Emilio Salgari - La crociera della Tuonante
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Il Tedesco fece un cenno affermativo.
«Non ci entrerebbe per caso in questo infame tradimento il marchese d’Halifax?»
«Io afer udito lord Clinton parlare del Marchese.»
«Ah, cane d’un fratello!» urlò il Corsaro, balzando in piedi cogli occhi fiammeggianti e il viso sconvolto da una terribile collera. «Non gli è bastato rubarmi la fidanzata!…Ricorre anche ai tradimenti per farmi morire.»
Girò tre o quattro volte intorno al barile come un vero pazzo, poi fermandosi dinanzi all’Assiano, gli disse:
«Quanto vi hanno dato?»
«Cento sterline.»
«E per una somma così misera voi, furfanti, mandavate in aria duecento uomini!»
«No uomini, patre. Sola nave saltare. Io non afrei lasciato morire amico testa grossa.»
«Sì, tu venivi a prendermi dolcemente per braccio e mi offrivi una scialuppa», disse il Bretone, «e mandavi i miei camerati tutti all’inferno! Ah, mangiator di candele!…»
«Conducete via quest’uomo», gridò il Corsaro.
«Un momento, mio comandante,» disse Testa di Pietra. «Voglio che mastro Hulbrik mi dica se per caso suo fratello Wolf, che mi aiutò ad introdurmi nel castello d’Oxford, si trova imbarcato sulla fregata del Marchese.»
«Sì, patre,», rispose l’Assiano.
«Corpo…»
«Giù campanili, Testa di Pietra,» disse Piccolo Flocco. «Qui ci stanno bene tutti.»
«Avete udito, sir William?», chiese il Bretone al comandante. «Suo fratello è imbarcato sulla fregata. Io conosco quel bravo giovanotto. Eh, non si sa mai!…»
Il Baronetto non gli rispose. Si volse invece al suo secondo e gli disse:
«Signor Howard, staccate una baleniera, recatevi a bordo delle navi americane ed avvertite i comandanti di quanto qui è avvenuto. Dite che visitino attentamente le loro stive e le loro batterie, poiché lord Clinton avrebbe potuto farvi imbarcare di nascosto delle canaglie per distruggere completamente la prima flotta americana.»
«Subito, comandante,» rispose il secondo. «Il vento è debole; avrò tutto il tempo necessario per compiere la mia missione e raggiungervi senza obbligarvi a mettere in panna.»
Il Corsaro rimase qualche istante sul ponte, guardando distrattamente i marinai che stavano calando la grossa baleniera; represse un sospiro e discese nel quadro.
«Tempesta!» disse il Bretone, il quale lo aveva seguito colla coda dell’occhio. «Quella bionda miss finirà col farlo impazzire.»
«E mastro pirra pirra ?» chiese Piccolo Flocco.
«Affare serio! Quel giovanotto non vedrà più la Germania.»
«Che il comandante faccia appiccare anche lui? Dovrebbe ricordarsi che quel povero diavolo ha rischiato più volte, a Boston, di finire in fondo a qualche fossato con sei palle nella schiena invece che nel petto.»
«È vero,» rispose Testa di Pietra, il cui viso si era molto rabbuiato. «Io credo bensì che non finirà forse male per lui… per lui solo, vè! Per gli altri non rispondo. Credo che domani faranno quattro salti sotto il pennone di maestra con un buon laccio al collo… Ah, diavolo! bisognerebbe salvarlo Hulbrik.... Sì, salvarlo! ma come?»
Ad un tratto si battè la fronte così forte, che Piccolo Flocco credette per un momento si fosse sparata una pistolettata.
«E così, mastro?» chiese il gabbiere un po’ spaventato. «Vuoi ammazzarti?»
«Un’idea!…»
Saltata fuori con quel pugno, che avrebbe sfondata la fronte di qualunque altro uomo che non fosse bretone?»
«È un’idea magnifica. Senti: ti ricordi come salvammo il Baronetto proprio mentre gl’Inglesi stavano per appiccarlo?»
«Lo ricordo benissimo. Fu il coltello del carnefice di Boston che gl’impedì di rompersi l’osso del collo.»
«Và a chiamarmi quel brav’uomo e conducilo a prora. Lesto, Piccolo Flocco.»
«Come uno scoiattolo,» rispose il gabbiere.
Il mastro aspirò una buona boccata d’aria marina, diede uno sguardo alle vele ed un altro alla baleniera, che guizzava rapidissima, sotto la battuta di dodici remi, verso le navi americane che s’avanzavano lentamente, essendo il vento debolissimo. Tirò fuori la sua storica pipa, ancora intatta malgrado le tante avventure provate dal suo proprietario, la caricò per bene, e dopo averla accesa, andò a sedersi sul pezzo favorito, il pezzo da caccia prodiero di babordo.
«Forse ho risolto un gran problema,» mormorò, dopo essersi avvolto in una nuvola di fumo. «Il Baronetto salterà, ma bà!… Al vecchio mastro molte cose si perdonano.»
5. Le quattro esecuzioni
Cinque minuti dopo, Piccolo Flocco montava sul castello di prora in compagnia d’un uomo di mezza età, assai barbuto e molto robusto: era il carnefice di Boston che i lettori dei Corsari delle Bermude non avranno dimenticato.
«Mio povero amico,» disse Testa di Pietra al poco simpatico uomo, io vi avevo promesso, arrolandovi fra i marinai della corvetta, di farvi lasciare per sempre tranquilli i vostri lacci più o meno insaponati; ma sono accaduti qui certi fatti che richiedono il vostro aiuto.
«So di che si tratta,» rispose il carnefice con un mesto sorriso.
«Piccolo Flocco mi ha spiegato tutto.»
«Col comandante non v’è da scherzare, e sarete purtroppo costretto a riprendere domani mattina l’antico mestiere.»
«Dite l’infame mestiere.»
«Questo non è il momento di discutere. Nella vostra cassa suppongo che avrete una buona scorta di corde da appiccare.»
«Sette o otto.»
«Bastano quattro. Tre li manderete diritti all’altro mondo a vedere se per caso infuria anche là la guerra a colpi di crani di morti, di stinchi e di costole; ma il quarto lo salverete, sventrando il laccio come faceste quella volta per il signor Mac-Lellan. Che mi rispondete, signor carnefice di Boston?»
«Non mi chiamate più così.»
«Vi chiamerò allora mastro Impicca. Vi va?»
Il carnefice alzò le spalle e sorrise dicendo:
«Farò come volete. Ma se ne accorgerà il comandante?»
«Non ve ne occupate: quando quel povero giovane sarà caduto mezzo strangolato, penserò io a chieder la sua grazia. Diamine!… Quel mangiatore di salsicciotti ha pur fatto qualche cosa per noi durante l’assedio di Boston. Se l’operazione, come spero, riuscirà, vi prometto un pizzico di sterline: la mia paga d’un mese.»
L’uomo barbuto scosse violentemente la testa esclamando:
«Da voi dell’oro? Da voi che foste il primo uomo a stringermi la mano? No, Testa di Pietra; gettatelo piuttosto ai pesci.»
«Ce lo berremo allora in compagnia di Piccolo Flocco. I pesci non hanno mai avuto bisogno di moneta.»
«Siamo intesi,» rispose mastro Impicca. (D’ora innanzi lo chiameremo così anche noi.) Diede una buona stretta di mano a quel mattacchione di Testa di Pietra e discese silenziosamente la scaletta del castello, scomparendo fra le tenebre.
«Uhm!» fece il giovane gabbiere quando furono soli. «T’impegni in una avventura che non si sa come può finire.»
«Se il comandante si accorgerà del tiro, mi faccia fucilare, non impiccare,» rispose il Bretone, riaccendendo la pipa. «Ma io conosco il Baronetto e son sicuro che ci farà una risata… Ecco la baleniera del signor Howard che torna. Che anche sulle navi americane penzolino domani alla brezza dei grappoli umani?»
S’ingannava. Nessun soldato o marinaio tedesco o inglese era stato scovato a bordo della piccola squadra. Lord Clinton, grande amico del marchese d’Halifax, non si era occupato che della Tuonante, per far saltare in pieno Atlantico il terribile Corsaro e tutta la sua ciurma.
«Mastro Impicca non avrà gran lavoro,» disse Testa di Pietra a Piccolo Flocco. «Furfante di Marchese! Era proprio con noi che l’aveva! Ah, se mi cadesse fra le mani… Non hai udito che una grande tempesta, scoppiata nell’Atlantico settentrionale, ha sgominato la flotta di lord Dunmore?»
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