«Era pazza anche quando Louie era ancora vivo» disse Ziggy. «Meglio non farle mai un torto. Ha qualcosa che non va in testa.»
«E dovresti porgere a Ranger i nostri migliori auguri. Speriamo che non abbia niente di grave al braccio.»
«Louie D è stato seppellito con il suo cuore?»
«Ronald l’ha portato immediatamente all’impresario delle pompe funebri, l’hanno messo a posto e poi hanno ricucito tutto come se non fosse successo niente. Poi Ronald ha seguito il carro funebre fino a Trenton per il funerale di oggi.»
«Nessuna traccia di Sophia?»
«C’erano dei fiori sulla tomba, ma non è venuta alla cerimonia.» Scosse la testa. «Un sacco di agenti di polizia in servizio. Un peccato per la privacy.»
«Immagino che tu stia ancora cercando Choochy» disse Benny. «Dovresti stare attenta con lui. È un po’…» Benny fece un movimento circolare con l’indice sulla testa, a significare una rotella fuori posto. «Non come Sophia, però. Chooch è una brava persona in fondo.»
«Colpa dell’ictus e dello stress» disse Ziggy. «Lo stress non va sottovalutato. Se hai bisogno di aiuto con Choochy dovresti chiamarci. Magari potremmo fare qualcosa.»
Benny annuì. Dovevo chiamarli.
«Mi piacciono i capelli» disse Ziggy. «Ti sei fatta la permanente, vero?»
Si alzarono e Benny mi diede una scatola. «Ti ho portato del croccante. Estelle l’ha portato dalla Virginia.»
«Qui da noi non si trova croccante buono come quello che hanno in Virginia» disse Ziggy.
Li ringraziai per il croccante e chiusi la porta alle loro spalle. Lasciai passare cinque minuti in modo che si allontanassero dall’edificio, poi presi la giacca di pelle nera, la borsa e dopo aver chiuso tutto me ne andai.
Mia madre guardò dietro di me quando venne ad aprire la porta. «Dov’è Joe? Dov’è la tua macchina?»
«L’ho scambiata con la moto.»
«La moto sul marciapiede?»
Feci sì con la testa.
«Sembra una di quelle che usano gli Hell’s Angels.»
«È una Harley.»
Fu allora che se ne accorse. Dei capelli. Spalancò gli occhi e rimase a bocca aperta. «I capelli» sussurrò.
«Ho pensato di provare qualcosa di nuovo.»
«Mio Dio, assomigli a…»
«Madonna?»
«Art Garfunkel.»
Lasciai casco, giacca e borsa nel guardaroba dell’ingresso e presi il mio posto a tavola.
«Sei arrivata giusto in tempo» disse la nonna. «Perdiana! Guardate che roba. Assomigli a quel cantante.»
«Lo so» replicai. « Lo so. »
«Dov’è Joseph?» chiese mia madre. «Credevo venisse a cena.»
«Abbiamo… rotto.»
Tutti smisero di mangiare, eccetto mio padre. Anzi, ne approfittò per servirsi un’altra porzione di patate.
«È impossibile» disse mia madre. «Hai un abito da sposa.»
«L’ho disdetto.»
«Joseph lo sa?»
«Sì.» Cercai di comportarmi con nonchalance, concentrata sul piatto, e chiesi a mia sorella di passarmi i fagiolini. Posso farcela, mi dissi. Sono bionda. Posso fare qualsiasi cosa.
«Sono i capelli, vero?» chiese mia madre. «Ha annullato il matrimonio per colpa dei capelli.»
«Sono stata io ad annullare il matrimonio. E non mi va di parlarne.»
Suonò il campanello e Valerie fece un salto. «È per me. Ho un appuntamento.»
«Un appuntamento!» disse mia madre. «È meraviglioso. Sei qui da così poco e hai già un appuntamento.»
Mentalmente alzai gli occhi al cielo. Mia sorella è un’incapace. Ecco cosa succede a fare sempre la brava ragazza. Non si impara mai l’importanza della menzogna e dell’inganno. Non ho mai portato a casa i ragazzi con cui uscivo. Ci si incontra ai centri commerciali così eviti di far venire un infarto ai tuoi quando il ragazzo di turno si presenta con tatuaggi e piercing sulla lingua. O, nel caso specifico, è una lesbica.
«Questa è Janeane» disse Valerie, presentandoci una donna di bassa statura con i capelli scuri. «Ci siamo conosciute quando sono andata a fare il colloquio in banca. Non ho avuto il lavoro ma Janeane mi ha chiesto se volevamo uscire insieme.»
«È una donna» disse mia madre.
«Sì, siamo lesbiche» disse Valerie.
Mia madre perse i sensi. Bum. Stesa sul pavimento.
Tutti si alzarono di scatto per correre da mia madre.
Aprì gli occhi ma non mosse neanche un muscolo per almeno trenta secondi. Poi urlò: «Una lesbica! Madre di Dio. Frank, tua figlia è lesbica!».
Mio padre guardò Valerie di traverso. «Quella che porti è la mia cravatta?»
«Hai un gran bel coraggio» disse mia madre, ancora supina a terra. «Tutti questi anni, in cui sei stata normale e con un marito, hai abitato in California. E adesso che sei qui diventi lesbica. Non basta che tua sorella vada in giro a sparare alle persone? Che razza di famiglia è questa?»
«Non sparo mai a nessuno» dissi.
«Scommetto che ci sono un sacco di lati positivi nell’essere lesbiche» disse la nonna. «Se sposi una lesbica non devi mai preoccuparti che qualcuno lasci alzato il sedile del cesso.»
Prendendola sottobraccio, io da una parte e Valerie dall’altra, aiutammo la mamma a rialzarsi.
«Ecco fatto» disse Valerie, tutta contenta. «Va meglio?»
«Meglio?» fece mia madre. «Meglio?»
«Be’, ora noi andiamo» disse Valerie, indietreggiando verso l’ingresso. «Non aspettatemi alzati. Ho la chiave.»
Mia madre si scusò, andò in cucina e spaccò un altro piatto.
«Non sapevo che spaccasse i piatti così» dissi alla nonna.
«Stasera metto sotto chiave tutti i coltelli, non si sa mai» rispose lei.
Seguii mia madre in cucina e la aiutai a raccogliere i pezzi.
«Mi è scivolato di mano» disse.
«Proprio come pensavo.»
A casa dei miei sembra che non cambi mai niente. La cucina sembra la stessa di quando ero piccola. Le pareti sono state riverniciate e ci sono delle tende nuove. Lo scorso anno è stato rinnovato il linoleum. Gli elettrodomestici vengono sostituiti con degli altri man mano che si rompono e non si possono più riparare. Ma le novità finiscono qui. Mia madre cuoce le patate nella stessa casseruola da trentacinque anni. Anche gli odori sono gli stessi. Cavolo, salsa di mele, budino al cioccolato, arrosto di agnello. E anche le abitudini sono le stesse. Come quella di sedersi al tavolo piccolo in cucina per pranzo.
Io e Valerie facevamo i compiti al tavolo della cucina sotto l’occhio vigile di mia madre. Sembra che il tempo si sia fermato. Entro in cucina e mi viene voglia di sandwich tagliati a triangolo proprio come quando ero bambina.
«Non ti stanchi mai della tua vita?» chiesi a mia madre. «Non c’è mai un momento in cui ti andrebbe di fare qualcosa di diverso?»
«Come per esempio saltare in macchina e continuare a guidare finché non arrivo all’Oceano Pacifico? Radere al suolo la cucina? Divorziare da tuo padre e sposare Tom Jones? No, non penso mai a queste cose.» Tolse il coperchio dal piatto del dolce e guardò i suoi pasticcini. Metà al cioccolato con glassa bianca e metà alla vaniglia con glassa al cioccolato. Zuccherini di tutti i colori sulla glassa bianca. Bisbigliò qualcosa che al mio orecchio arrivò come pasticcini del cazzo.
«Come?» chiesi. «Non ho sentito.»
«Non ho detto niente. Vai a sederti.»
«Speravo che potessi accompagnarmi alle pompe funebri questa sera» mi disse la nonna. «C’è la veglia per Rusty Kuharchek da Stiva. Sono andata a scuola con Rusty. Sarà una bella serata.»
Non avevo nient’altro da fare. «Certo, ma dovrai metterti dei pantaloni comodi. Ho la Harley.»
«Una Harley? Da quando hai una Harley?» domandò la nonna.
«Ho avuto un problema con la macchina così Vinnie mi ha prestato una moto.»
«Ti proibisco di portare tua nonna su una motocicletta» disse mia madre. «Cadrà e si ammazzerà.»
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