Emilio Salgari - La crociera della Tuonante

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«Patre, questi pricconi folermi appiccare!»

«Patre ero a Boston, ma non qui. Non vi pagherò più salsicciotti affumicati e pirra.»

Testa di Pietra fece ai marinai un gesto imperioso, affinché cessassero di battere quei quattro disgraziati che sembravano più morti che vivi, e in quel momento sir William accompagnato dal suo secondo comparve in coperta.

«C’è una rivolta a bordo?», domandò mettendo le mani sulle due pistole che portava sempre alla cintura.

Poi, accortosi della presenza dei quattro uomini tenuti stretti dai marinai, chiese, facendo un gesto di stupore:

«Che cosa fanno questi Tedeschi a bordo della mia nave? Parla, Testa di Pietra.»

«Per ora ne so meno di voi, comandante. Vi è peraltro fra questi paffuti e rubicondi Teutoni, imbottiti di salsicce e di birra, una nostra vecchia conoscenza.»

«Chi è?»

«Patre!…», gridò in quel momento l’Assiano, tentando di slanciarsi novamente verso il Bretone.

«Ah! l’uomo che tu spogliasti dopo averlo ubriacato con dell’ aguardiante scorpionata», disse il Corsaro ridendo.

«Sì, mio comandante. Erano bei tempi quelli! Ma forse quel bravo mastro Taverna, che pretendeva offrirci delle bottiglie, chiuse cinquant’anni prima…»

«Da suo padre morto ubriaco», disse Piccolo Flocco. «Quell’oste era una gran canaglia».

«Non dir male di mastro Taverna. Senza di lui tu non saresti forse ancora a bordo della corvetta».

«Dunque volete finirla?», disse il Corsaro impazientito. «Che facevano questi Tedeschi a bordo della mia nave? Non avevano certo delle buone intenzioni: è vero, mastro Hulbrik?»

«Permettete, sir , che risponda io prima di loro», disse un carpentiere facendosi innanzi.

«Parla, e fa’ presto.»

«Stavo facendo una riparazione alla quinta tramezzata di prora, quando ho veduto uscire da non so dove questi galantuomini. Ma mi è parso che non fossero lontani dalla Santa Barbara.»

«Per tutti i salsicciotti di mastro Taverna!», esclamò Testa di Pietra. «Volevano mandarci in aria se…»

«Taci, eterno chiacchierone!», disse il Corsaro. «Orsù, mastro Hulbrik, che cosa facevate nella cala della mia corvetta coi vostri compagni?»

«Parla, compare pirra pirra ,» disse il Bretone, il quale non poteva stare zitto nemmeno cinque minuti.

Il povero Assiano si fece smorto, agitò due o tre volte le braccia in alto, come se avesse voluto invocare a sua difesa chi sa quali testimoni, poi balbettò:

«Io afermi imbarcato per tornare a casa. Basta guerra.»

«E ti sei rifugiato sulla mia nave?» chiese il Corsaro.

«Io non afere feduto altre quella notte.»

«Quale notte?»

«Del bombardamento del forte di Moultrie.»

«Ma dove ti trovavi tu?»

«Su pastimento chiamato Bristol.»

«Quello che abbiamo mezzo distrutto a cannonate?»

« Ja , patre.»

«Ah, furfante!», gridò Testa di Pietra balzando avanti e mostrandogli i pugni. «Il mio comandante tuo padre?… Tu non sei, che io sappia, figlio di qualche principe prussiano per potere sperar tanto.»

«E tu, patre?», balbettò il disgraziato.

«Io sono un altro uomo, mio caro pirra pirra ; io non sono un Baronetto…»

«Chetati, vecchio», gridò il Corsaro.

«Se son vecchio, gettatemi in mare», rispose il Bretone. «Corpo di tutte le salsicce di mastro Taverna e di tutti i campanili del mondo intero! Ecco come finiscono i fedeli marinai che hanno esposto tante e tante volte la pelle per salvare il loro comandante e la sua nave!»

«Vecchio mio,» disse sir William con voce raddolcita, «invece di chiacchierar tanto, và un pò a vedere se questi signori hanno preparato qualche miccia presso la Santa Barbara.»

«Corpo…»

«Di pirra pirra !», gridò Piccolo Flocco, slanciandosi dietro al mastro, il quale era accompagnato da parecchi marinai muniti di lanterne. Il timore di poter saltare da un momento all’altro e di vedersi squarciare sotto i piedi la corvetta, aveva impressionato tutti. Perfino il signor Howard era diventato pallido ed aveva guardato intensamente sir William, come per chiedergli se la Tuonante stava per finire i suoi giorni. Ma il Baronetto, sempre calmo, afferrò per un braccio il Tedesco e dopo averlo costretto a sedersi su un cannone, gli disse con voce minacciosa:

«O tu, Hulbrik, confessi tutto, o prima che il sole spunti, penderai all’estremità del contrappappafico. Abbiamo a bordo il carnefice di Boston.... Lo hai conosciuto, mi pare.»

« Ja, ja

«Parla dunque, se ti preme di salvare la pelle.»

«Io folere tornare in Germania. Io aferfelo già detto.»

«Ma la mia nave, mio caro, non va in Europa.»

«A me non importare. Io folere scappare America.»

«E ti sei imbarcato, mi hai detto....»

«Durante pompardamento.»

«Con tre compagni?»

« Ja, ja

«E ti sei nascosto nella sentina o nella Santa Barbara? Canta, amico, canta ancora. Mi hanno detto che le tue tasche sono piene di sterline. Gl’Inglesi non pagano troppo generosamente i mercenari che rapiscono ai piccoli Stati della Germania. Rovesciale e subito!» disse il Corsaro, armando una delle due pistole che portava alla cintura.

L’Assiano, spaventato, si affrettò a obbedire, e tosto una pioggia di monete d’oro, di vera zecca inglese, cadde sulla tolda.

«E voi?», disse il Corsaro minacciando gli altri.

I tre disgraziati titubarono un po’, diventarono lividi, poi si scaricarono anch’essi di quell’oro troppo compromettente.

Proprio in quel momento Testa di Pietra, Piccolo Flocco e due dozzine di marinai sbucarono dal boccaporto di maestra, strepitando come ossessi; e fra tutti i campanili del Bretone, il Baronetto raccolse questa sola parola:

«Una bomba!»

«Silenzio!», comandò il Corsaro. «Qui vi sono dei moribondi che non vedranno domani il sole illuminare l’Atlantico… Testa di Pietra, lascia le tue esclamazioni e parla, lesto.»

«Una bomba, mio comandante.»

«Scoperta dove?»

«Presso la tramezzata della Santa Barbara con una miccia lunga due metri. Corpo di… ci facevano saltare tutti senza nemmeno dirci: guardatevi.»

«Era accesa la miccia?»

«Non ancora.»

«Sta bene: essi pagheranno il loro tradimento.»

Trattenne mastro Hulbrik, stringendogli fortemente un polso fino a fargli scricchiolare fosso, poi fece un segno al signor Howard. Tosto dieci gabbieri si precipitarono sui compagni di mastro pirra pirra , e a suon di pugni li cacciarono nella batteria di babordo, mettendo loro i ferri.

«Ora, mastro Hulbrik,» disse il Corsaro, sedendosi su di un barile che si era trovato quasi fra i piedi, «sciogli la lingua e bada a quello che dici.»

«Patre…» balbettò l’Assiano.

«Lascia andare il patre. Io non sono uomo da commuovermi. Chi vi ha consegnate quelle due bombe e quella miccia?»

Il Tedesco si grattò prima un orecchio, poi l’altro guardando ostinatamente le punte delle sue scarpe.

«Corpo d’un campanile e delle trenta corna di bisonte di mastro Taverna!», gridò Testa di Pietra. «Non vorrai darci a bere che una cannonata, che nessuno ha sparata in questo momento, ti ha fatto diventar sordo. Su, su, snocciola, furfante!… Io ti ho dato birra, salsicciotti e qualche buona sterlina, e tu studiavi il mezzo di mandarmi diritto non so se all’inferno o nel purgatorio, poiché in paradiso non spero di entrare.»

«Patre....»

«Ma che patre d’Egitto!… Su, su, canta, canta! Il comandante vuol saper tutto.»

«Lord Clinton....», rispose finalmente il Tedesco, dopo un lunghissimo sospiro che pareva non dovesse terminar più.

«Per far saltare la mia corvetta?», chiese il Corsaro, a denti stretti.

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