Nemmeno il Leone dormiva: li guardò passare con la coda dell'occhio e non si voltò nemmeno per vedere dove fossero diretti. Era un animale nobile e saggio, e non lo interessava l'andirivieni della gente.
Così Cipollino e il suo compagno giunsero senza ostacoli davanti alla gabbia degli orsi.
I due poveri vecchi riconobbero subito il loro figliolo e gli tesero le braccia attraverso le sbarre.
Cipollino lasciò che si abbracciassero e si salutassero, provvedendo intanto ad aprire la gabbia. Poi disse:
— Volete smetterla con i piagnistei? La porta è aperta, ma se non ne approfittate, si sveglierà il guardiano, e addio libertà.
Quando i due prigionieri furono usciti dalla gabbia, ricominciarono gli abbracci e i saluti, perché adesso non c'erano più le sbarre a dividerli dal loro figliolo.


Anche Cipollino era abbastanza commosso.
— Povero babbo, — pensava, — anch'io non finirò mai di abbracciarvi, il giorno che riuscirò a togliervi di prigione.
— Adesso però bisogna andare, — disse ad alta voce.
I due vecchi vollero passare prima a salutare una famiglia di orsi bianchi che viveva in un laghetto. Intanto nei giardini si era creata una certa animazione, e la notizia della partenza degli orsi era subito arrivata in ogni angolo. Cosa volete, gli orsi erano in generale abbastanza benvoluti, ma avevano anche loro dei nemici. Una Foca che non li poteva vedere (c'era tra loro un antico odio di famiglia) cominciò ad abbaiare tanto forte che il guardiano, nonostante avesse il sonno duro, si svegliò.
— Che cosa succede? — domandò all'Elefante.
— Non saprei proprio, — rispose il vecchio filosofo. — Ma che cosa volete che succeda? Non succede mai nulla di nuovo, e nulla di nuovo accadrà stanotte. Credete forse di essere al cinema, dove ogni dieci minuti succede qualche avventura?
— Forse hai ragione, — ammise il guardiano, — ma voglio dare un'occhiata in giro.
Nell'uscire dalla stalla cadde quasi addosso al terzetto dei fuggitivi.
— Aiuto! — cominciò a gridare — Aiuto!
I suoi aiutanti si svegliarono e circondarono il giardino. La fuga era diventata del tutto impossibile.
Cipollino e i tre orsi si erano tuffati in un laghetto e si tenevano nascosti a fior d'acqua. Purtroppo e per disdetta, però, erano andati a finire proprio nel laghetto della Foca.
— Ah! Ah! — ridacchiò qualcuno alle loro spalle. Era la Foca in persona.
— Lor signori mi permetteranno di ridere, — fece. — Ah! Ah!
— Signora, — pregò Cipollino, che tremava per il freddo, — capisco la sua allegria. Ma le sembra bello ridere alle nostre spalle proprio mentre ci stanno cercando?
— Altroché, se mi sembra bello. Anzi, ora avvertirò subito il guardiano perché venga a catturarvi.
E non lo disse due volte, ma andò dritta a chiamare il guardiano e i suoi aiutanti. In men che non si dica gli orsi vennero ripescati, anzi il guardiano ebbe la sorpresa di pescarne tre mentre gliene mancavano due soli. In più, catturò anche quel nuovo animale, di una specie sconosciuta e che parlava come un uomo, dicendo:
— Signor guardiano, come lei vede c'è un equivoco: io non sono un orso.
— Lo vedo da me: ma che cosa facevi nel laghetto?
— Prendevo un bagno.
— Come minimo, dunque, ti buscherai una multa, perché è proibito fare il bagno ai giardini pubblici.
— Io non ho soldi, con me, ma se lei vuoi essere così gentile da aspettarmi qui, posso andare a prenderli.
— Io non sono gentile, e in attesa che tu mi paghi la multa, ti metterò nella gabbia con le scimmie. Passerai la notte là, e domattina si vedrà.
La scimmietta di prima accolse molto allegramente il nuovo venuto e ricominciò senz'altro il suo bislacco racconto:
— Le stavo raccontando, — disse, accoccolandosi sulla coda, — di quell'esploratore con la testa rossa. Ma se le dico rossa, era rossa. Io non dico mai bugie salvo nei casi di necessità, s'intende. Però mi piacciono, sa? Le bugie hanno un sapore straordinario. Quando dico le bugie, sento in bocca un dolce, ma un dolce, come se….
— Senta, — la pregò Cipollino, — non potrebbe rimandare le sue confidenze a domani mattina? Vorrei fare una buona dormita, perché ho bisogno di ricuperare le mie forze.
— Posso almeno cantarle la ninna-nanna? — propose la scimmia.
— No, grazie, ne faccio volentieri a meno.
— Posso rincalzare le coperte?
— Ma non vede da sola che non ci sono coperte?
— Dicevo per dire, — brontolò la scimmia. — Io chiedo solo di essere gentile. Ma se lei vuole che io sia sgarbata, la servo subito.
Così dicendo, la scimmia gli voltò la schiena, offesissima. Cipollino sorrise e ne approfittò per addormentarsi. La scimmia aspettava che Cipollino la pregasse di voltarsi di nuovo, ma non udendo nessun rumore, pensò di prendere l'iniziativa. Vide così che il ragazzo si era già addormentato e, più offesa che mai, si ritirò in un angolo e si accucciò per spiarlo.
Cipollino rimase due giorni nella gabbia delle scimmie, con gran divertimento dei bambini che andavano allo zoo con le bambinaie e non avevano mai visto una scimmia vestita come loro.
Il terzo giorno potè mandare un biglietto a Ciliegino, che venne in città col primo treno, pagò la multa e lo fece finalmente uscire.
Cipollino gli chiese prima di tutto notizie dei suoi amici e rimase molto preoccupato quando sentì che erano scomparsi senza lasciar traccia.
— Non riesco a capire, — diceva, crollando il capo. — Nella grotta stavano al sicuro. Che cosa può averli spinti ad abbandonarla?
Si descrive, di passaggio, un treno speciale e il suo viaggio
Per tornare al Castello, Ciliegino e Cipollino presero il treno. Già, di questo treno non vi ho ancora detto niente. Un treno straordinario. Aveva una sola carrozza, e tutti i posti erano vicino al finestrino, così nessuno doveva litigare per ammirare il panorama. Per i bambini, figurarsi, era una manna.
Ma quel trenino era una manna anche per gli uomini grassi. Infatti, nelle pareti della carrozza avevano fatto delle nicchie apposta per loro. I grassi salivano e vi accomodavano la pancia, così viaggiavano comodi.
Proprio mentre stavano per montare in treno, Ciliegino e Cipollino sentirono la voce di Fagiolone che diceva:
— Coraggio, signor Barone. Ancora una spinta e siamo a posto. Il Barone Melarancia stava salendo in treno e naturalmente, data la sua pancia, faceva una tremenda fatica. Fagiolone, da solo, non ce la faceva a spingerlo sul predellino. Chiamò due facchini per farsi aiutare, ma nemmeno in tre riuscirono a farlo salire di un gradino. Finalmente accorse il capostazione e si mise a spingere anche lui. Spingeva senza togliersi dalle labbra il fischietto, e per la fatica gli scappò un sonorissimo fischio.
Il macchinista credette che fosse il segnale di partenza e abbassò la manovella. Il treno si mosse.
— Ferma! Ferma! — gridava il capostazione.
— Aiuto! Aiuto! — gridava il Barone Melarancia.
Ma per lui fu una fortuna, perché il treno, partendo, gli diede una scossa che lo spinse in carrozza. Il Barone tirò un respiro di sollievo, accomodò la pancia nell'apposita nicchia e aprì subito il pacco delle provviste dove c'era un intero montone arrostito.
Tutti quegli incidenti aiutarono Ciliegino e Cipollino a salire inosservati.
Durante il viaggio il Barone fu troppo occupato a mangiare per vederli. Fagiolone, dal canto suo, li scorse, ma Ciliegino si pose un dito sulle labbra per raccomandargli il silenzio, e il cenciaiolo rispose con un cenno che era d'accordo.
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