«Non so neanche se voglio dei figli.»
«Cristo» disse Morelli. «Non dirlo mai a mia madre o a mia nonna. Ti faranno firmare un contratto.»
«Davvero non vuoi darmi l’indirizzo?»
«No.»
«Me lo procurerò in qualche altro modo.»
«Bene» disse Morelli. «Non voglio entrarci in questa faccenda.»
«Lo dirai a Tom Bell, vero?»
«Sì. Devi lasciar fare alla polizia.»
«Vuoi la guerra.»
«Oh cavolo» disse. «Di nuovo in guerra.»
Chiusi la telefonata con Morelli e mi feci dare l’indirizzo da Mary Maggie. Ora avevo un problema. Non avevo nessuno che venisse con me. Era sabato sera e Lula aveva un appuntamento con un uomo. Ranger sarebbe venuto, ma non volevo disturbarlo a così poca distanza dalla sparatoria. E poi c’era sempre un prezzo da pagare. Mi vennero le palpitazioni solo a pensarci. Quando gli stavo vicino e gli ormoni cominciavano a lavorare lo desideravo da impazzire. Quando eravamo distanti, la possibilità di andare a letto con Ranger mi spaventava a morte.
Se avessi aspettato fino a domani sarei rimasta un passo indietro rispetto alla polizia. Rimaneva una sola persona, ma il pensiero di lavorare a un caso insieme a lui mi faceva venire i sudori freddi. Quella persona era Vinnie. Quando aveva aperto l’agenzia aveva effettuato le catture tutte da solo. Con il passare del tempo, l’attività era cresciuta e così aveva assunto altro personale e lui aveva cominciato ad occuparsi dell’amministrazione. Ogni tanto fa anche lui una cattura, ma non è quello che preferisce. Vinnie è un bravo garante, ma gira voce che come cacciatore di taglie non sia la persona più corretta del mondo.
Guardai l’orologio. Dovevo prendere una decisione. Non volevo rimandare troppo e dover tirare Vinnie giù dal letto.
Feci un bel respiro e composi il numero.
«Ho una pista su DeChooch» dissi a Vinnie. «Vorrei verificarla ma non ho nessuno che mi faccia da appoggio.»
«Ci vediamo in ufficio tra mezz’ora.»
Parcheggiai la moto sul retro, vicino alla Cadillac blu notte di Vinnie. Dentro, le luci erano accese e la porta sul retro era aperta. Vinnie si stava fissando una pistola alla gamba quando entrai. Come si addice a un buon cacciatore di taglie era vestito di nero, con tanto di giubbotto in kevlar. Io, d’altro canto, avevo un paio di jeans, una T-shirt verde oliva con una vecchia camicia di flanella blu navy indossata a mo’ di giacca. La pistola era a casa, nel barattolo dei biscotti. Speravo che Vinnie non mi chiedesse della pistola. La odio, quella pistola.
Mi lanciò un giubbotto e me lo infilai.
«Giuro che non capisco come tu riesca a portare a termine le tue catture» disse Vinnie guardandomi.
«Questione di fortuna» gli risposi.
Gli diedi l’indirizzo e lo seguii in macchina. Non avevo mai lavorato con Vinnie prima e provai una strana sensazione. Il nostro rapporto è sempre stato antagonistico. Sappiamo troppe cose l’uno dell’altra per essere amici. E sappiamo anche che, all’occorrenza, saremmo entrambi tanto spietati da usare ciò di cui siamo a conoscenza per nuocere all’altro. Okay, la verità è che non sono così spietata. Ma so come fare una minaccia efficace. Forse lo stesso vale per Vinnie.
L’abitazione di Soba si trovava in un quartiere che risaliva probabilmente agli anni Settanta. Ampi spazi e alberi alti. Le case erano classiche costruzioni con ingresso su due livelli, garage per due macchine e giardini sul retro ben recintati per tenere alla larga cani e bambini.
In gran parte delle case le luci erano accese, e immaginai gli adulti che dormivano davanti alle TV mentre i bambini erano nelle loro camere a fare i compiti o a navigare in Internet.
Vinnie rimase col motore acceso davanti a casa di Soba.
«Sei sicura che sia questo il posto?» mi chiese.
«Mary Maggie ha detto che ci è venuta per una festa e che corrispondeva alla descrizione che ha fornito la nonna.»
«Oh cavolo» disse Vinnie «sto per fare irruzione in una casa su indicazione di una lottatrice di wrestling. E neanche una casa qualsiasi. La casa di Pinwheel Soba.» Fece un altro mezzo giro dell’isolato e parcheggiò. Scendemmo dalla macchina e tornammo a piedi verso la casa. Rimanemmo un momento sul marciapiede a guardare le case vicine, in ascolto di eventuali rumori che potessero indicare la presenza di qualcuno all’esterno.
«Le finestrelle del piano inferiore hanno le persiane nere» dissi a Vinnie. «Sono serrate proprio come le ha descritte la nonna.»
«Okay. Ora entriamo e queste sono le possibilità. Potremmo aver sbagliato edificio, nel qual caso siamo nei guai per aver spaventato a morte qualche povera famiglia innocente. Oppure abbiamo la casa giusta e quel pazzo di DeChooch ci spara.»
«Grazie per avermelo fatto presente. Mi sento molto meglio ora.»
«Hai un piano?» domandò Vinnie.
«Sì. Che ne dici se tu vai a suonare il campanello e a vedere se c’è qualcuno in casa? Io ti aspetto qui e ti faccio da appoggio.»
«Ho un’idea migliore. Perché non ti pieghi e ti faccio vedere io il mio piano.»
«Non ci sono luci accese in casa» dissi. «Credo che non ci sia nessuno.»
«Magari stanno dormendo.»
«Magari sono morti.»
«Quella sì che sarebbe una bella cosa» disse Vinnie. «I morti non sparano.»
Mi incamminai sul prato. «Vediamo se ci sono luci accese sul retro.»
«Ricordami di non pagare più garanzie per gente anziana. Sono inaffidabili. Non ragionano normalmente. Basta che si dimentichino di prendere un paio di pasticche e te li ritrovi che nascondono cadaveri nel capanno degli attrezzi e rapiscono vecchie signore.»
«Niente luci accese anche sul retro» dissi. «Che facciamo? Come te la cavi con le violazioni di domicilio con scasso?»
Vinnie tirò fuori dalla tasca due paia di guanti di gomma usa e getta e ce li infilammo.
«Ho una discreta esperienza in materia» disse. Andò alla porta sul retro e provò a tirare la maniglia. Chiusa a chiave. Si girò per guardarmi e mi sorrise. «Un gioco da ragazzi.»
«Sei capace di manomettere la serratura?»
«No, ma posso infilare la mano nel buco dove prima c’era un pannello di vetro.»
Mi avvicinai a Vinnie. Aveva ragione: uno dei vetri sulla porta era stato rimosso.
«Forse DeChooch aveva perso la chiave» disse Vinnie.
Già. Come se ne avesse mai avuta una. Buona idea quella di usare la casa libera di Soba.
Vinnie girò il pomello della porta dall’interno e la aprì. «Inizia lo spettacolo» disse sottovoce.
Avevo in mano la torcia e il cuore mi batteva più veloce del solito. Non ancora all’impazzata, ma andava decisamente a un bel ritmo.
Perlustrammo velocemente il piano superiore facendo luce con la torcia più piccola e decidemmo che DeChooch non era passato di lì. La cucina non sembrava essere stata usata, il frigorifero era spento ed era stato lasciato aperto. Le camere da letto, il soggiorno e la sala da pranzo erano in perfetto ordine, ogni cuscino al suo posto, i vasi di cristallo sui tavoli in attesa di raccogliere mazzi di fiori. Pinwheel Soba non si faceva mancare proprio nulla.
Considerate le persiane ben chiuse all’esterno e le pesanti tende all’interno decidemmo di accendere le luci al piano di sotto. Era esattamente come l’avevano descritto la nonna e Maggie. Sembrava di essere a casa di Tarzan. Mobili tappezzati con tessuti leopardati e zebrati. E poi, tanto per confondere le cose, carta da parati con raffigurati uccelli che vivono solo in America meridionale e centrale.
Il frigorifero era spento e vuoto, ma dentro era ancora fresco. I pensili erano vuoti. I cassetti anche. La spugna nello scolapiatti era ancora umida.
«Ci è sfuggito per poco» disse Vinnie. «Se ne è andato e direi che non ha intenzione di tornare.»
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