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Roberto Saviano: Gomorra

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La zona più colpita dal cancro del traffico di veleni si trova tra i comuni di Grazzanise, Cancello Arnone, Santa Maria La Fossa, Castelvolturno, Casal di Principe — quasi trecento chilometri quadrati di estensione — e nel perimetro napoletano di Giugliano, Qualiano, Villaricca, Nola, Acerra e Mariglia-no. Nessun'altra terra nel mondo occidentale ha avuto un carico maggiore di rifiuti, tossici e non tossici, sversati illegalmente. Grazie a questo business, il fatturato piovuto nelle tasche dei clan e dei loro mediatori ha raggiunto in quattro anni quarantaquattro miliardi di euro. Un mercato che ha avuto negli ultimi tempi un incremento complessivo del 29.8 per cento, paragonabile solo all'espansione del mercato della cocaina. Dalla fine degli anni '90 i clan camorristici sono divenuti i leader continentali nello smaltimento dei rifiuti. Già nella relazione al Parlamento, fatta nel 2002 dal Ministro dell'Interno, si parlava chiaramente di un passaggio dalla raccolta dei rifiuti a un patto imprenditoriale con alcuni addetti ai lavori, finalizzato all'esercizio di un controllo totale sull'intero ciclo. Il clan dei Casalesi, nella sua doppia diramazione, una diretta da Schiavone Sandokan e l'altra da Francesco Bidognetti, alias Cicciotto di Mezzanotte, si spartisce il grande business, un così enorme mercato che — pur con continue tensioni — non li ha mai portati a uno scontro frontale. Ma i Casalesi non sono da soli. C'è il clan Maliardo di Giugliano, un cartello abilissimo nel dislocare in maniera rapida i proventi dei propri traffici, e capace di veicolare sul proprio territorio una quantità immensa di rifiuti. Nel giuglianese è stata scoperta una cava dismessa completamente ricolma di rifiuti. La stima della quantità sversata corrisponde a circa ventottomila Tir. Una massa rappresentabile immaginando una fila di camion, uno appoggiato al paraurti dell'altro, che va da Caserta a Milano.

I boss non hanno avuto alcun tipo di remora a foderare di veleni i propri paesi, a lasciar marcire le terre che circoscrivono le proprie ville e i propri domini. La vita di un boss è breve, il potere di un clan tra faide, arresti, massacri ed ergastoli non può durare a lungo. Ingolfare di rifiuti tossici un territorio, circoscrivere i propri paesi di catene montuose di veleni può risultare un problema solo per chi possiede una dimensione di potere a lungo termine e con responsabilità sociale. Nel tempo immediato dell'affare c'è invece solo il margine di profitto elevato e nessuna controindicazione. La parte più consistente dei traffici di rifiuti tossici ha un vettore unico: nord-sud. Dalla fine degli anni '90 diciottomila tonnellate di rifiuti tossici partiti da Brescia sono stati smaltiti tra Napoli e Caserta e un milione di tonnellate, in quattro anni, sono tutte finite a Santa Maria Capua Vetere. Dal nord i rifiuti trattati negli impianti di Milano, Pavia e Pisa venivano spediti in Campania. La Procura di Napoli e quella di Santa Maria Capua Vetere hanno scoperto nel gennaio 2003, grazie alle indagini coordinate dal pubblico ministero Donato Ceglie, che in quaranta giorni oltre seimilacinquecento tonnellate di rifiuti dalla Lombardia sono giunte a Trentola Ducenta, vicino a Caserta.

Le campagne del napoletano e del casertano sono mappamondi della monnezza, cartine al tornasole della produzione industriale italiana. Visitando discariche e cave è possibile vedere il destino di interi decenni di prodotti industriali italiani. Mi è sempre piaciuto girare con la Vespa nelle stradu-cole che costeggiano le discariche. È come camminare sui residui di civiltà, stratificazioni di operazioni commerciali, è come fiancheggiare piramidi di produzioni, tracce di chilometri consumati. Strade di campagna spesso terribilmente cementificate per agevolare l'arrivo dei camion. Territori dove la geografia degli oggetti si compone di un mosaico vario e molteplice. Ogni scarto di produzione e d'attività ha la sua cittadinanza in queste terre. Una volta un contadino stava arando un campo che aveva appena comperato, esattamente al confine tra il napoletano e il casertano. Il motore del trattore si ingolfava, era come se la terra quel giorno fosse particolarmente compatta. D'improvviso iniziarono a spuntare ai lati del vomere brandelli di carta. Erano soldi. Migliaia e migliaia di banconote, centinaia di migliaia. Il contadino si catapultò dal trattore e iniziò a raccogliere freneticamente tutti i brandelli di danaro, come un bottino nascosto chissà da quale bandito, frutto di chissà quale immensa rapina. Erano soltanto soldi tagliuzzati e scoloriti. Banconote triturate provenienti dalla Banca d'Italia, tonnellate di balle di soldi consumati e finiti fuori conio. Il tempio della lira era finito sotto terra, i rimasugli della vecchia cartamoneta rilasciavano il loro piombo in un campo di cavolfiori.

Vicino a Villaricca i carabinieri individuarono un terreno dove erano state accumulate le carte utilizzate per la pulizia delle mammelle delle vacche, provenienti da centinaia di allevamenti veneti, emiliani, lombardi. Le mammelle delle vacche vengono continuamente pulite, due, tre, quattro volte al giorno. Ogni volta che devono inserire le ventose dei mungitori automatici gli stallieri devono pulirle. Spesso poi le vacche si ammalano di mastiti e patologie simili, e iniziano a secernere pus e sangue, ma la vacca non viene messa a riposo: semplicemente ogni mezz'ora bisogna nettarla, altrimenti il pus e il sangue finiscono nel latte e interi fusti si pregiudicano. Quando passavo per le colline di carta di mammella, sentivo puzza di latte andato a male. Forse era solo suggestione, forse quel colore giallastro delle carte ammonticchiate deformava anche i sensi. Fatto è che questi rifiuti, accumulati in decenni, hanno ristrutturato gli orizzonti, fondato nuovi odori, fatto comparire chiazze di colline inesistenti, le montagne divorate dalle cave hanno d'improvviso riavuto la massa perduta. Passeggiare nell'entroterra campano è come assorbire gli odori di tutto quanto producono le industrie. A vedere mescolato alla terra il sangue arterioso e venoso delle fabbriche di tutto il territorio, viene in mente qualcosa di simile alla palla di plastilina assemblata dai bambini con tutti i colori disponibili. Vicino a Grazzanise era stata accumulata tutta la terra di spazzamento della città di Milano. Per decenni tutta la spazzatura raccolta nelle pattumiere dai netturbini milanesi, quella scopata al mattino, era stata raccolta e spedita da queste parti. Dalla provincia di Milano ogni giorno ottocento tonnellate di rifiuti finiscono in Germania. La produzione complessiva è però di milletrecento tonnellate. Ne mancano quindi all'appello cinquecento. Non si sa dove vanno a finire. Con grande probabilità questi rifiuti fantasma vengono sparpagliati in giro per il Mezzogiorno. Ci sono anche i toner delle stampanti ad ammorbare la terra, come scoperto dall'operazione del 2006 "Madre Terra" coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Tra Villa Literno, Castelvolturno e San Tammaro, i toner delle stampanti d'ufficio della Toscana e della Lombardia venivano sversati di notte da camion che ufficialmente trasportavano compost, un tipo di concime. L'odore era acido e forte, ed esplodeva ogni volta che pioveva. Le terre erano cariche di cromo esavalente. Se inalato, si fissa nei globuli rossi e nei capelli e provoca ulcere, difficoltà respiratorie, problemi renali e cancro ai polmoni. Ogni metro di terra ha il suo carico particolare di rifiuti. Una volta un mio amico dentista mi aveva raccontato che alcuni ragazzi gli avevano portati dei teschi. Dei teschi veri, di esseri umani, per fargli pulire i denti. Come tanti piccoli Amleto avevano in una mano il cranio e nell'altra una mazzetta di soldi per pagare l'intervento di pulizia dentale. Il dentista li cacciava dal suo studio e poi mi faceva telefonate nervose: "Ma dove cazzo li prendono 'stì. teschi? Dove se li vanno a cercare?". Immaginava scene apocalittiche, riti satanici, ragazzini iniziati al verbo di Belzebù. Ridevo. Non era difficile capire da dove venivano. Passando vicino Santa Maria Capua Vetere una volta avevo bucato la ruota della Vespa. Il pneumatico si era tagliato passando sopra a una specie di bastone affilato che credevo fosse un femore di bufalo. Ma era troppo piccolo. Era un femore umano. I cimiteri fanno esumazioni periodiche, tolgono quello che i becchini più giovani chiamano "gli arcimorti", quelli messi sotto terra da più di quarant'anni. Dovrebbero smaltirli assieme alle bare e a tutto il materiale cimiteriale, lucine comprese, attraverso ditte specializzate. H costo dello smaltimento è elevatissimo, e così i direttori dei cimiteri danno una mazzetta ai becchini per farli scavare, e poi buttano tutto sui camion. Terra, bare macerate e ossa. Trisavoli, bisnonni, avi di chissà quali città si ammonticchiavano nelle campagne casertane. Se ne sversavano talmente tanti, come scoperto dai NAS di Caserta nel febbraio 2006, che ormai la gente quando passava vicino si faceva il segno della croce, come fosse un cimitero. I ragazzini fregavano i guanti da cucina alle loro madri e — scavando con mani e cucchiai — cercavano i teschi e le gabbie toraciche intatte. Un teschio con i denti bianchi, i venditori dei mercatini delle pulci potevano comprarlo anche a cento euro. Una gabbia toracica intatta invece, con tutte le costole al loro posto, fino a trecento euro. Tibie, femori e braccia non hanno mercato. Le mani sì, ma si perdono facilmente i pezzi nella terra. I teschi

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