Vittorio Bersezio - La plebe, parte III

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Baldissero sorrise alla poca diplomazia del buon prete, che a dispetto d'ogni convenienza gerarchica faceva passare innanzi nell'ordine della sua rassegna quelle persone che più lo interessavano.

– La ringrazio, stiamo tutti bene: rispose. Edoardo ed Amedeo sono nell'Accademia militare. Ettore e Virginia e mia moglie la li vedrà fra poco, poichè Ella è nostro ospite…

Don Venanzio fece un cenno come per iscusarsi.

– Oh la è cosa intesa… e ne la prego: insistette il marchese. Ma veniamo tosto a quello che è il vero motivo della sua venuta, la buona opera ch'Ella ha bisogno di fare.

– La buona opera la deve far Lei: disse con tutta semplicità Don Venanzio. Si tratta d'un giovane per cui sono già venuto a supplicarla altre volte… parecchi anni sono… e quasi per un motivo identico… un povero trovatello allevato nel mio villaggio.

Il marchese prestò una viva attenzione e parve raccogliersi per iscrutare nella sua memoria.

– Un trovatello allevato nel villaggio? diss'egli con molto interesse: e lo si chiama?

– Maurilio Nulla.

A questo nome il marchese non nascose un certo moto di sorpresa.

– È strana, diss'egli: quell'individuo di cui Ella mi parla, è probabilmente il medesimo del quale stavo adesso occupandomi… Maurilio Nulla: sì, è lo stesso nome; trovatello: è la condizione sua di cui egli si lamenta…

Prese sulla mensola marmorea del camino lo scartafaccio che vi aveva deposto e lo porse al parroco, soggiungendo:

– Conosce Ella la scrittura di quel suo protetto?

– Signor sì.

– Ebbene, guardi se la è questa.

– Appunto.

Il marchese stette un momento sovra pensiero.

– Ella mi disse avermi parlato altre volte di codestui.

– Sì signore: quattro o cinque anni sono.

– Aiuti un poco la mia memoria; mi par bene d'averne un barlume di ricordo, ma non posso afferrare nulla di preciso.

– Questo giovane era stato arrestato sotto l'imputazione d'un delitto del quale io, conoscendolo per bene, lo sapevo assolutamente incapace. Son venuto ad invocare per esso la protezione di V. E., e grazie a questa potè venire scoperta la sua innocenza.

– Ah! ora mi sovvengo del tutto: esclamò il marchese. Uscito di carcere, stato ammalato all'ospedale, quel giovane privo di mezzi mi fu da Lei raccomandato perchè gli trovassi alcun impiego delle sue facoltà, ch'Ella diceva straordinarie, ed alcun guadagno dell'opera sua. In grazia di quel talento ch'Ella mi vantava… in grazia di quello strano suo nome… voglio dire delle circostanze in cui quel tale si trovava, avevo deciso di accoglierlo io stesso come una specie di segretario; ma egli non si presentò mai da me, e parve che cotal condizione troppo non gli sorridesse.

– Fu in causa d'un amico: disse il buon Don Venanzio mortificato, come se egli avesse da scusarsi di una colpa; mentre io supplicava per lui da V. E. un impiego nella sua casa, quell'amico lo allogava altrove, ed egli che nulla sapeva di quanto io stava tentando, accettava senz'altro.

– Sta bene… Mi ricordo che Lei così mi ha detto anche allora… Ma adesso, entrando, signor parroco, mi ha fatto intendere che la veniva a domandarmi per codestui la medesima cosa che mi chiese la prima volta che le toccò di parlarmene. Ella dunque sa che il suo protetto fu arrestato; e ne sa Ella eziandio la cagione?

– Sì, Eccellenza. Vengo adess'adesso dalla casa dove quel giovane abita. Io gli voglio bene, sono io che l'ho educato, posso dire; gli ho insegnato tutto quel poco ch'io so…

Il marchese lo interruppe in gentil guisa con un sorriso leggermente malizioso:

– Mi rallegro con Lei. Tutte le belle teorie politiche e sociali che si contengono in quel manoscritto è dunque Lei che glie le ha ispirate?

Don Venanzio tornò a confondersi in una nuova mortificazione.

– Ah! rispos'egli, io gli ho appena appena mostrato a spiegar l'ali; quando fu in grado di volare, il suo volo era più alto e potente del mio, perchè io potessi accompagnarnelo e dirigerlo ancora…

– Badi che quel giovinotto è tentato dalle ambizioni d'Icaro e corre rischio di fare un dì il capitombolo medesimo.

Il parroco si curvò nelle spalle, chinò la testa ed allargò le mani in una mossa di cordoglio e di rassegnazione:

– Eh lo so bene: disse: ma spero nell'aiuto di Dio che lo salvi… La Provvidenza che gli ha dato tanto ingegno non vorrà che questo torni nocivo o si consumi inutile. In fondo poi alla sua natura, sotto vivaci e frementi passioni che possono volgerlo al male, ci sono delle generosità quasi istintive che sono capaci di miracoli di bene… Dunque io l'amo quel giovane; e forse appunto l'amo tanto più in quanto che vedo i pericoli di perdersi in mezzo a cui cammina, e sarei fiero che Iddio adoperasse la mia pochezza per ricondurlo sulla buona strada, su quella del vero.

Arrossì come persona che si accusa d'un fallo.

– È certo soverchia vanità la mia, soggiunse, ma parecchie volte il Signore, appunto per dimostrare la potenza e l'efficacia della verità, usa de' più deboli strumenti per farla trionfare. Maurilio ha studiato molto, si è istruito assai della scienza terrena, ma tuttavia spero ancora che la mia ignoranza col rincalzo della fede possa aprirgli un giorno gli occhi sulle cose del mondo superiore. Ogni qual volta io capito a Torino, vengo a vederlo; talvolta non è che per quest'ultima ragione ch'io abbandono la tranquilla casetta del mio villaggio e casco giù a farmi toglier la testa nell'assordante confusione di questo viavai cittadino; e la presente è appunto una di quelle volte. Ho avuto come una specie d'istinto che quel poveretto doveva aver bisogno di soccorso; è il mio buon Angelo custode che me ne ha ispirata l'idea. Insomma da parecchi giorni avevo un gran bisogno di vederlo, e questa mattina non ci ho più resistito ed a dispetto della stagione e del cattivo tempo sono venuto. Alla sua abitazione, la signora Rosina (è la padrona del quartiere dove Maurilio dimorando in compagnia di alcuni amici, appigiona una camera ammobigliata), la signora Rosina mi raccontò tutto ciò che è avvenuto questa mane e di cui vedo V. E. essere già informata.

– Sì: il suo protetto fu arrestato come congiurante contro l'attual forma di Governo e contro la sicurezza dello Stato.

– Misericordia!.. Può dunque essere un affar serio?

– Se l'accusa viene provata, serio assai.

– Ma benedetta la pace! Come lo Stato e il Governo possono aver da temere di un misero giovane, senza aderenze, senza mezzi di sorta?..

– E l'ingegno? Quell'ingegno ch'Ella stessa Don Venanzio riconosce in lui superiore? Codesta è una forza contro cui ogni Governo deve con cura guardarsi. L'intelligenza dissemina i principii e sparge le idee: e queste e quelli, quanto più sono perniciosi, tanto più rapidamente attecchiscono e crescono come fanno le male erbe nei campi. Se si può arrestare la mano che getta i cattivi semi nei solchi non è egli miglior cosa che dover dipoi strappare le cattive piante già nate? E inoltre: guardi! In queste sue pagine ch'io stava appunto leggendo, quel giovane medesimo esalta a buon diritto la potenza dell'associazione. Un individuo solo potrà nulla o poco, per quanto abbia forza di mente; ma lasciate che a lui si uniscano parecchi, ed avrete ogni difficoltà a spezzarlo. Questo cotale è unito, a quanto pare, ad una schiera di giovani audaci che aspirano niente meno che ad un sovvertimento sociale.

Don Venanzio, spaventato, esclamò guardando il marchese con occhi pieni di supplicazione:

– Dio buono! Le cose sono sì gravi!.. Ed Ella, signor marchese, rifiuta di dar la sua protezione?

Baldissero levò la mano destra con mossa piena di nobiltà e di grazia, e disse con quel suo sorriso aristocratico:

– Non ho detto codesto, e non lo dico… Sono anzi molto disposto a favorire il suo raccomandato. Ho scorso alcune di quelle sue pagine di scritto. C'è molto ingegno davvero! Un'intelligenza sviata che ha mestieri d'essere ricondotta fra le guide dei buoni principii dall'esperienza e dall'autorità d'una mente più matura. Ho una grande curiosità, che non mi so spiegare, di veder codestui e parlargli. Non penso neppure che il male sia poi tanto grave come apparve alla Polizia: forse c'è più imprudenza di giovinotti che altro; ho già preso l'impegno di parlare di ciò a S. M. io stesso: e se il Re porta su questo incidente un giudizio compagno al mio, spero che il suo protetto e quegli altri che partecipano ora la medesima sorte, saranno quanto prima restituiti alla libertà.

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