Emilio Salgari - Il figlio del Corsaro Rosso

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Non vi era però alcuna persona; tuttavia la mandola non aveva cessato di suonare.

Una cosa colpí subito il giovane conte. Era la veste di seta guernita di smeraldi, che la marchesa aveva indossata durante la festa, e che era stata gettata su un piccolo divano moresco scintillante di ricami d’oro e d’argento.

Stava per spiccare il salto, quando udí Mendoza chiedere:

– Chi vive?

Una voce, che il conte riconobbe subito, rispose:

– A voi lo domando: che cosa fate qui, bricconi?

– A noi, bricconi! – gridò Martin.

– Il conte di Sant’Iago! – mormorò il figlio del Corsaro Rosso, stringendo i denti.

Non trovandosi che ad un’altezza di quattro metri, l’agile giovane si lasciò cadere dalla pianta. Mendoza e Martin stavano già con le spade in pugno di fronte al capitano degli alabardieri, il quale aveva pure sguainata la sua lama.

– To’! – esclamò il signor di Sant’Iago con voce beffarda. – Il Conte de Miranda che cade dall’alto! Siete andato a far provvista di frutti di bombax? Vi avverto che non sono mangiabili e servono soltanto a fare un pessimo cotone.

– E voi siete venuto qui a fare raccolta di fiori, non è vero? chiese il conte di Ventimiglia, rosso di collera.

– Può anche darsi; ma almeno io li raccolgo in terra, mentre voi cercate i frutti presso le finestre, senza pensare che se vi scivola un piede potreste rimanere zoppo tutta la vita; un vero peccato per un cosí bel giovane!

– Mi pare che voi scherziate – disse il conte di Ventimiglia.

– E se cosí fosse? – chiese il capitano.

– Penso che questo non sarebbe il posto. Lassú le finestre sono illuminate e mi spiacerebbe che ci vedessero.

– La marchesa di Montelimar? – chiese il capitano ironicamente. – Se quella signora può impressionarvi, possiamo cercare altrove un posto dove nessuno venga a disturbarci. Oh, lo conosco questo giardino e so anche dove si trova un bellissimo prato che sembra stato preparato appositamente per incrociare due spade!

– È una sfida che voi mi lanciate?

– Prendetela come volete; a me importa poco.

– Dov’è quel prato? – chiese il conte di Ventimiglia con ira…

– Fretta di morire?

– Sono ancora vivo, signor di Sant’Iago; e se la vostra mano è lesta, la mia lo è altrettanto.

– Cosí l’accordo sarà perfetto – rispose il capitano sempre ironico. – Vi avverto però che io la scorsa settimana spacciai un rivale che mi dava noia.

– Me lo avete già detto, e ciò non produce su di me alcun effetto. Ho battuto piú d’un capitano, ed erano spagnuoli come voi!

– Che cosa avete detto? – chiese il conte.

Il figlio del Corsaro Rosso si morse le labbra, irato di essersi lasciato sfuggire quelle parole.

– Signor conte, – disse il capitano – volete seguirmi fino a quel prato? Là potremo discorrere tranquillamente e anche divertirci.

– Eccomi! – disse il figlio del Corsaro Rosso.

– E quegli uomini? – chiese il signor di Sant’Iago, indicando Mendoza e Martin. – Non daranno qualche impiccio, se non a voi, almeno a me?

– Qualunque cosa debba succedere, questi miei marinai non daranno fastidio a nessuno; vi do la mia parola d’onore.

– Mi basta: venite, signori. Forse serviranno a qualche cosa – aggiunse poi col suo solito accento beffardo.

Il capitano si cacciò sotto un boschetto di palme, lo attraversò sempre seguito dal Corsaro e dai due marinai, e sbucò in una piccola prateria coperta da un’erba piuttosto folta e circondata da ogni parte da splendidi palmizi.

– Ecco un bel posto per parlare liberamente – disse volgendosi verso il conte di Ventimiglia.

– E anche per uccidersi senza che nessuno intervenga, non è vero, capitano? – chiese il figlio del Corsaro Rosso.

Il conte di Ventimiglia incrociò le braccia e, guardando il conte di Sant’Iago il quale si era esposto ai raggi della luna che allora sorgeva, gli chiese con voce secca:

– Che cosa volete ora? Ditemelo subito, perché ho molta fretta.

– Carrai! Correte molto presto incontro alla morte, voi!

– Caramba! Pare che voi vi siate dimenticato d’una cosa, signor capitano!

– Volete dire?

– Che il quattordici ha vinto il tredici.

– Credete di spaventarmi?

– Niente affatto: mi hanno detto che siete coraggioso.

– Tagliamo corto, conte.

– Che cosa desiderate?

– Darvi un buon colpo di spada – rispose il capitano, con voce rauca.

– Quando un rivale mi attraversa la via o mi dà ombra, io lo mando a riposare nel cimitero di San Domingo.

– Siete terribile!

– Lo proverete fra poco, se non scapperete.

– Che cosa dite, capitano? Io fuggire dinanzi alla vostra spada? Sono un gentiluomo ed un uomo di guerra, mio caro spaccamonti!

– Rajo de Sol! Mi avete insultato! – urlò il conte di Sant’Iago.

– Pare anche a me.

– Vi ucciderò al primo attacco!

– O al ventesimo?

– Vi burlate di me?

– Cosí pare – rispose il figlio del Corsaro Rosso, snudando la spada e mettendosi rapidamente in guardia.

– Lampi e folgori!

– Folgori e cannonate!

– È troppo, conte de Miranda.

– E la luna è splendida! Ci batteremo magnificamente senza aver bisogno né di torce, né di fanali. Signor capitano degli alabardieri di Granata, vi aspetto.

Il conte di Sant’Iago aveva a sua volta snudato la lunga spada; ma tutto ad un tratto ruppe la guardia, dicendo:

– Vi siete fatto annunciare col titolo di conte de Miranda: lo siete davvero?

– Sono un gentiluomo e vi basti questo.

– Spagnuolo?

– Che io sia o non sia spagnuolo, non vi deve interessare. D’altronde se vorrete sapere il mio nome, lo troverete inciso sulla lama della mia spada… Ed ora basta, capitano: ho fretta.

Entrambi si rimisero in guardia, mentre Mendoza e Martin si erano un po’ scostati, per lasciare ai due rivali la maggiore libertà possibile. Il conte di Ventimiglia volgeva le spalle alla luna che si mostrava maestosa al di sopra delle alte palme del giardino: il capitano invece era interamente illuminato.

Si guardarono l’un l’altro, fissandosi intensamente con ira: poi il capitano, che pareva il piú impaziente, malgrado l’età, fece tre o quattro finte per vedere se l’avversario si smascherava o se tradiva il suo giuoco.

Il giovane capitano della Nuova Castiglia non si mosse. Stava saldo come una rupe, con la spada in linea, lo sguardo attento.

– Carrai! – esclamò l’alabardiere. – Vi giudico già di una buona lama, ma vedremo in seguito se parerete queste botte che sembrano finte.

Il signor di Ventimiglia non rispose. Non doveva essere certamente alle sue prime armi, a giudicare dalla sua calma.

– Sfonderò quel muro d’acciaio e di carne – disse il capitano, il quale perdeva la sua calma. – Ecco una buona stoccata! Paratela!

Era partito a fondo con velocità fulminea, ma il conte con una parata di seconda, altrettanto rapida, aveva scartato la lama del capitano.

– Carrai! Che braccio solido, signor de Miranda. Non mi aspettavo una simile resistenza. Il giuoco però è appena cominciato e la luna non tramonterà prima dell’alba.

Anche questa volta il figlio del Corsaro Rosso non rispose.

Guardava intensamente la punta della spada del capitano che l’astro notturno faceva scintillare sinistramente.

– Non siete cortese, conte – disse il signor di Sant’Iago, rimettendosi in guardia. – Sapete che oggi usa battersi, scambiandosi frasi gentili?

Un colpo di spada, che per poco non lo sorprese, fu la risposta del signor di Ventimiglia, colpo appena parato di terza, con solo un secondo di vantaggio.

– Diavolo! – brontolò il capitano. – Qui non ci vogliono chiacchiere!

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