Finimmo quasi tutta la pizza. Non mi andava, persino l'odore, grasso e penetrante, era troppo per me, ma la messinscena aveva messo Damien sempre più in agitazione. Alla fine accettò uno spicchio e se ne stette lì tapino a mordicchiare i pezzetti d'ananas, voltando la testa da Cassie a me e di nuovo a lei, come se stesse seguendo una partita di tennis troppo da vicino. Rivolsi un pensiero a Sam: era improbabile che salame piccante e mozzarella doppia potessero destabilizzare allo stesso modo anche Mark.
Mi vibrò il cellulare nella tasca. Controllai il display: Sophie. Uscii nel corridoio. Dietro di me, Cassie dichiarò: «Il detective Ryan lascia la stanza dell'interrogatorio».
«Ciao, Sophie» dissi.
«Ehi… un aggiornamento: nessun segno di scasso sulla serratura. Non è stata forzata. E la cazzuola è effettivamente lo strumento dello stupro. Sembra che sia stata lavata, ma ci sono tracce di sangue nelle crepe del manico. C'è anche un bel po' di sangue su una delle incerate. Stiamo ancora controllando i guanti e i sacchetti di plastica, ma mi sa che a ottant'anni saremo ancora qui. Sotto le incerate abbiamo trovato una torcia. È piena di impronte, ma sono tutte piccole e la torcia ha dei disegni di Hello Kitty, quindi immagino che appartenesse alla vittima, e che sia lo stesso per le impronte. Da voi come va?»
«Stiamo ancora lavorando su Hanly e Donnelly. Callaghan e Hunt sono fuori.»
«E me lo dici adesso? Cristo santo, Rob, abbiamo perso un sacco di tempo a esaminare l'auto di Hunt. Niente, ovviamente. E non ci sono tracce di sangue neppure nella macchina di Hanly. Milioni di capelli, fibre… Se anche ha trasportato la vittima di certo non si è dato la pena di ripulire e quindi può anche darsi che salti fuori qualcosa. In verità dubito che abbia mai pulito la macchina in generale. Se mai dovesse trovarsi a corto di siti archeologici, potrebbe sempre dedicarsi a esplorare sotto i suoi sedili anteriori.»
Mi richiusi la porta alle spalle, dissi rivolto alla telecamera: «Il detective Ryan rientra nella stanza dell'interrogatorio» e mi misi a sgomberare gli avanzi della pizza. «Era la Scientifica» comunicai a Cassie. «Hanno confermato che le prove corrispondono esattamente a quello che ci aspettavamo. Damien, ne vuoi ancora di questa?» chiesi, rimettendo nella scatola per buttarla la fetta di pizza senza ananas prima ancora che potesse rispondere.
«Ottimo» commentò Cassie, prendendo un tovagliolo di carta e dando una rapida pulita al tavolo. «Damien, hai bisogno di qualcosa prima che ci rimettiamo al lavoro?»
Damien la fissò, come per capire, poi scosse la testa.
«Bene» dissi, spingendo in un angolo il cartone della pizza e prendendo una sedia. «Cominciamo con il metterti al corrente di alcune delle cose che abbiamo scoperto oggi. Hai idea del perché vi abbiamo portato qui, voi quattro?»
«Per quella ragazzina» rispose lui, debolmente. «Katy Devlin.»
«Be', sì, certo. Ma ti sei chiesto perché abbiamo convocato solo voi quattro? E non il resto della squadra?»
«Avete detto…» Damien fece un gesto verso Cassie con la lattina di 7-Up. La teneva con tutte e due le mani, come se temesse che potessi togliergli anche quella. «Avete chiesto delle chiavi. Chi aveva le chiavi delle baracche.»
«Tombola» disse Cassie, annuendo convinta. «Ben detto.»
«Avete…?» Inghiottì. «Avete… trovato qualcosa in una delle baracche?»
«Proprio così» dissi. «In realtà abbiamo trovato qualcosa in due baracche, ma ci sei andato vicino. Non posso entrare nel dettaglio, naturalmente, ma il succo è questo: abbiamo le prove che Katy è stata uccisa nella baracca dei reperti la notte di lunedì e che il cadavere è rimasto nascosto in quella degli attrezzi per tutta la giornata di martedì. Nessuna delle serrature è stata forzata. Cosa significa secondo te?»
«Che ne so» disse Damien, dopo una pausa.
«Significa che cerchiamo qualcuno che aveva le chiavi. Ovvero Mark, il dottor Hunt e tu. E Hunt ha un alibi.»
Damien sollevò una mano, come fosse a scuola. «Ma… anch'io. Voglio dire, ho un alibi.»
Ci guardò speranzoso, ma entrambi stavamo scuotendo la testa. «Mi dispiace» disse Cassie. «Tua madre dormiva nelle ore che ci interessano. Non può coprirti. E comunque…» Si strinse nelle spalle e sorrise. «Voglio dire, sono sicura che la tua mamma è sincera ma, di solito, una mamma direbbe qualsiasi cosa pur di tenere il suo bambino fuori dai guai. Che il Signore le benedica per questo, ma significa anche che non possiamo fidarci di loro su una questione di questa gravità.»
«Mark ha lo stesso problema» aggiunsi. «Mel dice che era con lui, ma è la sua ragazza e le fidanzate non sono molto più affidabili delle madri. Un po' di più, ma non tanto. E quindi eccoci ancora qui.»
«E se hai qualcosa da dirci» aggiunse Cassie, incoraggiante, «questo è il momento.»
Silenzio. Bevve un sorso della sua 7-Up e ci guardò, tutto occhi azzurri trasparenti e sconcerto. Scosse la testa.
«Okay» dissi. «D'accordo. Voglio farti vedere una cosa, Damien.» Sfogliai con aria seria il dossier che avevo davanti. Gli occhi di Damien seguivano la mia mano, apprensivi. Tirai fuori una serie di fotografie e gliele misi davanti, a una a una, guardandole prima di appoggiarle, facendolo aspettare un po' ogni volta.
«Katy e le sue sorelle, Natale dell'anno scorso» dissi. Albero di Natale finto addobbato con lucine rosse e verdi. Rosalind nel mezzo, con un vestito di velluto blu. Rivolgeva un sorriso sbarazzino alla macchina fotografica e circondava con le braccia le gemelle. Katy rideva e si indicava la giacca bianca di finto montone che aveva addosso; Jessica, con un sorriso più incerto, quella che aveva lei, simile ma di colore beige, riflesso di uno specchio crudele e inquietante. Inconsciamente, Damien ricambiò il sorriso della foto.
«Katy a un picnic di famiglia, due mesi fa.» Istantanea con prato verde e panini.
«Sembra felice, no?» domandò Cassie, seduta accanto a me. «Stava per partire per la scuola di ballo, stava per cominciare una nuova vita… è bello sapere che era felice prima che…»
Una delle Polaroid della scena del delitto: un'immagine a figura intera di lei rannicchiata sulla pietra cerimoniale. «Katy subito dopo il ritrovamento. Te ne ricordi?» Damien si agitò sulla sedia e, accortosi, si immobilizzò immediatamente.
Un'altra foto della scena del delitto, un primo piano: sangue rappreso sul naso e sulla bocca, un occhio semiaperto. «Ancora Katy, dove l'aveva messa il suo assassino.»
Una foto del cadavere. «Katy, il giorno dopo». Damien smise di respirare. Avevamo scelto la foto più crudele che avevamo: la faccia era ripiegata su se stessa perché fosse visibile il teschio. Una mano guantata teneva un righello di metallo vicino alla frattura sopra l'orecchio. Ciocche di capelli e frammenti di osso.
«Non è facile da guardare, vero?» disse Cassie, quasi parlando tra sé. Passò le dita sulle foto, sul primo piano della scena del delitto, accarezzando la curva della guancia di Katy. Sollevò lo sguardo su Damien.
«Già» mormorò lui.
«Vedi» dissi, appoggiandomi allo schienale della sedia e tamburellando sulla foto del cadavere, «per me solo un pazzo criminale poteva fare una cosa simile a una ragazzina. Un animale senza coscienza che si eccita all'idea di fare del male alla persona più indifesa che riesce a trovare. Ma io sono solo un detective. La mia collega Maddox, invece, è un detective che ha studiato psicologia. Sai cos'è un profiler , Damien?»
Scosse impercettibilmente la testa. Aveva gli occhi ancora inchiodati alle fotografie, ma non dava l'impressione di vederle.
«È una persona che studia quale tipo di individuo può commettere quale crimine e dice alla polizia chi cercare. Il detective Maddox è il nostro profiler e ha una sua teoria sulla persona che ha commesso questo omicidio.»
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