Vittorio Bersezio - La plebe, parte II
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Giacomo respinse da sè il libro di conti che aveva dinanzi, e volgendosi di meglio col suo seggiolone verso la moglie, le disse con accento fra premuroso e fra scherzevole:
– Parla, parla pure; ma che sì che indovino. Si tratta di qualche capriccietto di sor Francesco, il quale, non osando manifestarmelo egli stesso, ha incaricato te di venirmene a domandare…
Teresa scosse la testa in segno negativo.
– Oppure di quella pazzerella di Maria, eh?
– Nemmeno. Trattasi di quella povera donna che è venuta adesso.
Il signor Benda s'aspettava così poco questa risposta che la sua fisionomia ne mostrò un alto stupore.
– Ah ah! Paolina vuol dire?
– Appunto.
– Ebbene? che cosa vuoi tu per essa? Ancora del denaro da darle?
Teresa espose la supplicazione della moglie di Andrea e la confortò con tutte quelle ragioni che seppe. Giacomo aveva preso sulla scrivania un tagliacarte e se ne batteva le nocca delle dita, lasciando parlare la donna senza interromperla e senza dar segno alcuno dei suoi sentimenti. Quando Teresa ebbe finito, egli stette ancora alcun poco in silenzio, come se meditasse tuttavia sul partito da adottarsi, poi disse con tono di rincrescimento, ma insieme di irremovibile fermezza:
– Duolmi assai non contentarti, poichè tu mostri desiderar codesto, mia buona Teresa; ma invero non lo posso e non lo debbo. Nelle officine non vi è assolutamente il posto per nessun nuovo operaio, e si presentasse anche il migliore di essi, in questo momento io non potrei accoglierlo se non mandandone via un altro per fargli luogo. Tu non mi vorresti già consigliare nel caso presente che io licenzii un buono e bravo lavoratore che mi serve bene per sostituirlo col tuo protetto, cui siamo già stati obbligati a scacciare tre volte per indisciplina, per mancanza ai suoi doveri, per pessima condotta? Tu mi dirai invece che, trattandosi di fare un atto di carità, si può bene prendere un operaio più del bisognevole; ma io, come uomo di affari, non sono di questo avviso. La carità è una cosa e l'esercizio di un'industria è un'altra. Chi volesse tener questo con tutte le nobili ispirazioni ed esigenze di quella, andrebbe presto in malora ed avrebb'egli bisogno della carità altrui. Un'impresa industriale deve limitarsi a dar pane, soltanto a quelli a cui ha da dar lavoro, e che quindi le sono utili efficacemente. Quest'obbligo di buona amministrazione non è soltanto il mio particolare interesse che me lo dà, ma quello altresì di coloro che mi si sono associati all'impresa, che hanno fiducia in me, nella mia attività, onestà e intelligenza per investire nella nostra impresa i loro capitali o il loro lavoro, ed ai quali io recherei una sottrazione di utili per far loro esercitare inconsciamente un atto di carità. È una cosa tanto da poco, mi dirai: ma io sono assoluto ne' miei principii e non ammetto eccezioni. Se si fa codesto favore per costui, perchè non dovrebbe farsi per tutti gli altri che si trovano nella medesima condizione, finchè ci sia un margine di guadagno da poter impiegare in paghe di operai non necessarii? E ne andiamo fino a quelle assurde teorie che proclamano alcuni matti in Francia, le quali sarebbero la rovina di tutti i capitali, val quanto dire la distruzione della proprietà e di ogni ricchezza privata e pubblica. Ma ti dirò di più, che nel caso concreto, ancorchè ci fosse veramente un posto nei laboratorii, non vorrei darlo a quell'Andrea, il quale non recherebbe fra i miei operai che cattivi consigli, tristi esempi e funeste tendenze… Si è corretto, tu vuoi dirmi. Sarà; voglio crederlo, ma siccome l'ho già sperimentato due volte, preferisco che altri faccia la terza prova… To', dà a quella povera donna questo napoleone d'oro; ma dille che per suo marito non c'è posto nessuno.
All'espressione del volto della signora Teresa, quando tornò nella sua stanza dove l'aspettavano Maria e Paolina, quest'ultima tosto s'accorse che ogni speranza era perduta; ma quando la moglie di Giacomo ebbe manifestata la definitiva sentenza di suo marito, il dolore di Paolina fu tanto, che mandando appena un sospiro, svenne.
Maria e sua madre le furono intorno con ogni argomento atto a farla risensare, e quando la poveretta fu tornata in sè, con ogni fatta buone parole l'assicurarono che esse non l'avrebbero abbandonata, che fino a quando suo marito avrebbe trovato lavoro avrebbero provveduto alla misera famiglia.
Ma intanto l'infelice donna era così debole che a tornare a casa sua tanto lontano, le forze non le bastavano a nissun modo. Maria, coll'assenso della madre, fece attaccare i cavalli alla carrozza per condurvela e volle scortare ella stessa la povera donna recando seco un buon paniere con provvigioni di bocca e d'abiti e di biancherie, cui Bastiano il portinaio, che conosciamo, accompagnando la padroncina, avrebbe portato fin su nella soffitta di quella povera gente.
I bambini piangevano domandando del pane, Andrea non sapeva più quali parole trovare di promessa di minaccia per acchetarli. Le provvigioni recate da Bastiano nel grosso paniere, giunsero opportune come la manna agli Ebrei nel deserto. Andrea, udendo la sentenza del signor Benda che lo escludeva dalle sue officine, pronunziò una brutta bestemmia, e curvando il capo con atto di disperazione, disse cupamente:
– Ah! quando ad un uomo si chiude tutte le vie dell'onesto guadagno, bisogna bene allora, che egli…
Ma Paolina lo interruppe:
– Ne troverai di lavoro, cercandone indefessamente, e intanto la buona signora Maria ha promesso che non ci avrebbe abbandonati.
– No: disse la giovane, a cui la vista di quella miseria stringeva dolorosamente il cuore. Mia madre ed io non vi abbandoneremo.
– La ringrazio: disse il marito di Paolina con accento in cui più della riconoscenza avreste potuto notarvi il dubbio; la ringrazio Lei e la signora sua madre; ma dica pure a suo padre che ha fatto male a non concedermi questa grazia, ha fatto molto male.
Paolina prontamente s'intromise.
– Il signor Benda non ha potuto credere così di subito che tu fossi tornato l'Andrea d'una volta. Quando tu gli avrai provato che così è veramente, egli non ti respingerà più, egli che un tempo ti voleva bene.
– Oh sì, sì: soggiunse Maria: sperate. Intanto Paolina, voi che siete alquanto indisposta, mettetevi a letto ed abbiatevi cura. Vedete come le vostre mani vi tremano ancora!.. Non avete che questo giaciglio per letto?.. Dio buono! Non c'è nemmanco da coprirvi! Manderò qui da Bastiano alcune coperte e lenzuoli; ma intanto coricatevi subito… Scommetto che ci avete la febbre. Non ci è alcun medico che venga a visitarvi?
– No signora: rispose Andrea. Non abbiamo denari da pagarne veruno; e quello della parrocchia, è venuto due o tre volte, e poi ha detto che non c'era nulla da fare e non tornò più.
– Ve ne farò venire uno io: riprese la pietosa giovane; manderò a cercare di quello della nostra famiglia.
Si volse a Bastiano:
– Avete inteso, Bastiano! Adesso ch'io discenda, riconducendomi a casa, farete passare la carrozza innanzi l'abitazione del dottore e salirete su a pregarlo a mio nome di venir qui.
– Sì, signora Maria.
Paolina avrebbe voluto ringraziare ancora per questo nuovo tratto di carità; ma non aveva più la forza di farlo, non aveva più la forza nemmeno di reggersi, onde abbandonatasi del tutto su quello strammazzo presso cui si trovava, giacque lunga e distesa e chiuse gli occhi che pareva di nuovo svenuta. Il marito ne racconciò il corpo sul giaciglio: Maria ordinò a Bastiano che mescesse in un bicchiere un dito di quel vino che avevano recato e lo fece bere a piccoli sorsi alla giacente che ne parve riconfortata; poi, siccome toccandone le guancie e le mani la generosa fanciulla sentì sempre più ghiaccie le carni di quella povera donna, per un moto quasi irriflessivo, ella si tolse il suo scialle di lana caldo e soffice e lo pose accuratamente sopra le membra della povera Paolina.
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