Vittorio Bersezio - La plebe, parte III

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E intanto il furbo di bettoliere pensava:

– Questo è un tranello, gli è certo; in guardia. Pelone!

Barnaba da canto suo ficcò lo sguardo entro le affondate occhiaie dell'oste.

– C'è qualcheduno che possa udire le nostre parole qui? domandò egli bruscamente.

– Nessuno, nessuno affatto: rispose l'oste con premura; e mentre il poliziotto girava intorno uno sguardo scrutatore che pareva voler penetrar le muraglie. Pelone soggiungeva fra sè e sè:

– Ci sei tu, carino, che il diavolo possa torcerti il collo, maladetta d'una spia… e basta!

– Se dunque nessuno ci può sentire, lasciami parlare a modo mio, corpo di mille diavoli, chè la bile mi affoga: ripigliava Barnaba. Una sì nera ingratitudine non grida ella vendetta?.. Essi credono di potersi sbarazzare d'un uomo della mia fatta, come d'un babbeo qualunque: e s'ingannano. Darei non so quanto e sarei capace di non so che cosa per farla loro pagare…

Tornò a mettere la destra sul braccio dell'oste.

– Dà un po' retta, Pelone: aggiunse abbassando la voce. Ad un'associazione di individui coraggiosi e senza scrupoli che si vogliano ricattare col fatto loro dei torti che subiscono dalla sorte e dalla società, oh non ti pare che sarebbe un acquisto niente affatto disprezzevole quello d'un uomo come son io?

Pelone tossiva e guardava in terra.

– Non vi capisco: rispose di poi quando il suo compagno si fu taciuto ed ebbe aspettato per un poco la risposta.

Barnaba ricorse allo spediente d'un apologo.

– Ci sono due eserciti che combattono: un capitano, un soldato anche solamente, se vuoi, maltrattato da quelli per cui espone la vita, abbandona le insegne e si reca nel campo nemico ad arrecare in servizio di quelli che furono sin'allora suoi avversari un valore che gli sarà di meglio ricompensato. Quando questo nuovo combattente potesse in realtà giovare di molto alla parte a cui è rifuggito, non avrebbero gran torto coloro ai quali si offrisse, di respingerlo?.. Hai tu capito adesso?

Il bettoliere stette di nuovo un po' di tempo senza rispondere, poscia tentennando il capo ed osando guardare in faccia il suo compagno, disse tranquillamente:

– Io capisco poco. Le cose mi piacciono dette apertamente, senza arzigogoli e avvolgimenti. Se dunque volete ch'io vi possa fare una categorica risposta, abbiate la compiacenza di spiegarvi pianamente, da buon cristiano, senza favole ed esempi.

Il poliziotto che aveva preso e tenuto sino allora un tutto nuovo contegno di famigliarità amichevole, quasi da camerata, ritornò di presente in quello che sempre aveva avuto per l'innanzi verso il bettoliere: un contegno di superiorità autorevole insieme e motteggiante, di superbia e di scherno.

– Cospetto! Non l'avrei mai supposto che fosse così duro il tuo comprendonio. Tu vuoi dunque che io metta, come si suol dire, i punti sopra gl'i?.. Bene! Stammi a sentire. Che tu sei un fior d'onest'uomo, questo si sa. Preso una volta, giovanetto ancora, a rubare con poca prudenza, assaggiasti del carcere; ma codesto fu per te di un meraviglioso profitto. La prudenza ti venne. Comprendesti che colla Polizia era cosa da pazzo l'urtare di fronte. Le diventasti amico e servitore; continuando nelle antiche attinenze coi ladri facesti intanto per essa onestamente la spia.

Pelone mostrava con evidenza di trovarsi in un poco gradevole momento. Dimenava sulla panca su cui erasi seduto, la sua lunga persona dinoccolata; ed un istante il suo sguardo si volse spaventato verso un punto della parete, tutt'intorno coperta sino ad una certa altezza di tavole di legno. Fu un movimento ratto come un baleno, ma pur tuttavia l'occhio esperto ed osservatore di Barnaba che stava intentissimo a scrutare le sembianze del suo compagno, quell'occhio da uccel di rapina lo vide. Scoccò ancor egli, il poliziotto, una guardata verso quella parte. Pelone s'accorse dell'errore a cui s'era lasciato andare, e curvato più giù il suo corpo macilento, ruppe in una tosse più forte, più violenta e di maggior durata del solito. Barnaba lo guardò a tossire in silenzio: quando l'oste ebbe finito riprese con tutta tranquillità il discorso come se non fosse stato in alcun modo interrotto.

– Tu dunque da una parte porgi una mano soccorrevole ai ladri che la sanno unger bene, dall'altra prendi dalla Polizia denaro e tolleranza per certe maccatelle, al prezzo di darle di quando in quando tra mano qualche miserabile che tu vendi.

Un altro accesso di tosse assalì il povero Pelone che si trovava ad un vero supplizio; e anco una volta un intimo impulso più forte di lui gli fece correre lo sguardo a quel certo punto della stanza.

– Cospetto! che razza di tosse maligna che tu hai quest'oggi!

– Ah! la ho sempre pur troppo: rispose con tono dolente e colla sua voce più cavernosa che mai l'oste, i cui sguardi esprimevan insieme spavento e supplicazione; ma oggi la mi tormenta ancora di più. Gli è questo tempo così freddo che mi rovina. Se sapeste quanto soffro! Son di belle notti che dormo punto o poco; e giusto la notte scorsa fu per me una delle più triste…

– Mi rincresce tanto: interruppe con beffarda insolenza Barnaba; ma siccome non ci so che fare, lasciami riprendere il nostro discorso.

– Il diavolo che lo strozzi, brutto arnese da forca, diceva fra sè stesso, masticando colle denudate gengive la sua stizza, il bravo bettoliere; che sì che là dietro vi può essere qualcheduno della cocca , che udendo codesto è capace di farmi qualche brutto complimento.

– Or dunque, continuava il poliziotto, io vengo da te, che hai sì buone attinenze dall'una parte e dall'altra, che vai coi santi in chiesa e coi ghiottoni all'osteria…

– Ho capito: disse vivacemente Pelone agitando la testa dall'alto in basso come un bamboccio chinese: ho capito perfettamente ciò che mi volete.

– Benone! Che sì che l'intelligenza ti si è svegliata in buon punto!

– Ma quello che voi volete, è impossibile, perchè nell'apprezzare la mia condotta voi mi calunniate stranamente. Io protesto e riprotesto che con quei tristi arnesi a cui voi fate allusione, non ho relazione di sorta.

– Eh via! vuoi tu pigliarmi per uno sciocco? Sai che da lungo tempo ti conosco.

Pelone fece un movimento.

– Tu dubiti della sincerità delle mie parole, riprese Barnaba con vivacità. Hai ragione. Farei lo stesso anch'io nei panni tuoi; certo dubiteranno ancora più di te quelli a cui comunicherai le mie proposte…

– Ma io non comunicherò nulla a nessuno, interruppe l'oste agitando la mano e il capo in una mossa protestatrice, perchè io non conosco nessuno, perchè io non so nulla di codesti affari.

Barnaba continuò come se la interruzione non avesse avuto luogo.

– Di' loro, a quei cotali, che io sono pronto, quando vogliano, a dar prove tali della mia buona fede, innanzi a cui ogni dubbio ed ogni sospetto deve sparire.

– Vi ripeto…

– Siamo intesi… Ti lascio tempo a pensare alle mie parole, a deciderti e fare la mia commissione… Questa sera sul tardi passerò di qua, come al solito Sarà assai bene per te se mi potrai già fare una risposta; e meglio ancora se quella risposta sarà secondo il mio desiderio…

– Impossibile, impossibile, caro sor Barnaba, perchè proprio, in coscienza, in santa e vera verità io con quella gente non…

– Che se tu non vuoi fare a mio talento in codesto, sappi che non mi mancheranno altri modi per giungere al mio scopo, che so già fin d'ora quali altre strade aprirmi per arrivarci, e che a te la falò pagare ad ogni costo.

– Ma…

– Ora basta… Andiamo di là che ho due parole da dire alla tua Maddalena…

Nella stanzaccia non c'era che Meo, il quale tirava dei sospironi grossi, curvo sopra il braciere.

– E Maddalena? domandò Barnaba. È forse costì sotto?

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