Volodyk - Paolini3-Brisingr
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Arya indicò le torri di guardia e mormorò a Eragon: «Le leve che azionano i cancelli sono nascoste lì dentro.»
«Allora» disse lui «tu e Blödhgarm aggirate gli uomini ed entrate nelle torri. Io e Saphira li terremo occupati.»
Arya annuì e svanì con Blödhgarm fra le nere ombre che avvolgevano le case alle spalle di Eragon e Saphira.
Con la mente, Eragon sentì che Saphira si preparava ad avventarsi sul gruppo dei soldati. Le posò una mano sulla zampa e disse: Aspetta, voglio prima provare una cosa.
Se però non funziona, poi posso farli a pezzi? chiese lei, leccandosi le zanne.
Sì, potrai fare di loro ciò che vuoi.
Eragon avanzò lentamente verso i soldati tenendo bene in vista lo scudo e la spada. Dall'alto venne scoccata una freccia, ma a poche spanne dal suo petto si fermò e cadde. Eragon guardò le espressioni terrorizzate dei soldati, poi a voce alta disse: «Il mio nome è Eragon Ammazzaspettri. Forse avete sentito parlare di me, o forse no. In ogni caso vi avverto: sono un Cavaliere dei Draghi e ho giurato di aiutare i Varden a deporre Galbatorix dal suo trono. Ditemi, qualcuno di voi ha giurato fedeltà nell'antica lingua a Galbatorix o all'Impero?... Allora, sì o no?»
L'uomo che aveva già parlato, doveva essere il capitano, disse: «Non giureremmo mai fedeltà al re, anche se avessimo una spada puntata alla gola. La nostra lealtà appartiene a Lady Lorana. Lei e la sua famiglia ci governano più che bene da quattro generazioni!» Gli altri mormorarono in segno d'assenso.
«Allora unitevi a noi!» esclamò Eragon. «Deponete le armi e vi prometto che non sarà torto un capello né a voi né alle vostre famiglie. Non potete sperare di tenere Feinster contro l'alleanza dei Varden, dei surdani, dei nani e degli elfi.»
«Questo lo dici tu!» gridò uno dei soldati. «E se Murtagh dovesse tornare qui con quel suo drago rosso?»
Eragon esitò, poi con voce sicura disse: «Lui non è un problema per me e per gli elfi che combattono con i Varden. L'abbiamo già messo in fuga una volta.» Con la coda dell'occhio, alle spalle dei soldati, Eragon vide Arya e Blödhgarm scivolare dietro la scala di pietra che portava in cima alle mura e strisciare furtivi verso la torre di guardia a sinistra.
Il capitano disse: «Anche se noi non abbiamo giurato fedeltà al re, Lady Lorana l'ha fatto. Che cosa le farete, allora? La ucciderete? La prenderete prigioniera? No, noi non tradiremo la sua fiducia e non permetteremo di passare né a te né ai quei mostri che graffiano le nostra mura. Tu e i Varden non siete altro che una promessa di morte per coloro che sono stati costretti a servire l'Impero!
«Perché non sei rimasto in disparte, Cavaliere dei Draghi? Perché non hai tenuto la testa bassa affinché noi potessimo vivere in santa pace? Ma no, le lusinghe di fama, gloria e ricchezza erano troppo allettanti. Per soddisfare le tue ambizioni hai dovuto portare rovina e distruzione nelle nostre case. Ebbene, io ti maledico, Cavaliere dei Draghi! Ti maledico con tutto il cuore. Che tu possa lasciare Alagaësia per non tornarvi mai più!»
Eragon fu percorso da un brivido gelido, perché la maledizione dell'uomo riecheggiava quella che l'ultimo Ra'zac gli aveva lanciato nell'Helgrind, e si ricordò che Angela gli aveva predetto la stessa cosa. Con uno sforzo accantonò quei pensieri e disse: «Non voglio uccidervi, ma lo farò, se devo. Deponete le armi!»
Nel frattempo, senza far rumore, Arya aprì la porta ai piedi della torre di guardia e sgusciò all'interno. Furtivo come un gatto selvatico, Blödhgarm scivolò dietro i soldati, puntando verso l'altra torre. Se in quel momento uno degli uomini si fosse voltato lo avrebbe visto.
Il capitano sputò ai piedi di Eragon. «Non sembri nemmeno umano! Sei un traditore della tua razza, ecco cosa sei!» sibilò, poi alzò lo scudo e la spada e cominciò ad avanzare lentamente verso di lui. «E tu saresti un Ammazzaspettri?» ringhiò il soldato. «Ha! Se mi dicessero che mio nipote di dodici anni ha ucciso uno Spettro, ci crederei di più.»
Eragon aspettò che fosse vicino. Poi, con un solo affondo, Brisingr trapassò il centro dello scudo, il braccio che lo reggeva, il petto del soldato e infine uscì dall'altra parte. L'uomo fu scosso da un tremito, poi rimase immobile. Mentre Eragon estraeva la spada dal cadavere, dalle torri di guardia si levò uno stridore di ferro e legno: ingranaggi e catene presero a girare, e le grosse travi che serravano i cancelli della città cominciarono a scivolare all'indietro.
«Deponete le armi o morirete!» gridò Eragon. Una ventina di soldati si avventarono su di lui urlando, con le spade sguainate. Gli altri fuggirono verso il centro della città o seguirono il consiglio di Eragon e posarono spade, lance e scudi sui grigi lastroni di pietra e s'inginocchiarono ai lati della strada con le mani sulle ginocchia.
Una nebbiolina di sangue avvolse Eragon mentre si faceva strada fra i soldati a colpi di spada, piroettando da uno all'altro senza lasciar loro il tempo di reagire. Saphira schiacciò due soldati, poi con una breve fiammata dalle narici ne bruciò altri due, arrostendoli nelle loro armature. Eragon si fermò in scivolata oltre l'ultimo soldato, il braccio che impugnava la spada ancora teso dopo l'affondo che aveva appena sferrato, e aspettò di sentire l'uomo stramazzare al suolo, prima una metà poi l'altra.
Arya e Blödhgarm riemersero dalle torri di guardia proprio mentre i cancelli si aprivano con un lungo e sonoro cigolio, rivelando la testa scheggiata e ammaccata del massiccio ariete dei Varden. Sui parapetti, gli arcieri lanciarono grida sgomente e si ritirarono. Decine di mani comparvero intorno ai bordi dei cancelli aprendoli a forza, e sotto l'arco Eragon vide una massa di Varden dal volto sudicio, uomini e nani insieme.
«Ammazzaspettri!» urlarono, e anche: «Argetlam!» e «Bentornato! La caccia è buona oggi!»
«Questi sono miei prigionieri!» dichiarò Eragon, puntando Brisingr verso i soldati inginocchiati sul ciglio della strada. «Legateli e assicuratevi che siano trattati bene. Ho dato la mia parola che non sarebbe stato loro torto un capello.»
Sei guerrieri si affrettarono a eseguire l'ordine.
I Varden si riversarono all'interno dei cancelli, sparpagliandosi nella città in un tintinnio di armature e un rimbombo di stivali. Eragon fu felice di vedere Roran e Horst e parecchi altri uomini di Carvahall nella quarta fila dei guerrieri. Li salutò, e non appena lo scorse Roran alzò il martello e gli corse incontro.
Eragon gli afferrò il braccio destro attirandolo in un ruvido abbraccio. Quando si ritrasse, notò che Roran sembrava invecchiato e aveva gli occhi incavati.
«Mentre eri via» grugnì Roran «sono morti in centinaia tentando di conquistare le mura.»
«Io e Saphira abbiamo fatto il prima possibile. Come sta Katrina?»
«Bene.»
«Quando avremo finito qui, dovrai raccontarmi tutto quello che ti è successo mentre non c'ero.»
Roran serrò le labbra e annuì, poi indicò Brisingr e disse: «Dove hai preso quella spada?»
«A Ellesméra.»
«Come si chiama?»
«Bris...» fece per dire Eragon, ma in quel momento gli altri undici elfi che Islanzadi aveva mandato a proteggere lui e Saphira uscirono dalla colonna di uomini e li circondarono. Arrivarono anche Blödhgarm e Arya; l'elfa era intenta a ripulire la lama sottile della sua spada.
Prima che Eragon potesse riprendere a parlare, Jörmundur oltrepassò i cancelli a cavallo e lo salutò gridando: «Ammazzaspettri! È un vero piacere rivederti!»
Eragon ricambiò il saluto e gli domandò: «E adesso che cosa dobbiamo fare?»
«Quello che ti sembra più opportuno» rispose Jörmundur tirando le redini del suo sauro. «Dobbiamo aprirci la strada fino alla fortezza. Immagino che Saphira non riesca a passare fra le case, perciò volate e colpite le loro forze dove potete. Se riusciste ad aprire un varco nella fortezza, o a catturare Lady Lorana, sarebbe un enorme aiuto.»
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