Molto saggiamente mio padre non parlò.
«Non le succederà niente» garantii. «Ho un casco in più.»
«È sotto la tua responsabilità» disse mia madre. «Se le succede qualcosa, ci vai tu a farle visita alla casa di riposo.»
«Forse potrei comprarmi una moto» rifletté la nonna. «Quando ti ritirano la patente della macchina, il divieto di guidare vale anche per le moto?»
« Sì! » urlammo tutti all’unisono. Nessuno voleva che nonna Mazur tornasse a girare in strada.
Mary Alice aveva cenato per tutto il tempo con la faccia nel piatto perché i cavalli non hanno mani. Quando alzò il viso, era una maschera di purè di patate e salsa. «Cos’è una lesbica?» chiese.
Rimanemmo tutti paralizzati.
«È quando una ragazza esce con le femmine anziché con i maschi» disse la nonna.
Angie si allungò per prendere il latte. «Si pensa che l’omosessualità sia causata da un cromosoma anormale.»
«Giusto quello che stavo per dire» disse la nonna.
«E i cavalli?» chiese Mary Alice. «Ci sono lesbiche anche tra i cavalli?»
Ci scambiammo delle occhiate. Eravamo imbarazzati.
Mi alzai dal mio posto. «Chi vuole un pasticcino?»
Per andare alle veglie serali, la nonna di solito si veste in modo elegante. Le piace indossare scarpe décolleté di vernice nera e gonne a ruota, nel caso ci sia qualche bell’uomo da conquistare. In onore della motocicletta, quella sera si era messa pantaloni sportivi e scarpe da tennis.
«Mi servono dei vestiti da biker» disse. «Ho appena riscosso l’assegno della pensione e come prima cosa domattina vado a fare shopping, ora che so che hai questa Harley.»
Montai in sella alla moto. Mio padre aiutò la nonna a salire dietro di me. Girai la chiave dell’accensione, mandai su di giri il motore e le vibrazioni si trasmisero attraverso le marmitte.
«Pronta?» urlai alla nonna.
«Pronta» mi urlò in risposta.
Percorsi Roosevelt Street fino a Hamilton Avenue e in due minuti avevamo già parcheggiato la moto davanti alle pompe funebri di Stiva.
Aiutai la nonna a scendere e le tolsi il casco. Si allontanò dalla moto e si sistemò i vestiti. «Capisco perché alla gente piacciono le Harley» disse. «Ti danno una bella svegliata alle parti basse, vero?»
Rusty Kuharchek era nella sala numero tre e la scelta di quella collocazione indicava che la famiglia di Rusty era andata al risparmio. Le morti violente e quelli che acquistavano le bare di lusso in mogano, intagliate a mano e piombate erano degne di una veglia nella sala numero uno.
Lasciai la nonna con Rusty e le dissi che sarei ritornata di lì a un’ora. L’appuntamento era davanti al tavolo dei biscotti.
Era una bella serata e avevo voglia di camminare. Passeggiai lungo la Hamilton e tagliai dentro il Burg. Non era del tutto buio. In un altro mese la gente si sarebbe seduta in veranda a quell’ora della sera. Mi dissi che stavo passeggiando per rilassarmi, magari per pensare. Ma dopo poco mi ritrovai davanti a casa di Eddie DeChooch, per giunta senza essere minimamente rilassata. Il fatto di non essere riuscita a effettuare la cattura mi infastidiva.
La metà casa di DeChooch sembrava completamente abbandonata. Nella metà della famiglia Margucci guardavano un quiz in TV con il volume al massimo. Mi diressi verso la porta di casa della signora Margucci e bussai.
«Che bella sorpresa» disse quando mi vide. «Mi domandavo come stessero andando le cose tra te e DeChooch.»
«È ancora in libertà» dissi.
Angela commentò con un verso. «Quello è un furbo.»
«L’ha visto? Ha sentito rumori a casa sua?»
«È come se fosse scomparso dalla faccia della terra. Non sento neanche mai squillare il telefono.»
«Magari do un’occhiatina in giro.»
Percorsi il perimetro della casa, guardai in garage, mi fermai davanti al capanno degli attrezzi. Avevo con me la chiave di casa di DeChooch e così entrai. Non c’era nulla che indicasse che lui fosse passato di lì. Il tavolo della cucina era coperto da un mucchio di posta inevasa.
Bussai di nuovo alla porta di Angela. «È lei che ritira la posta di DeChooch?»
«Sì. Gliela lascio in casa tutti i giorni e controllo che sia tutto a posto. Non so cos’altro fare. Pensavo che Ronald sarebbe passato per ritirarla, ma non l’ho visto.»
Quando tornai alle pompe funebri, la nonna era al tavolo dei biscotti che parlava con il Luna e Dougie.
«Piccola» disse il Luna.
«Siete qui per incontrare qualcuno?» gli chiesi.
«Negativo. Siamo qui per i biscotti.»
«Quest’ora è volata in un lampo» disse la nonna. «C’è ancora un sacco di gente con cui non ho scambiato neanche una parola. Hai fretta di tornare a casa?» mi chiese.
«Potremmo accompagnarla a casa noi» disse Dougie alla nonna. «Non ce ne andiamo mai prima delle nove perché quella è l’ora in cui Stiva tira fuori i biscotti ripieni al cioccolato.»
Ero combattuta. Non volevo restare ma non sapevo se potevo fidarmi di lasciare la nonna al Luna e a Dougie.
Presi Dougie da parte. «Non voglio che nessuno si metta a fumare erba.»
«Niente erba» mi assicurò.
«E non voglio che portiate la nonna in un locale di spogliarelli.»
«Niente spogliarelli.»
«E non voglio neanche che rimanga coinvolta in qualche furto.»
«Ehi, mi sono ravveduto» disse Dougie.
«Okay» dissi «conto su di te.»
Alle dieci ricevetti una telefonata di mia madre.
«Dov’è tua nonna?» mi chiese. «E perché non sei insieme a lei?»
«Avrebbero dovuto riaccompagnarla a casa in auto degli amici.»
«Quali amici? Hai perso tua nonna un’altra volta?»
Maledizione. «Ti richiamo.»
Riattaccai e ricevetti subito un’altra telefonata. Era la nonna.
«L’ho trovato!» disse.
«Chi?»
«Eddie DeChooch. Mentre ero alla veglia ho avuto un’illuminazione e ho capito dove avrei trovato Choochy questa sera.»
«Dove?»
«A ritirare l’assegno della pensione. Tutti al Burg ritirano la pensione lo stesso giorno. Ed è stato ieri, solo che ieri DeChooch era impegnato a distruggere la macchina. Così mi sono detta che probabilmente aspettava che si facesse buio e che sarebbe passato oggi a ritirare l’assegno. E come volevasi dimostrare, è esattamente quello che ha fatto.»
«Dov’è adesso?»
«Be’, ora arriva la parte complicata. È andato a casa sua a prendere la posta e quando abbiamo cercato di catturarlo ha tirato fuori una pistola e ci siamo tutti spaventati e siamo corsi via. Il Luna però non è stato abbastanza veloce e ora è nelle mani di Eddie.»
Sbattei ripetutamente la testa sul piano della cucina. Forse mi avrebbe fatto bene continuare a sbatterla così. Tonc, tonc, tonc.
«Avete chiamato la polizia?» le chiesi.
«Non sapevamo se fosse una buona idea, considerato che il Luna potrebbe avere con sé qualche sostanza illegale. Credo che Dougie mi abbia parlato di un certo pacchetto che il Luna tiene dentro la scarpa.»
Perfetto. «Arrivo subito» dissi. «Non fate nulla finché non arrivo.»
Afferrai la borsa, corsi lungo il corridoio e le scale, uscii dall’edificio e saltai in sella alla moto. Frenai con una derapata nel vialetto di accesso di Angela Margucci e guardai in giro per cercare la nonna. Vidi che era insieme a Dougie e si nascondevano dietro una macchina sul lato opposto della strada. Indossavano costumi da supereroi e intorno al collo si erano appuntati un asciugamano da bagno a mo’ di mantella.
«Niente male quegli asciugamani» dissi.
«Lottiamo contro il crimine» disse la nonna.
«Sono ancora dentro?» chiesi.
«Sì. Ho parlato con Choochy dal cellulare di Dougie» disse la nonna. «Ha detto che lascerà andare il Luna solo se gli procuriamo un elicottero e poi un aereo che lo aspetti a Newark per portarlo in Sud America. Mi sa che ha bevuto.»
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