Janet Evanovich - Colpo al cuore

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Colpo al cuore: краткое содержание, описание и аннотация

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Questa volta, il compito della cacciatrice di taglie Stephanie Plum non sembrerebbe dei più difficili: deve rintracciare un anziano concittadino di Trenton, nel New Jersey, Eddie DeChooch. Nonostante la cataratta e l’età avanzata, Eddie — che è accusato di contrabbando di sigarette e non si è presentato in tribunale — continua a sfuggire ai tentativi di arresto da parte di Stephanie e dei suoi maldestri aiutanti, Dougie e Luna. In più, nel suo giardino è stato trovato il cadavere di un’anziana vedova. Dopo un crescendo di inseguimenti, rivelazioni, agguati, rapimenti e risate, Stephanie Plum riuscirà a risolvere il caso.

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Ranger mi consegnò le chiavi della Mercedes quando lasciammo l’ospedale. «Non attirare l’attenzione» disse. «Non è il caso che la polizia si avvicini troppo a questa macchina.»

Dougie e il Luna, provvisti di scarpe e vestiti nuovi, si sistemarono nel sedile posteriore, belli puliti e contenti di essere usciti da quella cantina.

Il viaggio di ritorno fu tranquillo. Dougie e il Luna si addormentarono all’istante. Ranger si isolò. Se fossi stata meno stanca avrei potuto approfittare per riflettere sulla mia vita. Ma dovevo concentrarmi sulla strada e sforzarmi di non crollare dal sonno facendo scattare il pilota automatico.

Quando aprii la porta di casa quasi mi aspettavo di trovarmi davanti Benny e Ziggy. Trovai invece una calma totale. Paradisiaca. Mi chiusi la porta alle spalle e stramazzai sul divano.

Mi svegliai tre ore dopo e arrancai in cucina. Lasciai cadere un cracker e un acino d’uva nella gabbietta di Rex e gli chiesi scusa. Non solo ero una stronza che correva dietro a due uomini contemporaneamente, ma ero anche una cattiva madre per il mio criceto.

La segreteria telefonica lampeggiava furiosamente. Gran parte dei messaggi erano di mia madre. Due erano di Morelli. Uno della boutique di Tina che mi diceva che l’abito da sposa era arrivato. E poi c’era un messaggio di Ranger che mi riferiva che Tank aveva lasciato la moto nel parcheggio sotto casa e che dovevo stare attenta. Sophia e Christina erano ancora in libertà.

L’ultimo messaggio era di Vinnie. «Complimenti, sei riuscita a recuperare tua nonna. Mi dicono che hai recuperato anche il Luna e Dougie. Indovina chi manca? Eddie DeChooch. Te lo ricordi? È lui quello che voglio che recuperi. È lui che mi porterà al fallimento se non trascini quel suo culo decrepito in galera. È vecchio, santo Dio. È cieco. Non ci sente. Non riesce a pisciare da solo. Ma tu non sei capace di prenderlo. Dov’è il problema?»

Porca miseria. Eddie DeChooch. Mi ero effettivamente dimenticata di lui. Era in una casa chissà dove. C’era un garage che dava nel seminterrato. E a giudicare dal numero di stanze di cui la nonna aveva parlato doveva essere una casa piuttosto grande. Non se ne trovavano così nel Burg. E neanche nel quartiere di Ronald. Cos’altro avevo? Zero. Non avevo idea di dove poter trovare Eddie DeChooch. A dire la verità non lo volevo neanche trovare.

Erano le quattro di mattina ed ero esausta. Disinserii la suoneria del telefono, mi trascinai in camera, scivolai sotto le coperte e non mi svegliai fino alle due del pomeriggio.

Avevo la cassetta di un film nel videoregistratore e una ciotola di popcorn sulle ginocchia quando il cercapersone suonò.

«Dove sei?» chiese Vinnie. «Ti ho chiamato a casa ma non ha risposto nessuno.»

«Ho disinserito la suoneria del telefono. Ho bisogno di una giornata di ferie.»

«Le tue ferie sono finite. Ho appena intercettato una chiamata dall’antenna radar» disse Vinnie. «Un treno merci in uscita da Philly è andato a sbattere contro una Cadillac bianca al passaggio a livello di Deeter Street. È successo solo pochi minuti fa. Pare che la macchina sia ridotta malissimo, una pacchia per gli sfasciacarrozze. Voglio che tu vada là immediatamente. Con un po’ di fortuna ci sarà rimasto qualcosa del fu Eddie DeChooch che possiamo utilizzare per l’identificazione.»

Guardai l’orologio della cucina. Erano quasi le sette. Ventiquattro ore prima ero a Richmond, mi preparavo per tornare a casa. Era come un brutto sogno. Difficile da credere.

Presi la borsa e le chiavi della moto e mi infilai in bocca quel che rimaneva di un panino. DeChooch non era il mio uomo preferito ma l’idea che fosse stato investito da un treno non mi rendeva felice. Però la mia vita ne avrebbe sicuramente guadagnato. Alzai gli occhi al cielo mentre attraversavo controvoglia l’ingresso. Sarei andata dritta all’inferno per aver pensato una cosa del genere.

Impiegai venti minuti per arrivare a Deeter Street. Gran parte dell’area era bloccata dalle auto della polizia e dai veicoli del pronto soccorso. Parcheggiai a tre isolati di distanza e poi continuai a piedi. Quando mi avvicinai, la polizia stava disponendo il nastro per delimitare l’area sotto inchiesta. Non tanto per preservare il luogo dell’incidente, quanto per tenere alla larga i curiosi. Scrutai tra la folla per vedere se c’era qualcuno che conoscevo, qualcuno che potesse farmi passare. Individuai Carl Costanza insieme a diversi piedipiatti in uniforme. Erano stati convocati sul luogo e ora si trovavano davanti ai curiosi, a guardare il disastro scuotendo la testa. Con loro c’era anche il comandante Joe Juniak.

Mi feci strada a suon di spintoni e arrivai a Carl e Juniak, cercando di non guardare troppo l’auto maciullata perché non mi andava di vedere parti del corpo mozzate e sparse dappertutto.

«Ehi» fece Carl quando mi vide. «Ti stavo aspettando. È una Cadillac bianca. O almeno lo era.»

«È stata identificata?»

«No. Non si riesce a leggere la targa.»

«C’era qualcuno dentro?»

«Chi può dirlo? La macchina è alta una sessantina di centimetri. È volata via e si è accartocciata. I vigili del fuoco la stanno passando agli infrarossi per rilevare eventuale calore corporeo.»

Fui percorsa da un brivido involontario. « Brrr. »

«Già. Ti capisco. Sono arrivato sulla scena per secondo. Ho visto la Cadillac e mi si sono ritirate le palle.»

Da dove mi trovavo non riuscivo a vedere granché della macchina. E la cosa non mi dispiaceva ora che sapevo quanto era distrutta. Era stata colpita da un treno merci e il treno non sembrava aver subito alcun danno. Da quel che riuscivo a vedere non c’era stato nessun deragliamento.

«Qualcuno ha chiamato Mary Maggie Mason?» chiesi. «Se questa è la macchina che guidava Eddie DeChooch, la proprietaria è Mary Maggie.»

«Dubito che qualcuno l’abbia chiamata» disse Costanza. «Non credo che siamo così organizzati.»

Da qualche parte tra le mie cose dovevo avere l’indirizzo e il numero di telefono di Mary Maggie. Frugai nella borsa tra spiccioli, carte di chewing gum, mentine, limetta per le unghie e tutte le altre cianfrusaglie che si raccolgono nel fondo. Alla fine trovai quello che cercavo.

Mary Maggie rispose al secondo squillo.

«Sono Stephanie Plum» le dissi. «Hai riavuto la macchina?»

«No.»

«C’è stato un incidente ferroviario ed è rimasta coinvolta una Cadillac bianca. Pensavo che magari potresti venire qui e vedere se riesci a identificarla.»

«Ci sono feriti?»

«Troppo presto per dirlo. Al momento stanno lavorando sul rottame.»

Le diedi indicazioni sul luogo e le dissi che l’avrei aspettata.

«A quanto pare tu e Mary Maggie siete colleghe» disse Costanza. «Mi dicono che vi rotolate nel fango insieme.»

«Già» risposi «sto pensando di dare una svolta alla mia carriera professionale.»

«Ti consiglio di ripensarci. Pare che lo Snake Pit sia sul punto di chiudere. Gira voce che i suoi conti siano in rosso da due anni.»

«È impossibile. Era pieno zeppo di gente.»

«I posti come quello fanno soldi con la vendita di alcolici e la gente non beve abbastanza. Vanno, pagano l’ingresso e finisce lì. Sanno che se bevono troppo possono essere segnalati e magari vedersi ritirata la patente. Ecco perché Pinwheel Soba si è tirato fuori. Ha aperto un’attività a South Beach dove ha sempre un sacco di gente. A Dave Vincent non importa. Per lui si trattava solo di una buffonata. I soldi gli vengono da attività di cui è meglio non sapere.»

«E così Eddie DeChooch non sta ricavando niente dal suo investimento?»

«Non lo so. Questa gente frega il fisco, ma la mia impressione è che DeChooch non ci ricavi molto.»

Tom Bell era l’investigatore incaricato del caso Loretta Ricci e, a quanto sembrava, gli avevano affidato anche questo. Era uno degli sbirri in borghese che si agitavano intorno all’auto e al locomotore. Si girò e venne verso di noi.

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