Emilio Salgari - La regina dei Caraibi

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Le due navi nemiche, dopo alcune cannonate inefficaci, avevano messe in acqua alcune imbarcazioni le quali si erano dirette verso il fortino. Probabilmente i loro comandanti andavano ad accordarsi colla guarnigione per un nuovo attacco contro la Folgore.

«La faccenda comincia a diventare seria,» mormorò il Corsaro, che le aveva seguite cogli sguardi. «Se riesco a liberarmi di questi soldati che ci tengono prigionieri, preparerò alle due fregate una ben brutta sorpresa. Vedo una grossa barca ancorata presso l’isolotto. Quella servirà magnificamente ai miei progetti. Yara, fanciulla mia, aiutami a tornare a letto.»

«Siete stanco, mio signore?» chiese premurosamente la giovane indiana.

«Sì,» rispose il Corsaro. «Più che le ferite, l’emozione mi ha sfinito.»

Si staccò da sè dalla finestra e appoggiandosi con una mano ad una spalla della fanciulla, tornò a coricarsi, mettendosi però dinanzi le pistole e la spada snudata.

«Ebbene, miei bravi, come va?» chiese a Carmaux ed ai suoi due compagni che erano occupati ad aprire dei buchi nella botola.

«Male, capitano, – rispose Carmaux. – Pare che questi dannati spagnuoli abbiano molta fretta di prenderci.

«Li vedi?»

«Sì, capitano.»

«Sono molti?»

«Una ventina per lo meno.»

In quel momento si udì un colpo così violento che la botola parve si spezzasse.

Carmaux, che stava coricato al suolo, spiando gli spagnuoli da una piccola fessura che aveva aperta nel tavolato, fu pronto ad alzarsi per afferrare l’archibugio.

Nella stanza inferiore si udì una voce imperiosa a gridare:

«Dunque, volete arrendervi sì o no?

Carmaux guardò il Corsaro ridendo.

«Rispondi,» gli disse questi.

«E per quale motivo volete che noi cediamo le armi?»

«Non vedete che siete già presi?»

«Veramente non ce ne siamo ancora accorti, » rispose Carmaux.

«Possiamo farvi saltare in aria.»

«E noi gettarvi addosso il pavimento e schiacciarvi tutti.»

«Vi avverto che vi prenderemo egualmente!» urlò lo spagnuolo.

«E noi vi aspettiamo.»

«E che la vostra Folgore è bloccata.»

«Ha dei cannoni che non sono carichi di bombe di cioccolata.»

«Camerati, sfondiamo la botola!» gridò lo spagnuolo.

«Amici, prepariamoci a buttare il pavimento sulla testa di quei signori,» gridò Carmaux. «Faremo di loro una superba marmellata!»

CAPITOLO VI. L’ARRIVO DEI FILIBUSTIERI

Dopo quello scambio di frasi ironiche e minacciose che dimostravano il buon umore degli assediati e la rabbia impotente degli assedianti, vi fu un breve silenzio che nulla di buono pronosticava. Si capiva che gli spagnuoli si preparavano ad un nuovo e più formidabile attacco per costringere quegli indemoniati filibustieri alla resa. Carmaux ed i suoi compagni, dopo essersi brevemente consigliati col loro capitano, si erano collocati intorno alla botola coi fucili armati, pronti a fare una buona scarica contro gli assalitori. Yara intanto, che s’era affacciata alla finestra, aveva recata la buona nuova che tutto era tranquillo nella piccola Baia di Puerto Limon e che le due fregate non avevano abbandonati i loro ancoraggi per tentare di dare addosso alla Folgore.

«Speriamo,» aveva detto il Corsaro. «Se possiamo resistere ancora cinque ore, forse verremo liberati dagli uomini di Morgan.»

Era appena trascorso un minuto, quando un secondo e più violento colpo risuonò sotto la botola, facendo trabalzare le casse che vi erano state accumulate sopra.

Certo gli assedianti avevano adoperata qualche grossa trave, servendosene come d’un ariete.

«Mille squali!» esclamò Carmaux. «Se la continuano così, manderanno in aria tutto il pavimento. C’è il pericolo di cadere sulla testa degli assedianti.»

Un terzo colpo, che scosse perfino il letto su cui trovavasi il Corsaro, rimbombò rovesciando parte delle casse e facendo saltare una tavola della botola.

«Fuoco là dentro!» gridò il Corsaro, che aveva impugnato le pistole.

Carmaux, Wan Stiller e Moko puntarono i fucili attraverso lo squarcio e fecero una scarica.

Al di sotto si udirono urla di rabbia e di dolore, poi dei passi precipitosi che si allontanavano.

Appena dispersosi il fumo, Carmaux guardò attraverso la spaccatura e vide disteso al suolo, colle gambe e le braccia rattrappite, un giovane soldato. Presso di lui si vedevano altre macchie di sangue, indizio certo che quella scarica aveva fatto qualche altra vittima e ferite altre persone.

Gli assedianti si erano affrettati a sgombrare la stanza rifugiandosi nel corridoio: però non dovevano essere molto lontani poichè si udivano a chiacchierare.

«Eh!… non fidiamoci troppo,» disse Carmaux.

Stava per levarsi, quando una detonazione rimbombò dietro la porta che metteva nel corridoio. Il berretto del filibustiere fu portato via netto.

«Mille diavoli!» esclamò Carmaux, alzandosi sollecitamente. «Pochi centimetri più in basso e quel proiettile mi scoperchiava il cranio.»

«Non sei stato toccato?» gli chiese premurosamente il Corsaro, che aveva udito il sibilo della palla.

«No, capitano,» rispose Carmaux. «Pare che il demonio non voglia cessare dal proteggermi.»

Gli spagnuoli, credendo di aver ucciso quel terribile avversario, si erano affacciati alla porta, tenendosi nascosti dietro i rottami della credenza. Vedendo Wan Stiller ed il negro coi fucili puntati, erano retrocessi, non ignorando l’esattezza di tiro di quei fieri scorridori del mare.

«Alzate quelle casse e disponetele in modo da coprirvi dalle scariche degli spagnuoli. Non mancheranno di far fuoco attraverso lo squarcio.» disse il Corsaro.

«L’idea è buona,» disse Wan Stiller.

«Costruiremo una barricata intorno alla botola.»

Manovrando con prudenza, onde evitare di ricevere qualche palla nel cranio, i tre filibustieri disposero le casse in modo da formare una specie di parapetto tutto intorno all’apertura, poi si sdraiarono al suolo, non perdendo di vista la porta del corridoio.

Gli spagnuoli si erano accampati nel corridoio, certi di far capitolare presto o tardi gli assediati. Forse ignoravano che Yara aveva approvvigionati i suoi amici.

Per tre ore nella torricella regnò una calma completa o quasi, non essendo stata interrotta che da qualche rado colpo di fucile sparato ora dagli assediati ed ora dagli assedianti, però verso le sei gli spagnuoli cominciarono a mostrarsi in buon numero presso la porta del corridoio, decisi, a quanto sembrava, a riprendere le ostilità.

Carmaux ed i suoi compagni, dai loro ripari avevano subito riaperto il fuoco, per tentare di ricacciarli nel corridoio; tuttavia dopo alcune scariche gli spagnuoli, pur perdendo qualche uomo, erano riusciti, con una rapida irruzione, a riconquistare la stanza, celandosi dietro i rottami della credenza e delle tavole.

I filibustieri, impotenti a far fronte alle nutritissime scariche degli avversarii, erano stati costretti ad abbandonare i ripari, riservandosi di tentare un supremo sforzo nel momento dell’assalto.

«La va male,» disse Carmaux. «E non ci manca che un’ora al tramonto!…»

«Prepariamo intanto il falò,» disse il Corsaro. «È piatta la torricella, Yara?»

«Sì, mio signore,» rispose la giovane indiana che si era rifugiata dietro al letto del capitano.

«Mi sembra però che non si possa raggiungere la cima.»

«Per questo non preoccupatevi, capitano,» disse Carmaux. «Moko è più agile d’una scimmia.»

«Che si deve fare?» chiese il negro. «Io sono pronto a tutto.»

«Devi rischiare la pelle, compare sacco di carbone,» disse Carmaux. «Intanto fa’ a pezzi la scala.»

Mentre i due filibustieri sparavano qualche fucilata contro gli spagnuoli per ritardare l’assalto, il negro con pochi e poderosi colpi di scure ruppe la scala, accumulando i rottami presso la finestra.

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