Emilio Salgari - La regina dei Caraibi
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«È fatto,» disse.
«Ora si tratta di salire sulla torre per fare il segnale,» disse il Corsaro Nero.»
«La cosa non mi sembra difficile, capitano.»
«Bada di non cadere. Siamo a trentacinque metri dal suolo.»
«Non abbiate timore.»
Salì sul davanzale della finestra e allungò le mani verso l’orlo del tetto, provando dapprima la resistenza delle travi superiori.
L’impresa era quanto mai pericolosa, non essendovi punti di appoggio, però il negro era dotato d’una forza prodigiosa e di tale agilità da sfidare le scimmie. Guardò in alto per evitare l’attrazione pericolosa del vuoto, poi con una spinta si issò sul margine della piattaforma superiore, facendo forza di braccia.
«Ci sei, compare?» chiese Carmaux, che per un momento aveva abbandonato la barricata.
«Sì, compare bianco,» rispose Moko, con un certo tremolìo nella voce.
«Si può accendere il fuoco lassù?»
«Sì, passami la legna.»
«Lo sapevo io che il compare valeva meglio di una scimmia» mormorò Carmaux. «Ecco però una manovra da far venire la febbre anche ad un primo gabbiere.»
Si arrampicò sul davanzale e passò al negro i rottami della scala.
«Fra poco accenderai il falò,» gli disse. «Un fuoco ogni due minuti.»
«Benissimo, compare.»
«Io torno al mio posto.»
Gli assedianti raddoppiavano in quel momento gli sforzi per espugnare la stanza superiore. Già avevano appoggiate per ben due volte delle scale all’orlo della botola, tentando di spingersi fino al parapetto formato dalle casse. Wan Stiller, quantunque solo, fino allora era riuscito a respingerli, tempestando i primi comparsi con tremende sciabolate.
«Vengo, amico!» gridò Carmaux, slanciandosi verso le casse.
«E vengo anch’io,» urlò il Corsaro, con voce tuonante.
Impotente a frenarsi, si era gettato giù dal letto, impugnando le due pistole e tenendo fra le labbra la sua terribile spada. Pareva che in quel momento supremo avesse riacquistato il suo vigore straordinario.
Gli spagnuoli erano già arrivati al margine della botola e sparavano fucilate all’impazzata e vibravano furiose stoccate per allontanare i difensori. Un momento di ritardo e anche l’ultimo rifugio dei filibustieri sarebbe caduto nelle loro mani.
«Avanti, uomini del mare! – urlò il Corsaro, che pareva fosse diventato un leone.
Scaricò le sue due pistole in mezzo agli assedianti, poi, con alcuni colpi di spada bene aggiustati, rovesciò due soldati nella stanza inferiore. Quel colpo audace e, più di tutto, l’improvvisa comparsa del formidabile uomo, salvò gli assediati.
Gli spagnuoli, impotenti a far fronte alle archibugiate che sparavano Wan Stiller e Carmaux, balzarono precipitosamente giù dalle scale salvandosi, per la terza volta, nel corridoio.
«Moko, da’ fuoco alla legna! – gridò il Corsaro.
«E noi buttiamo giù le scale! – disse Carmaux a Wan Stiller. – Credo che per ora quei bricconi ne abbiano abbastanza.
Il Corsaro si era rialzato, pallido come un cencio lavato. Quello sforzo supremo pareva che lo avesse esaurito.
«Yara!» esclamò.
La giovane indiana aveva avuto appena il tempo di riceverlo fra le sue braccia. Il Corsaro vi si era abbandonato mezzo svenuto.
«Mio signore!» esclamò la giovane, con accento spaventato. «Soccorso, signor Carmaux!»
«Mille squali!» gridò il filibustiere accorrendo.
Lo prese fra le braccia e lo portò sul letto, mormorando:
«Fortunatamente gli spagnuoli sono stati respinti a tempo.»
Appena adagiato, il Corsaro Nero aveva subito riaperti gli occhi.
«Morte dell’inferno!» esclamò, facendo un gesto di collera.
Intanto Carmaux si era slanciato verso la finestra.
Un vivo bagliore si espandeva al di sopra della torricella, rompendo le tenebre già calate, con quella rapidità che è propria delle regioni intertropicali.
Carmaux guardò verso la piccola baia, dove si vedevano scintillare i grandi fanali rossi e verdi delle due fregate.
Un razzo azzurro s’alzava in quel momento dietro l’isolotto che celava la Folgore. Salì molto in alto, fendendo le tenebre con fantastica rapidità e scoppiò proprio in mezzo alla baia, lanciando all’intorno una pioggia di scintille d’oro.
«La Folgore risponde!» gridò Carmaux, con voce gioconda. «Moko, rispondi ancora al segnale.»
«Sì, compare bianco,» rispose il negro, dall’alto della torricella.
«Carmaux!» gridò il Corsaro. «Di che colore era il razzo?»
«Azzurro, signore.»
«Con pioggia d’oro, è vero?»
«Sì, capitano.»
«Guarda ancora.»
«Un altro razzo, capitano.»
«Verde?»
«Sì.»
«Allora Morgan sta per venire in nostro aiuto. Ordina a Moko di scendere. Mi pare che gli spagnuoli tornino alla carica.»
«Ora non li temo più,» rispose il bravo filibustiere. «Ehi, compare, lascia il tuo osservatorio e vieni in nostro aiuto.»
Il negro gettò sul fuoco tutta la legna che gli rimaneva, onde la fiamma servisse di guida agli uomini di Morgan, poi aggrappandosi alle travi del margine, si calò con precauzione sul davanzale della finestra. Carmaux fu pronto a dargli una mano, aiutandolo a scendere.
Gli spagnuoli erano tornati nella stanza inferiore, facendo una scarica tremenda contro le casse che formavano il parapetto della botola. Carmaux ed i suoi amici avevano avuto appena il tempo di gettarsi al suolo. Le palle, fischiando sopra le loro teste, andarono a scrostare le pareti, facendo cadere molto calcinaccio perfino sul letto del Corsaro. Subito dopo quella scarica avevano appoggiate due scale, slanciandosi intrepidamente all’assalto.
«Giù le casse!» urlò Carmaux.
Le cinque casse che formavano il parapetto furono rovesciate entro la botola, piombando addosso agli spagnuoli che stavano salendo le due scale.
Un urlo terribile seguì quella caduta. Uomini e scale andarono sottosopra, con un fracasso assordante.
Subito dopo si udirono a breve distanza delle detonazioni e delle grida.
«Avanti, uomini del mare!» aveva gridato una voce. «Il capitano è qui!»
Carmaux e Wan Stiller si erano precipitati verso la finestra.
Nella via, una banda di uomini munita di torce a vento s’avanzava a passo di carica verso la casa di don Ribeira, sparando fucilate in tutte le direzioni, forse coll’idea di terrorizzare la popolazione e di costringerla a starsene tranquilla nelle proprie abitazioni.
Carmaux aveva subito riconosciuto l’uomo che guidava quella banda.
«Il signor Morgan! Capitano, siamo salvi!»
«Lui!» esclamò il Corsaro, facendo uno sforzo per sollevarsi.
Poi aggrottando la fronte, mormorò:
«Quale imprudenza!»
Gli spagnuoli udendo però rimbombare degli spari nelle vie, sospettarono di venire assaliti alle spalle e tutto d’un tratto volsero in fuga precipitosa, salvandosi pel passaggio segreto.
I marinai della Folgore avevano intanto sfondato il portone e salivano le scale di corsa, gridando:
«Capitano! Capitano!»
Carmaux e Wan Stiller si erano lasciati cadere nella stanza inferiore e dopo d’aver appoggiata una scala s’erano slanciati nel corridoio.
Morgan, il luogotenente della Folgore, s’avanzava alla testa di quaranta uomini, scelti fra i più audaci ed i più vigorosi marinai della nave filibustiera.
«Dov’è il capitano?» chiese il luogotenente, che teneva la spada in pugno, credendo di aver dinanzi degli spagnuoli da respingere.
«È sopra, nella torricella, signore,» rispose Carmaux.
«Vivo ancora?»
«Ferito però.»
«Gravemente?»
«No, signore, ma non può reggersi in piedi da solo.»
«Rimanete a guardia della galleria voi,» gridò il luogotenente, volgendosi verso i suoi uomini. «Venti scendano sulla strada e continuino il fuoco contro le case.»
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