Ivan Fabio Perna - Le avventure di Orazio Scattini
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- Название:Le avventure di Orazio Scattini
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Piombò dallo stanzino adiacente quello che lei chiamava Igor. Una specie di muscolosissimo ragazzino vestito da boy-scout con denti di tutti i tipi, lunghi anche 40 centimetri, che gli spuntavano dalla bocca sparando in tutte direzioni, formandogli un terrificante, gigantesco, orrido sorriso!
<>, esclamò fiera mentre quest’ultimo mi passava, muggendo in continuazione, le stringhe su tutto il corpo. <>
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Ed insieme con la dottoressa cominciò a sghignazzare, saltellando goffamente attorno alla sedia, anche quell’assurda aberrazione del figlioletto.
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Mi svegliai di soprassalto, ancora nella sala d’aspetto.
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Che incubo. Ed era un periodo che sognavo in continuazione; accompagnato da un torpore perenne che mi portavo dietro per tutta la giornata. Facevo incubi di tutti i tipi e, tra i più ricorrenti, c’era quello ove una tribù di amazzoni con un seno solo si divertiva ad asportarmi un testicolo...
Quel mattino volli andare dal dentista per avere un giorno di ferie tutto qui... voi direte: ma come Orazio... non eri diventato il nuovo direttore dell’azienda dopo la dipartita di tuo zio? Esatto! Solo che saltò fuori all’ultimo momento un altro suo parente del 9° grado della scala cugini: uno slovacco di diciotto anni, che ora passa il tempo a schiacciarsi i brufoli e a fare tutto quello che gli dicono gli ex collaboratori di quel mio “caro zietto” che, non appena avrà messo piede fuori dal manicomio, tornerà a rompere, forse con più magniloquenza! Eccola la vita, sempre uguale... e come diceva un mio saggio parente: “A chi tanto e a chi niente!” .
Il giorno dopo, alle quattro del pomeriggio, in azienda, stavo preparandomi per andare a casa...
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<>, disse bloccandomi. <>
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<> diceva ghignando <>
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<>, mi intimò sollevandomi dalla camicia. <>
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<< Immagino molti giudicando l’alito...>>
<>, lasciò la presa e caddi a terra. <>, concluse superficiale. <>
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Ed uscì dagli spogliatoi, goduto, aggiustandosi la cravatta. E proprio mentre andavo a prendere gli attrezzi, mancò la corrente.
<>, sentii urlare da fuori. <>
Non ce la facevo più! I nervi mi schizzarono fuori dalla pelle, ed ormai ero deciso! Sarei andato ad orinare in tutti i cassetti di quel cafone e poi, una volta licenziato, via per sempre da tutto e da tutti. E proprio mentre stavo tirando fuori dalla patta il “regal augello” sentii una voce incantevole chiamarmi...
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<>, urlai.
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<>, ribattei.
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Realizzai che sarei diventato ottuagenario prima di sentire qualcosa di diverso quindi, mi diressi direttamente alla fonte. Passai da un corridoio ad un altro senza capire da dove proveniva la voce che mi chiamava con intermittente insistenza. Girai per due ore e oramai, stordito dalla monotonia del richiamo non sapevo nemmeno più dove mi trovavo. Aperta l’ennesima porta, ora, ero in un corridoio lunghissimo pieno di tubi che andavano in tutte le direzioni e, al suo fondo vi era una lucetta viva in cui, a scanso di equivoci, proveniva finalmente la voce...
<>, urlai.
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<>, pensai <>
Arrivai alla fine dopo una lunga camminata e, con meraviglia, realizzai che l’artefice di tutto era una minuscola ragazzina scarna e pallida. Mi guardava con occhi timidi ed era vestita con una vestaglietta povera, e calzava grosse e logore scarpe invernali.
<>, disse con un filo di voce.
<>, le risposi inginocchiandomi.
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Allungò un dito verso la mia fronte e, non appena mi toccò, venni sbalzato all’indietro con spinta di potenza eccezionale e, nel giro di pochi istanti percorsi tutto il corridoio volando all’indietro sino a frantumarmi sulla parete. Al rumoroso contatto col muro, apri nuovamente gli occhi: mi trovavo nello spogliatoio e stavo di nuovo sognando! Ma cosa mi stava succedendo? IX. La matta è fuori
In quel momento, in un altro loco...
<>, disse un individuo elegantemente incravattato a dei dottori.
Al suo ordine, nella stanza calò il buio e, su di un telone, venne proiettata la ripresa in questione.
<>, era, ovviamente, Donna Valeria che, da su un palchetto improvvisato, pistolettava ad una folla di folli. Gioco di parole a parte, il suo pubblico erano gli occupanti del manicomio. <>
<>, il fotogramma si fissò su Donna Valeria euforica, con le braccia al cielo. <
: “...Orazio? Un povero cristiano che ha perso la via...” . Ecco cosa vi risponderà Donna Valeria! Una donna che, non dimentichiamoci, ha fatto opere di bene a nove zeri per la chiesa, per i bambini e per il nostro paese! Una donna che sarebbe molto riconoscente con coloro che l’aiuteranno a ritrovare la serenità. Vi dico che commettete un grave errore a tenerla rinchiusa. La mia proposta è un periodo di libertà vigilata di quattro mesi sotto la mia tutela, e poi, dopo un vostro controllo finale, se lo riterrete opportuno, la completa libertà della mia cliente!>><>, diceva il primario del manicomio lucidandosi la sua mano meccanica. <>
<> prese parola un dottore con una benda da pirata su di un occhio <>
<>, interrogò il primario rivolto ai colleghi. <>, nessuno fiatò. <>
Durante il pasto, l’avvocato provvide diligente a ringraziare con assegni in bianco passati da sotto il tavolo, tutti i dottori che avevano collaborato al rilascio della sua cliente. E, il mattino dopo, la luce della libertà, avrebbe battuto nuovamente sul volto di Donna Valeria! X. L’ingegnere
Ero ancora negli spogliatoi, con il mio nome che mi rimbombava nel cervello, non so che ore fossero, era buio. E dall’odore metallico del mio alito mi ero fatto cinque o sei ore di sonno belle e buone! Mi diressi verso la porta e... sorpresa! Chiusa a chiave. Questo non ci voleva. Mi accasciai sulla panca rassegnato a passare la notte in quel luogo che emanava sempre un fragrante profumo di calzini marci! Ma dopo alcuni secondi, un’altra sorpresa... ancora una voce! Stavolta mi pizzicai dodici volte per essere sicuro di non dormire, e poi cercai di individuare la provenienza di quello che sembrava... un canto! Ed esattamente... la canzone di... di “Goldrake”! “...mangia libri di cibernetica, insalate di matematica e a giocar su Marte va...” . Ma chi era questo strano, stonatissimo nostalgico? Tutto sembrava fuoriuscire da dietro uno degli armadietti. Lo scansai dal muro e... arisorpresa! Nessun muro; ma una piccola porticina da cui usciva una flebile luce arancione! Era aperta. Entrai e seguii il rimbombo della voce. Scesi delle ripidissime ed infinite scale, e arrivai dentro a quello che sembrava un gigantesco e modernissimo laboratorio pieno di computers e lucette lampeggianti! Nel suo centro, seduto ad un tavolo, c’era colui che cantava, un individuo con una scimmietta sulla spalla, i capelli tutti sparati e una decina di fili che gli uscivano dalla testa e andavano a collegarsi ad un gigantesco elaboratore sulla parete. Era intento ad armeggiare sui diodi di una scheda elettrica mentre continuava a cantare.
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