Gianni Rodari - Le avventure di Cipollino

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Un monello che fa piangere chi gli strappa i capelli e un principe acido, cattivo e poco furbo sono i due antagonisti di questo memorabile romanzo del 1952. La posta in gioco dello scontro fra Cipollino e Limone è nientemeno che la libertà di un popolo intero, composto di pomodori, ciliegie, fagiolini e vecchie talpe. Incantate come una fiaba, lunghe come un romanzo, divertenti come un cartone animato, "Le avventure di Cipollino" sono un libro unico, nato nell'atmosfera di entusiasmo e di speranza del secondo dopoguerra. La trama è lineare: i buoni, vessati dal tiranno e oppressi da regole insensate, guidati dal giovane Cipollino riusciranno a sconfiggere i cattivi a colpi di scherzi, beffe e piani geniali, senza mai ricorrere alla violenza. Ma l'intento di Gianni Rodari, non è mettere in scena una lotta tra il male e il bene: è quello di dimostrare che una società giusta sia possibile, auspicabile e anche più divertente per tutti. Età di lettura: da 8 anni.

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Fragoletta corse a chiamare Ciliegino. Tenendosi per mano, i due amici si misero in viaggio attraverso i corridoi del Castello verso l'appartamento del Cavaliere.

Passarono davanti alla camera del Duchino Mandarino, che stava allenandosi a saltare su e giù dai mobili, per tenersi in forma. Egli si esercitava ogni notte. Mettendo l'occhio a turno presso il buco della chiave Fragoletta e Ciliegino lo videro saltare come un gatto dall'armadio al lampadario, dalla spalliera del letto allo specchio. Si arrampicava su per i tendaggi a una velocità incredibile. Era diventato un acrobata perfetto, avrebbe perfino potuto guadagnarsi onestamente la vita in un circo.

La camera di Pomodoro non era del tutto oscura: Fragoletta aveva provveduto a lasciar aperte le imposte, e attraverso i vetri filtrava un bel chiaro di luna.

Il Cavaliere russava della grossa. Stava appunto sognando che Fragoletta gli portava un'altra torta di cioccolata, grande come una ruota di bicicletta. Ed ecco che nel sogno gli veniva incontro il Barone Melarancia con fare minaccioso, pretendendo metà della torta.

Pomodoro pronto a difendere i suoi diritti, estraeva la spada. Il Barone fuggiva, frustando il povero Fagiolone che sudava sotto il peso della carriola. Ma, scomparso il Barone, ecco sopraggiungere il Duchino Mandarino, il quale balzava su un pioppo altissimo e grillava: "O mi dai metà della torta o mi butto a capofitto proprio sulla tua testa."

Insomma Pomodoro non aveva sonni tranquilli: tutti gli volevano portare via quella maledetta torta, e alla fine anche la torta si metteva a dargli dei fastidi. Invece che di cioccolata, era diventata di cartone: Pomodoro ci affondava i denti senza sospetto e si trovava la bocca piena di un cartone spesso e duro come il legno.

Mentre Pomodoro si dibatteva in questi sogni, Fragoletta gli scopriva i piedi, Ciliegino gli sfilava delicatamente le calze e ne toglieva il mazzo delle chiavi.

— Ecco, è fatta, — sussurrò a Fragoletta. — Via, di corsa. La ragazza diede un'occhiata a Pomodoro.

— Non c'è fretta: dormirà fino a Capodanno.

Uscirono cautamente dalla stanza, richiusero la porta, e giù per le scale, con il cuore in gola.

Ciliegino si arrestò di botto:

— E le guardie?

Ecco, non avevano pensato alle guardie.

Fragoletta si succhiò il dito: le idee lei le cercava sempre nelle dita. Ne succhiava uno, ed ecco pronta l'idea.

— Ho trovato, — disse. — Andrò dietro la casa e mi metterò a gridare "Aiuto!" con tutte le mie forze. Tu chiamerai le guardie e me le manderai incontro. Quando sei solo apri la prigione e tutto è fatto.

E così fecero. L'inganno funzionò a meraviglia. Fragoletta chiamò "Aiuto!" con tanta passione nella voce che perfino le piante si sarebbero scrollate dalle radici per correre a salvarla. Le guardie schizzarono via come palle di schioppo, incoraggiate da Ciliegino che gridava loro dietro:

— Presto, per carità. Ci sono i banditi!

Rimasto solo, egli aprì la prigione e quale non fu la sua sorpresa nel vedere tra gli altri prigionieri anche Cipollino.

— Cipollino, tu qui! Non eri fuggito?

— Ti racconterò poi. La via è libera?

— Per di qua, — fece cenno Ciliegino. E indicò loro un sentiero che portava dritto dritto nella foresta. — Le guardie sono andate da quell'altra parte.

La sora Zucca, che era troppo grassa per correre, fu fatta rotolare a tutta velocità.

Cipollino si trattenne a salutare affettuosamente Ciliegino, che aveva e lacrime agli occhi per la gioia.

— Sei stato bravo, — gli disse, — sei stato il più bravo di tutti.

— Scappa, altrimenti ti riprenderanno.

— Ci rivedremo presto, e ti prometto che per Pomodoro ci saranno delle belle sorprese.

In due salti raggiunse gli altri, ed aiutò a far rotolare la sora Zucca. Ciliegino, invece, andò a rimettere la chiave al suo posto, ossia nella calza destra di Pomodoro.

Le guardie intanto avevano trovato Fragoletta in lagrime. La servetta si era tagliuzzata il grembiule e si era graffiata le guance per far credere di essere stata aggredita dai banditi.

— Da che parte sono scappati? — domandarono le guardie, trafelate.

— Di là, — rispose Fragoletta indicando la strada del villaggio. Le guadie, giù di corsa. Fecero due o tre volte il giro del villaggio e arrestarono un gatto, malgrado le sue vivaci proteste.

— Questo è un paese libero, — miagolava il gatto, in tono risentito. — Non avete il diritto di arrestarmi. E poi, siete arrivati proprio nel momento in cui il topo che stavo spiando da un paio d'ore si decideva ad uscire dal suo nascondiglio.

— In prigione potrai trovare tutti i topi che vorrai, — rispose il comardante delle guardie.

Dopo una mezz'ora tornarono al Castello e trovarono la prigione vuota come la loro testa.

Chiusero in fretta il gatto nella cella, si tolsero spade e fucili e ne fecero un mucchio, lasciarono tutto lì e se la diedero a gambe per paura delle ire di Pomodoro.

Il quale il mattino dopo si alzò e si guardò allo specchio.

— Il naso è guarito, — constatò, — posso togliermi il cerotto. Dopo andrò ad interrogare i prigionieri.

Prese con sé il sor Pisello, come avvocato, e dòn Prezzemolo per fargli scrivere le risposte dei prigionieri, e tutti e tre in fila indiana, con aspetto grave, come si addice a dignitosi magistrati, si diressero verso la prigione. Pomodoro tirò fuori le chiavi dalla calza destra, aprì la porta e diede un balzo indietro, mandando a rotolare per terra don Prezzemolo che gli stava incollato alla schiena. Dalla cella uscì un lamentoso — Miao! Miao! — che avrebbe mosso le pietre a compassione.

— Che cosa fai qui? — domandò Pomodoro al gatto, quando si fu rimesso dalla sorpresa.

— Ho il mal di pancia! — si lamentava il gatto. — Per favore, fatemi trasportare all'infermeria, o almeno mandatemi un dottore.

Il gatto aveva passato la notte a dar la caccia ai topi, e ne aveva fatto una tale scorpacciata che gli uscivano di bocca non meno di duecento code.

Il Cavaliere, impressionato, rimise il gatto in libertà, ma lo pregò ili tornare in prigione, di quando in quando, a dare la caccia ai topi; anzi gli disse:

— Se terrai da parte le code, per documentare la tua benefica attività, l'Amministrazione del Castello ti passerà una piccola pensione, un tanto a topo.

Subito dopo, Pomodoro mandò al Governatore un telegramma, che diceva così: «Al Castello del Ciliegio, situazione gravissima. Urge vostra presenza con un battaglione di Limoncini».

Capitolo XII

Non c'è boia che non si stracchi se a Pirro Porro tira i mustacchi

Il Principe Limone fece il suo ingresso nel villaggio la mattina seguente, accompagnato da quaranta Limoni di corte e da un battaglione di Limoncini. Come sapete, alla corte del Principe Limone portavano tutti un campanello in cima al berretto e facevano un concerto straordinario.

All'udire quel fracasso, Pirro Porro, che si stava pettinando i baffi davanti allo specchio, si affacciò alla finestra, lasciando a mezzo la sua operazione. Così fu arrestato e condotto via, con un baffo all'in su e un baffo all'in giù.

— Lasciatemi almeno il tempo di pettinare anche il baffo sinistro! — supplicava Porro mentre le guardie lo portavano in prigione.

— Fate silenzio, altrimenti vi taglieremo il baffo sinistro e poi anche quello destro, risparmiandovi la fatica di pettinarli.

Pirro Porro se ne stette zitto per paura di perdere la sua unica ricchezza. Fu arrestato anche il sor Pisello.

— C'è un errore. Io sono un avvocato, sono al servizio del Cavalier Pomodoro. C'è un equivoco, lasciatemi subito in libertà.

Ma era come parlare col muro.

I Limoncini si accamparono nel parco. Per un bel pezzo si divertirono a leggere i cartelli di don Prezzemolo, poi per non annoiarsi cominciarono a strappare i fiori, a pescare i pesci rossi, a tirare al bersaglio contro i vetri delle serre e a prendersi altri spassi del genere.

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