattenimenti dell’intelligenza. Laggiù amano il gioco più primitivo, gli basta che giri veloce e faccia più soldi possibile. Gli agenti riferiscono che Zurov preferisce il baccarà, e pure semplificato. Il gioco si chiama stoss. Vi spiego le regole. Chi fa le carte, si chiama banchiere. Il secondo si chiama pointeur. Sia l’uno sia l’altro hanno il proprio mazzo. Il pointeur sceglie una carta dal suo mazzo, mettiamo un nove. La mette con la camicia in alto.»

«La camicia sarebbe il disegno sul retro?» precisò Fandorin.

«Sì. Adesso il pointeur fa la sua puntata — mettiamo dieci rubli. Il banchiere comincia a ‘fare le carte’: scopre la carta superiore del mazzo e la mette nel tableau di destra (si chiama ‘fronte’) e la seconda la mette a sinistra (quel tableau si chiama ‘libro dei sogni’).»

«Fronte a destra, libro dei sogni a sinistra.»Erast Petrovič annotava diligentemente nel suo taccuino.

«Adesso il pointeur scopre il suo nove. Se anche la fronte era un nove, non importa di quale seme, il banchiere si prende la puntata per sé. Questo si chiama ‘battere il nove’. Allora il banco, sarebbe a dire la somma delle poste intorno a cui si svolge il gioco, cresce. Se invece è il ‘libro dei sogni’ che è un nove, sarebbe a dire la seconda carta, il guadagno va al pointeur, si dice che ‘ha rinvenuto il nove’.»

«E se in quella coppia di carte non ci sono nove?»

«Se nella prima coppia non ci sono nove, il banchiere distribuisce la coppia successiva di carte. E via di questo passo finché non salta fuori un nove. Il gioco è tutto lì. Elementare, ma si può perdere fino a ridursi in polvere, specialmente se si è il pointeur e non si fa che giocare al raddoppio. Quindi ricordatevi questo, Fandorin: dovete azzardare solo nel ruolo di banchiere. È semplice: farete una carta a destra e una carta a sinistra; una carta a destra, una carta a sinistra. Il banchiere non perde mai più della prima puntata. Non mettetevi a fare il pointeur, e se vi tocca in sorte, dichiarate un gioco piccolo. A baccarà si possono fare non più di cinque mani, dopotutto il resto del banco se lo prende il banchiere. Adesso riceverete dalla cassa duecento rubli per le perdite.»

«Addirittura duecento?» chiese Fandorin sbigottito.

«Non ‘addirittura duecento’, ma ‘soltanto duecento’. Fate in modo che questa somma vi basti per tutta la notte. Se perdete in fretta, non siete obbligato ad andarvene subito, potete restare ancora un po’ lì a bighellonare. Ma senza destare sospetti, chiaro? Giocherete ogni sera, finché non otterrete il vostro risultato. Perfino se si dovesse chiarire che Zurov non è coinvolto, benissimo, anche questo è un risultato. Un’ipotesi in meno.»

Erast Petrovič mosse le labbra, guardando il suo foglietto di appunti.

«I rombi rossi si chiamano quadri?»

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