Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8
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Ampliò più del doppio l'Arsenale di quel ch'era prima, e lo ridusse in tanta grandezza, che gli artigiani vi potevano fabbricare tutto in un tempo sedici Galee: e trovò modo, che il legname vi si conducesse con più facilità, e con assai minore spesa di prima.
Ornò la Città di molte fontane pubbliche di marmo, e nella Piazza della Sellaria ne fece ergere una chiamata l'Atlante, per la sua statua portante su gli omeri il Mondo, che fu scolpita di mano di Giovanni di Nola, il più famoso Scultore di que' tempi 16 16 Rosso, Giornali.
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Ornolla ancora per costruzione di nuove e magnifiche Chiese ed Ospedali: nel che, oltre la grandezza del suo animo, veniva anche spinto dalla sua grande pietà e religione verso le cose sagrate. Egli fondò lo Spedale, e 'l magnifico tempio dedicato all'Appostolo Giacomo Protettor delle Spagne, per maggior comodo della Nazione Spagnuola: nel di cui Coro, ancor vivo, vi fece ergere un famoso Sepolcro di marmo, che dovea esser depositario delle sue ossa, intagliato con figure di basso rilievo dal rinomato Scultore Giovanni di Nola. Riedificò ed ampliò la Chiesa di S. Niccolò alla Dogana. Fece edificare da' fondamenti l'Ospedale di Santa Maria di Loreto per li fanciulli orfani, e l'altro di S. Catterina dentro S. Eligio per le femmine. Ma ciò che servì non meno per maggior lustro e decoro della Città, che della nostra Religione, fu la diligenza da lui usata perchè le Chiese fossero ben servite, si riparassero le antiche, l'entrate non andassero a male, i Preti con decoro attendessero al culto divino ed alle cose sacrate, e riformò per quanto s'apparteneva a lui la esterior politia di quelle. Ordinò, che le Chiese, che sono di jus patronato fossero ben servite, tenute monde e con decoro: fece restituire tutte le loro entrate, ch'erano da varie persone usurpate. Ordinò, che i Preti dovessero andar in abito e tonsura, e decentemente vestiti, altramente non avuti per tali, si castigassero ne' delitti come laici. Egli fu che introdusse il culto, che ancor dura, che quando per la Città si porta l'Eucarestia agl'infermi, uscisse con Pallio accompagnata con torchi accesi, e con pompa; e per render col suo esempio l'uscita più augusta, se veniva egli ad incontrarsici, l'accompagnava con tutta la sua Corte insino al luogo dove aveva d'andare.
In fine dopo avere in forma più magnifica e nobile innalzata questa Città, vi diede ancora altri provvedimenti per renderla più salubre ed abbondante, badando non meno alla sua bellezza e magnificenza, che alla sanità ed abbondanza de' suoi abitatori. Era Napoli a' suoi tempi nell'està oppressa da molte infermità, e la cagione principale era la corruzione dell'aria cagionata dalle paludi per l'acqua che stagnava in quelle, le quali cominciavano dal Territorio di Nola sino al mare, camminando per Marigliano, Aversa, Acerra e la Fragola: la qual corruzione talvolta augumentavasi tanto, che s'infettava tutta Terra di Lavoro, o gran parte di quella. Il Toledo dando a tanto male opportuno remedio, fece fare nel mezzo di quelle pianure un gran canale profondo, con argini ben grandi alle riviere, disponendo il canal in modo, che tutte le acque delle paludi venissero ivi a colare, e che l'acque ivi raccolte a guisa d'un gran fiume corressero tutte al mare. Così le paludi divennero secche, e Napoli, la Città più sana del Mondo. A questo fine per tener coltivato tutto il Paese intorno, lo fece tutto arare e lavorare: e oltre ciò vi stabilì un fondo, le cui rendite servissero per tener sempre mondo e netto il canale suddetto. Chiamarono i nostri maggiori questo canale Lagno ; ond'è, che ora si nomano i Lagni, la cura de' quali ora se l'assume il Tribunale della Regia Camera, destinandovi un Presidente Commessario perchè si tengano sempre purgati e netti.
Diede ancora vari provvedimenti intorno alle vettovaglie, e molti altri ordini, perchè in Napoli vi fosse abbondanza di grano, proibendo l'estrazione di quello: che niuno potesse tener magazzini, nè di grano, nè d'orgio per trenta miglia lontani di Napoli: ed introdusse i partiti de' grani co' Mercatanti per mantener l'abbondanza.
L'essersi adunque Napoli, col correr degli anni, renduta una delle più splendide e magnifiche Città del Mondo, tutto si dee al Vicerè Toledo: poichè da ciò avvenne, che gli altri Vicerè Spagnuoli suoi successori, a sua imitazione, presero per istituto di non partirsi dal governo, se non lasciavano in quella, una lor memoria illustre di famosi, e superbi edificj. Nel che si segnalarono i Duchi d'Alva, i Conti di Lemos, di Medina e tanti altri, come vedremo nel corso di quest'Istoria. Tanto che per questi insigni e magnifici monumenti da essi lasciati, e da tante maravigliose fabbriche delle nuove Religioni nella stessa Città da poi introdotte, de' Teatini, Gesuiti, Girolamini e di tante altre, che resesi oltre modo ricchissime, vi hanno innalzati magnifici Tempj, anzi non già Monasterj, ma Palagi vastissimi e superbi, eccelse Torri, e più tosto Castelli, che Conventi, si vede ora Napoli gareggiar colle più grandi Città di Europa con Roma, Costantinopoli, Londra e Parigi.
A quest'istesso Ministro si dee, e per la tanta magnificenza, alla quale la sollevò, e per l'innalzamento de' Tribunali, e per la più ordinaria residenza de' Baroni in quella, che si fosse Napoli resa cotanto popolata e numerosa di abitatori: ancorchè v'avesse pure molto conferito le spesse incursioni de' Corsari Turchi che a questi tempi facevano nelle Terre e marine del Regno: onde gli abitatori di quelle Terre spaventati, per isfuggire la temuta schiavitudine, se capitavano nelle loro mani, abbandonando i loro nidi, si ritiravano tutti a Napoli. Così molti della Costa d'Amalfi, di Citara, Castello posto nella marina presso Salerno, del Cilento, della Cava, dell'isola di Capri, e finalmente di Calabria ci vennero 17 17 V. Summ. part. 4 lib. 7 cap. 4.
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CAPITOLO IV
La medesima provvidenza vien data dal Toledo nelle Province e nell'altre Città del Regno, per l'occasione, che ne diede Solimano , che con potente armata cercava invaderlo
Ancorchè il Regno, nel governo di D. Pietro di Toledo, non avesse nelle sue Province sofferti quei mali, che seco porta una viva guerra; nulladimeno il timore di quella minacciata da due Principi potenti, da Solimano, e da Francesco I Re di Francia, che collegati insieme dirizzavano tutti i loro pensieri, e tutte le loro forze per deprimere tanta potenza di Carlo Imperadore, era peggiore della guerra istessa. Solimano irritato contro Cesare per avergli frastornata l'Impresa del Regno di Tunisi, e per vendicarsi d'aver posto il suo esercito in fuga, e cacciatolo dall'Ungheria, avea fatto nell'anno 1537 apparecchiare una potentissima armata per la conquista del Regno di Napoli. Era ancora stimolato a quest'impresa per mezzo d'un suo Ambasciadore dal Re di Francia, e da Troilo Pignatello 18 18 Giorn. del Rosso, pag. 142.
, il quale per vendicarsi della ignominiosa morte fatta dare dal Toledo al Commendator suo fratello, erasi con molti altri fuorusciti partito dal Regno, e ricovratisi in Costantinopoli, sollecitavano con acuti stimoli quell'Imperadore a non tardare; e gli dipinsero l'impresa molto facile, poichè dovendo Cesare impiegarsi alla difesa della guerra, che il Re di Francia era per muovergli in Lombardia per lo Stato di Milano, non avrebbe potuto resistergli. Si risolse per ciò con prestezza Solimano a muoversi, e fece tosto porre in ordine un esercito di ventimila soldati, e partendo egli da Costantinopoli per terra, giunse alla Velona a' 13 di luglio di quest'anno: fece anche apprestare nel medesimo tempo un'armata di 200 vele da carico, e di gente da combattere, dandone il comando al suo famoso Ammiraglio Barbarossa, il quale quasi ad un medesimo tempo, che egli per terra giunse alla Velona, vi giunse egli per mare colla sua armata.
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