Emilio Salgari - La perla sanguinosa
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«Se ci sbagliano siamo salvi, – mormorò il quartiermastro. – Ancora mezzo minuto e le sue artiglierie diverranno inutili. Palicur… Jody… tenetevi pronti a gettarvi in acqua. Se ci spaccano la scialuppa, ripareremo sulla costa, se saremo ancora tutti vivi.»
Un terzo lampo balenò sulla nave, verso poppa questa volta.
Il quartiermastro si curvò istintivamente e forse con quell’atto salvò la propria vita, poiché un istante dopo una palla passava quasi rasente la scialuppa, perdendosi in mare a brevissima distanza.
«Siamo salvi! – urlò. – A tutto vapore, Jody! Non ci prendono più.»
La scialuppa aveva raggiunto la penisoletta che si protendeva molto avanti sul mare, mettendosi completamente al coperto dai colpi del Nizam . Il quartiermastro la lasciò filare per qualche po’ lungo la costa, poi quando stimò che fosse ormai abbastanza lontana per non aver più da temere le palle di cannone, tornò a lanciarla verso il sud. Avendo un vantaggio di quasi tre nodi all’ora sulla vecchia carcassa, anche mostrandosi non aveva più nulla da temere.
E infatti un quarto proiettile sparatole dal Nizam cadde a più di cento metri dalla poppa.
«Buona notte, signori miei! – gridò Will ironicamente. – Sarà per un’altra volta, se sarete capaci di raggiungerci.»
«Non rinunceranno alla caccia, ve lo assicuro, signor Will, – disse Jody, che guardava con angoscia la provvista di combustibile. – Aspetteranno che abbiamo consumato questo po› di carbone per darci nuovamente addosso.»
«Vi sono dei nascondigli lungo le coste e là potremo fare legna, – disse Palicur. – Le piante resinose abbondano su queste isole.»
«Non dico di no.»
«Quanto la potremo durare con questa velocità?» chiese il quartiermastro.
«Fino a posdomani all’alba, spero. Si potrebbe rallentare un po’ ed economizzare il combustibile.»
«Preferisco che questa velocità non scemi, – rispose Will. – In vent›otto o trenta ore noi potremo raggiungere l›ultima isola del gruppo senza fermarci.»
«Dimenticate una cosa, signor Will.»
«Quale?»
«Che non abbiamo nemmeno un biscotto da porre sotto i denti.»
«In qualche modo provvederemo.»
«E che non possediamo nemmeno una goccia d›acqua, signor Will. Quel furfante ha gettato via anche le noci di cocco.»
«Faremo una punta sulla costa, il più tardi possibile. Mi preme perdere di vista quella nave, prima di tutto.»
«A mezzodì avremo almeno trenta nodi di vantaggio.»
«Aspettiamo il mezzodì dunque.»
Guardò verso il nord; i fanali del Nizam scintillavano ancora sulla fosca linea dell’orizzonte, così piccoli però che non dovevano tardare a scomparire. Il vecchio legno perdeva via ad ogni momento e bruciava inutilmente il suo carbone nelle macchine asmatiche.
«Ora possiamo parlare dei nostri affari, – disse Will, guardando il malabaro che pareva immerso in profondi pensieri. – Nessuno ci minaccia pel momento e la nostra rotta non richiede alcuna vigilanza. Palicur, quale impressione ti ha fatto il cingalese con quelle parole?»
«Io credo d›impazzire, signor Will, – rispose il pescatore di perle. – È mezz’ora che frugo e rifrugo nella mia memoria e che tormento ferocemente il mio cervello per tentare di spiegare quel mistero. Davati! Chi può essere? Eppure questo nome io devo averlo già udito.»
«Da chi?»
«Da Juga.»
«Dalla bocca della tua fidanzata?»
«Sì, signor Will. Sono certo che quel nome lo ha pronunciato. Quando? Non ve lo saprei dire.»
«Spieghiamoci. Prima avevi mai veduto il Guercio?»
«Non mi sembra, signore,» rispose Palicur.
«Pensa bene.»
«Ho pensato molto, signore, e non mi ricordo d’averlo incontrato fuori dal bagno.»
«E come vuoi che conosca Juga? Il fatto è che quell›uomo è un tuo rivale e deve aver amato la fanciulla del tuo cuore.»
«Ecco, signor Will. Mi ricordo che una sera il padre della fanciulla mi parlò di un pescatore di perle, che aveva chiesto la mano di Juga, ma io non seppi mai chi fosse, perché più nessuno me ne parlò.»
«Mi viene ora un sospetto, – disse Will. – Che il Guercio non sia stato estraneo al rapimento commesso dal tiruvamska del monastero di Annarodgburro e che sia stato lui ad additargliela, per vendicarsi del rifiuto avuto.»
«Sono anch›io del vostro parere, signor Will.»
«Ma se era perduta per te lo era pure per lui in tal caso,» disse Jody, che fino allora si era limitato ad ascoltare i suoi compagni.
«Avrebbe potuto riscattarla colla perla sanguinosa , quella maledetta perla che io ho tanto cercato per due mesi di seguito, dopo il rapimento di Juga.»
«La perla sanguinosa ! – esclamò il quartiermastro. – Ecco la seconda volta che io l’odo nominare da te, senza aver potuto ancora sapere di che cosa si tratta.»
«Era la famosa perla che ornava come un terzo occhio la fronte della statua gigantesca di Godama, che trovasi nel monastero di Annarodgburro,» disse Palicur.
«E che c›entra con Juga?»
«Solo colui che può ritrovarla può riscattare una delle fanciulle diventate spose del dio. Se io potessi scoprirla, Juga tornerebbe mia.»
«E dove si trova?»
«In fondo allo stretto di Manaar.»
«Chi ve l’ha gettata?»
«Colui che l›ha rubata; o meglio, non l›ha gettata, perché essa si trova ancora nell›atroce ferita che quel disgraziato si era fatto nella coscia destra.»
«Sì, conosco anch›io quella storia, disse Jody.
«Io invece non capisco affatto, – rispose Will. – Spiegati meglio, Palicur. I fanali del Nizam non sono più visibili, possiamo quindi chiacchierare a nostro bell’agio.»
«Quella storia rimonta a due anni fa, – disse il malabaro. – In occasione d›un pellegrinaggio, un pescatore di perle, uomo astuto e di fegato, si era fisso in capo di togliere la perla che ornava la fronte di Godama e che tutti ammiravano per la sua grossezza e per il suo splendore. L’impresa non era certo facile, eppure quell’uomo, non si sa in qual modo, riuscì a privare il dio di quell’ornamento.
«Se era stato possibile commettere il furto, non era invece facile trafugare il gioiello. Dato l›allarme, tutte le porte del monastero vennero chiuse e tutti i passi che conducevano sulla montagna immediatamente occupati, onde nessun pellegrino potesse allontanarsi senza essere prima rigorosamente perquisito.
«Il ladro riuscì però a condurre a buon fine l›audace furto. Coll›aiuto d›un complice, un vecchio indiano, anche lui pescatore di perle a quanto si suppone, si fece fare una profonda incisione nella coscia destra e nascose dentro l’orribile ferita la perla. Poté quindi lasciare indisturbato Annarodgburro, fingendo di essersi ferito accidentalmente con un colpo di scure; nessuno poteva supporre che portasse la perla sepolta nella sua carne.»
«Era grossa?» chiese il quartiermastro, che s›interessava straordinariamente a quel racconto.
«Quanto una noce, mi hanno detto,» rispose Palicur.
«Quell›uomo doveva soffrire atrocemente con un simile ingombro nella carne.»
«Certo e dovette arruolare dei portatori per farsi condurre alla costa su un palanchino.»
«E non vendette colà la perla?»
«Non ne ebbe il tempo. Il vecchio indiano che gli aveva fatto la ferita, spaventato dagli anatemi lanciati dai tiruvamska contro gli autori del furto, ventiquattr’ore dopo denunciava il pescatore di perle. Questi fu subito inseguito e raggiunto, nel momento in cui stava per prendere il largo su una scialuppa e riparare nel Travancore.»
«Vedendosi perduto, piuttosto che restituire la perla s›inabissò all›estremità settentrionale del banco di Manaar, dopo essersi sparato un colpo di pistola in un orecchio.»
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