Il Topo-in-capo si lisciò la coda, come faceva sempre quando era preoccupato, tanto che la coda era tutta consumata.
— Giuro sulla memoria del mio trisavolo Topazzo Primo, Imperatore di tutti i granai, che i traditori la pagheranno. Intanto, suonate la ritirata.
I capitani non se lo fecero ripetere. Le trombe suonarono la ritirata e l'intero esercito si ritirò più in fretta che potè, con in testa il Topo-in-capo.
I nostri stavano ancora congratulandosi per la bella vittoria, quando si udì una vocina che chiamava:
— Sor Zucchina! Sor Zucchina!
— Mi avete chiamato, professore?
— Io no, — rispose Pero Pera, — io non vi ho chiamato.
— Eppure, mi era sembrato.
— Sora Zucca, sora Zucca! — fece ancora la vocina. La sora Zucca si rivolse a Mastro Uvetta:
— Mastro Uvetta, perché fate quella vocina?
— Ma cosa vi piglia? Io non faccio nessuna vocina. Mi sto grattando la testa, perché ho dentro un'idea che mi prude.
— Sono io, — continuò la vocina, — sono Fragoletta.
— E dove sei?
— Sono nella camera del Cavalier Pomodoro e vi sto parlando col suo telefono segreto. Mi sentite?
— Sì, ti sentiamo.
— Anch'io vi sento benissimo. Pomodoro sarà qui tra poco. Ho un messaggio per voi.
— Chi lo manda?
— Lo manda Cipollino. Dice che non dovete darvi pensiero, che troverà lui la maniera di farvi uscire di prigione. Non rivelate a Pomodoro il segreto della casina, non sottomettetevi: penserà lui a tutto.
Mastro Uvetta rispose:
— Non diremo niente e aspetteremo con fiducia. Però dì a Cipollino che faccia presto, perché qui siamo assediati dai topi e non sappiamo quanto tempo potremo resistere. E un'altra cosa: vedi se puoi procurarci una candela e dei fiammiferi. Quella che avevamo, i topi se la sono mangiata.
— Aspettate lì, torno subito.
— Certo che aspettiamo: dove vuoi che andiamo?
Dopo un poco si sentì nuovamente la voce di Fragoletta:
— Attenzione, ora vi mando giù la candela.
Difatti si udì un fruscio, poi qualcosa sbattè sul naso del sor Zucchina.
— Eccola, eccola, — esclamò felice il pover'uomo.
In un pacchetto c'erano una bella candela di sego e una bustina di cerini.
— Grazie, Fragoletta.
— Addio, devo scappare perché sta arrivando Pomodoro.
Difatti Pomodoro entrava proprio in quel momento nella sua camera. Alla vista di Fragoletta che armeggiava attorno al suo telefono segreto, il Cavaliere montò su tutte le furie.
— Che cosa fai tu lì?
— Pulisco questa trappola.
— Quale trappola?
— Questa: non è una trappola per i topi?
Pomodoro tirò un sospiro di sollievo:
— Meno male, — pensò, — è tanto stupida che ha scambiato il mio orecchio segreto per una trappola da topi.
Si sentì subito più allegro e regalò perfino a Fragoletta la carta di una caramella.
— Ecco, per te, — disse generosamente, — succhia questa cartina. E' dolcissima: un anno fa c'era dentro una caramella al ratafià.
Fragoletta ringraziò il Cavaliere con un inchino, dicendo:
— In sette anni di servizio, questa è la terza carta di caramelle che Vossignoria mi regala.
— Vedi dunque, — rispose Pomodoro, — che io sono un buon padrone: comportati bene e ti troverai contenta.
— Chi si contenta gode, — concluse Fragoletta, e con un nuovo inchino scappò via per le sue faccende.
Pomodoro si fregò le mani, pensando:
— Ora mi metto in ascolto al mio telefono segreto. Parlando tra loro i prigionieri certamente si diranno cose molto interessanti, e forse verrò a sapere dove hanno nascosto quella maledetta casina.
I prigionieri, invece, figurandosi che Pomodoro li stesse a sentire, cominciarono a parlare di lui e ne dissero di tutti i colori, di cotte, di crude e di così così.
Pomodoro avrebbe ben voluto gridare: "Ora vi aggiusto io!", ma non voleva scoprirsi. Dovette accontentarsi di tappare la cornetta del suo telefono, dopo di che se ne andò a dormire.
Mastro Uvetta accese la candela nuova che faceva una luce allegra e confortante.
La loro contentezza però fu di breve durata. Infatti un topo di vedetta, data un'occhiata in giro, corse a riferire al comandante.
— Generale, — annunciò lietamente, — i gatti si sono ritirati. I prigionieri hanno una candela nuova.
II Topo-in-capo inghiottì mezzo litro di acquolina e si leccò i baffi, dove era rimasto un poco di sapore di quell'altra candela.
— Fate suonare l'adunata, — ordinò seduta stante. Quando l'esercito fu schierato, egli pronunciò un discorso infiammato:
— Miei prodi, la patria è in pericolo. Perciò affrettatevi al combattimento e portatemi quella candela. La candela naturalmente la mangerò io, ma prima ve la lascerò leccare un pochino a turno.
I topi gridarono d'entusiasmo, imbracciarono le armi e marciarono nuovamente all'attacco.
Stavolta, però, Mastro Uvetta era stato previdente ed aveva appeso la candela in alto, dove c'era nel muro un piccolo vano tra due mattoni. Per quanti salti spiccassero, i topi non riuscirono a raggiungerla. I più furbi si accontentarono di rosicchiare un poco il violino di Pero Pera, poi dovettero ritirarsi anche loro perché il Topo-in-capo, irritatissimo per l'insuccesso, voleva fare la decimazione.
Infatti, la fece. Mise tutti i topi in fila e fece tagliare i baffi a uno ogni dieci.
* * *
Quella sera, in giardino, ci fu consiglio di guerra. Cipollino, Fragoletta e Ravanella si trovarono dietro una siepe per discutere la situazione, e discutevano con tanto calore che non si accorsero di nulla. Ossia, non si accorsero del cane Mastino, che mentre faceva il giro d'ispezione piombò loro addosso come una furia. Mastino non degnò di un'occhiata le due ragazze: si sedette tranquillamente sul petto di Cipollino e abbaiò fin che Pomodoro, destato dal fracasso, non venne a dargli man forte.
Figuratevi la gioia del Cavaliere: proprio dieci minuti prima aveva sognato di catturare Cipollino, e il suo sogno era diventato realtà. Se suo nonno in sogno gli avesse dato tre numeri buoni per il lotto, e il terno fosse uscito su tutte le ruote, non sarebbe stato cosi contento.
— Ti rinchiuderò nella fossa segreta, — annunciò a Cipollino, — la prigione semplice non è degna di te.
— Grazie, Cavaliere, — rispose Cipollino. — E' un vero onore.
Una Talpa esploratrice, con finale poco felice
Cipollino si svegliò in piena notte con l'impressione che qualcuno avesse bussato alla porta del sotterraneo. Tese le orecchie: nulla, non il sospiro di un topo. Stava già per riaddormentarsi quando il rumore che lo aveva svegliato si ripetè. Era un grattare sordo e continuo, non troppo distante.
Qualcuno sta scavando una galleria — concluse Cipollino dopo aver posto l'orecchio alla parete della fossa. Pochi istanti dopo dal muro si staccò del terriccio, poi un mattone cadde e dietro il mattone qualcuno o qualcosa saltò sul pavimento.
— Dove diavolo sono capitata? — cominciò a borbottare una voce piuttosto nasale.
— Nella fossa segreta, — rispose Cipollino, — ossia nella prigione più scura del Castello. Mi scusi dunque se non posso riconoscerla e salutarla come si deve.
— Segreta? Scuro? Ma qui c'è una luce che abbaglia. E lei chi è, scusi? Se fosse un po' più buio non avrei bisogno di chiederglielo, lo vedrei da sola.
— Ho capito, non può essere che la Talpa.
— Per l'appunto, — rispose la bestiola. — Era un pezzo che volevo scavare in questa direzione, ma non ne avevo mai trovato il tempo. Sa, ho decine di chilometri di gallerie da sorvegliare, da ripulire. C'è sempre qualche infiltrazione d'acqua (e mi ci sono preso anche un raffreddore). Poi ci sono quei benedetti vermiciattoli che non sanno mai dove andare a battere il capo e non hanno nessun rispetto per il lavoro degli altri. Sicché, di settimana in settimana, avevo sempre rimandato. Ma questa mattina mi son detta: «Signora Talpa, se lei è una persona di giudizio e desiderosa di conoscere il mondo, è tempo che scavi proprio da quella parte là». Cosi mi sono messa in cammino e…
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