Massimo Azeglio - Ettore Fieramosca - ossia, La disfida di Barletta

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Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta: краткое содержание, описание и аннотация

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Una mattina di buon'ora mi posi in cammino, disposto di cavalcare quel giorno sino a Citerna, e da strada Julia ove stava monsignore, presi per piazza Farnese, drizzandomi verso porta San Giovanni. Sotto il Coliseo mi si fece incontro una truppa di Francesi con bagaglie; e come furon presso, vidi che venivano con una lettiga ove giaceva mal condotto uno de' loro capitani, e dalle fasce che avea attorno alle tempie si capiva che doveva esser ferito nel capo. Mentre scansato il cavallo, m'era soffermato un poco per guardar costui, fui desto da un acuto grido, e, volgendomi a quello vidi Ginevra a cavallo, che dall'altra parte veniva in compagnia con essoloro. Ma oh Dio, quant'era cambiata! Fu un miracolo s'io non caddi in terra: il petto mi scoppiava sotto la corazza: pure avvisando ciò che poteva essere, finsi seguire il mio cammino; poi, voltato il cavallo, senza mai li perder di vista, e pensando al peggio, tenni loro dietro sino all'alloggiamento.

Ben puoi credere ch'io non fui ardito farmi rivedere a monsignore, che mi credeva già lungi di molte miglia, e tanto meno presentarmi a Ginevra, temendo, s'io le parlavo, udir da lei ciò che mai non avrei sofferto ascoltare; e bramoso pure di chiarire la cosa non sapevo che risolvere. Portato dal cavallo che tendeva a ritornare alle stalle di monsignore, mi trovai in Banchi alla chiavica, presso alla bottega di un tal Franciotto, detto dalla Barca, perchè la professione sua era levar le mercanzie da Ostia per portarle a Ripa grande. Era costui mio amicissimo, e fattomisi incontro, scavalcai, e trattolo da parte, gli dissi che per alcuni rispetti m'ero partito da monsignore, e mi conveniva tenermi celato; perch'egli m'offerse una sua casetta che aveva in borgo, e tosto mi vi condusse. Io presi partito di dirgli: che avevo veduto una donzella della quale conoscevo il casato, con certi Francesi; ed avrei voluto sapere com'era quivi capitata, per porgerle ajuto se fosse stato mestieri: ed insegnatogli il luogo ov'era andata a smontare, lo pregai s'ingegnasse parlare con alcuno de' famigli, e farmi trovare in parte, ove, senza scoprirmi, potessi ottenere il mio desiderio. Egli ch'era di sottile ingegno benissimo seppe contentarmi. Verso mezz'ora di notte venne per me, e mi condusse ad un'osteria, ove trovammo un suo giovane che aveva già uccellato uno degli scudieri di quel barone francese, e fattolo bere, l'avea messo in sul raccontare, ed appunto giungemmo quand'era tempo.

Franciotto in poche parole lo condusse a dire ciò che mai non avrei voluto sapere: e sul fatto della donna ci narrò che giungendo essi a Capua, e quei di dentro facendo resistenza grandissima, entrarono a forza, e quasi la terra andò a sacco: che il suo padrone Claudio Grajano d'Asti (così ci disse chiamarsi) entrato con molti soldati in casa il conte di Monreale, che ferito nell'assalto, era stato ivi portato e più non poteva difendersi, giunse alla stanza ove giaceva, e la figlia buttandosi in ginocchio, raccomandava sè e 'l padre. Grajano stava in cagnesco, e piuttosto volto al male; onde il conte alzandosi sul gomito il meglio che potè, gli disse: quanto possiedo al mondo sia vostro, ed abbiate in isposa questa mia figlia; ma sia salva l'onestà sua dalle mani di costoro. E Ginevra tremando per la vita del padre e per sè stessa, non si seppe opporre. Due giorni dipoi il conte morì.

Io mi morsi le mani pensando che se mi fossi trovato colà, forse non cadeva in balìa di questo ribaldo; ma non vi era rimedio. Mi tolsi di quivi, e tutta la notte andai vagando per le strade come forsennato; e più volte fui per finirmi. Per vera virtù di Dio pure mi rattenni. Il dolore, lo struggimento di cuore ch'io provavo era tanto, che le parole non ne saprebbero dire la millesima parte, con certe strette al petto che mi levavan l'anelito, e mi pareva ogni tratto di soffocare: nè potendo sopportar più una vita tanto dolorosa e travagliata formavo i più strani consigli, le più pazze risoluzioni del mondo. Ora divisavo di ammazzare il marito, ora d'incontrar la morte in qualche strano modo, onde mostrare a Ginevra che ero stato condotto a quel passo per amor suo, e mi confortava l'idea del rammarico che n'avrebbe provato; e d'una in un'altra di queste immaginazioni quasi uscivo di cervello. Stato così più giorni, una sera volli tentar la fortuna. Involto nella cappa, ottenebrata la vista, e colla capperuccia che mi scendeva sugli occhi, andai alla porta di lei e bussai. Si fece alla finestra una fante, e domandò chi volevo. – Dite a madonna, risposi, che le vuol parlare uno che vien da Napoli e le porta nuove de' suoi. – Fui messo dentro e lasciato in una saletta terrena con un lumicino che mandava appena un poco d'albore. A me pareva di stare ora presso la porta del paradiso, ora più giù dell'inferno, ed era tanto il contrasto, che mi sentii mancar le ginocchia, e mi convenne lasciarmi andare su una sedia. Aspettai pochi minuti, che a me parvero mill'anni. Quando sentii giù per la scala lo stropiccìo de' piedi e della gonna di Ginevra, quasi mi lasciò affatto ogni virtù vitale. Entrò ella e rimase così un poco discosta guardandomi; ed io, lo crederai? non potei nè parlare, nè muovermi, nè formare una voce: ma appena m'ebbe riconosciuto, gettò un grido, e cadeva in terra svenuta; se non ch'io la raccolsi in braccio, e, slacciandola, m'ingegnai soccorrerla tutto spaventato dall'importanza del caso, e dal timore d'esser quivi trovato: e coll'acqua d'un infrescatojo che era presso, le spruzzavo la fronte. Ma le lagrime bollenti che mi piovevano dagli occhi e le inondavano il volto, furono più possenti e la richiamarono in vita. Io non seppi far altro che prenderle una mano e premervi su le labbra con tal passione, ch'io credetti che l'anima mia passasse in quel punto. Così stemmo un poco: alfine tutta tremante si spiccò da me, e con voce che appena la potevo udire, mi disse: Ettore, se sapessi i miei casi!.. Li so, risposi, li so pur troppo, ed altro non domando, altro non voglio che poterti morir vicino e vederti qualche volta finchè son vivo.

In questa s'udì rumore al piano di sopra, mi corse un gelo per l'ossa, dubitando d'essere scoperto, e che a lei s'accrescessero i guai. Preso commiato cogli atti più che colle parole, sollecitai a levarmi di quivi, ed uscii un poco meno afflitto e sconsolato.

Intanto la ferita del marito non guariva, e molti Francesi, gentiluomini e prelati, ogni giorno lo venivan visitando. Benchè il maraviglioso viso di Ginevra mostrasse l'affanno interno che la travagliava, nondimanco la sua bellezza, con un certo languido pallore, aveva pure un tal che d'appassionato, che non si poteva mirarla e non restarne vinto: e fra quei signori la sua giovinezza, il costume e l'angeliche sembianze ogni dì più destavano maraviglia, nè si potevano saziare di magnificarla e lodarla da per tutto, a tale che la fama ne corse all'orecchio del Valentino. Molto si susurrava allora in Roma sul conto di costui. Il duca di Candia suo fratello era stato morto per le strade la notte, ancora non faceva il mese; e non senza suo carico: ond'egli tosto, deposta la porpora, s'era buttato all'armi del tutto, e si dicevano di lui tante gran cose che non si sapea che pensare. Forte dubitai fin d'allora che la Ginevra fosse vagheggiata da costui: e pur troppo mi toccò udirne fra popoli molte sconce parole, ch'io non poteva raffrenare per rispetto di essa, e consumavo dentro la rabbia per non far atto che palesasse la condizion mia.

Intanto, sotto colore ora d'una, ora d'un'altra cosa, m'era pur venuto fatto d'andarle per casa ad affiatarmi con quel suo marito; e se il vederlo mi dava passione indicibile, soffrivo volentieri ed avrei sofferto ogni gran cosa purchè potessi a quando a quando veder lei, colla quale, dalla prima volta in fuori, non ebbi mai parole d'amore, e già sapevo che sarebbe stato un buttare il fiato, perocchè troppo bene la conoscevo.

Questo Grajano d'Asti era di que' tali che ne vanno dieci per uscio, nè bello nè brutto, nè buono nè cattivo; assai buon soldato bensì, ma che avrebbe servito il Turco se meglio lo avesse pagato. Le sostanze di Ginevra lo facevano ricco assai bene: e tanto valutava lei quanto si valuta un podere, per la rendita e non per altro.

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