“Beh, il supervisore di tutta la squadra vive in Colorado, ma l’uomo che manda avanti la baracca dovrebbe essere in ufficio.”
“Lui andrà benissimo,” rispose Avery.
“Un momento,” disse la receptionist, alzandosi in piedi e attraversando una grande porta di quercia all’estremità della sala.
Quando si fu allontanata, Ramirez si avvicinò ad Avery, tenendo la voce bassa per via dell’altra donna che era rimasta al bancone dietro al suo computer.
“Ma prima di oggi tu lo sapevi che qui ci fosse un posto del genere?” chiese.
“Assolutamente no. Ma immagino che il basso profilo abbia un senso; i centri tecnologici collegati alle università ma che si trovano fuori dai campus di solito cercano di non farsi notare.”
“Sempre Discovery Channel?” chiese lui.
“No. Semplici ricerche.”
Passò poco meno di un minuto perché la donna ritornasse. Quando lo fece, era insieme a un uomo. Indossava una camicia e pantaloni khaki. Un lungo camice bianco che somigliava a quello che spesso indossavano i dottori copriva parzialmente il tutto. Sul suo volto c’era un’espressione di ansia e preoccupazione che sembrava accresciuta dagli occhiali che portava.
“Salve,” disse, avvicinandosi ad Avery e a Ramirez. Tese una mano per una stretta e si presentò: “Sono Hal Bryson. Cosa posso fare per aiutarvi?”
“Lei qui è il supervisore?” domandò Avery.
“Più o meno. Qui dentro lavoriamo solo in quattro. Facciamo a turno ma sì, sono io che controllo gli esperimenti e i dati.”
“E che genere di lavoro svolgete qui?” chiese Avery.
“Molte cose diverse,” rispose Bryson. “A rischio di sembrare esigente, se poteste dirmi perché siete venuti qui, potrei essere un po’ più preciso.”
Avery tenne bassa la voce, non volendo che le donne alla scrivania la sentissero. E dato che era chiaro che Bryson non aveva alcuna intenzione di invitarli a entrare oltre il foyer, capì che avrebbero dovuto tenere quella conversazione lì dove erano.
“Stiamo indagando su un caso in cui il sospetto sembra avere un interesse per il freddo e le temperature basse,” spiegò. “Ieri ha mandato una lettera di sfida alla centrale di polizia. Stiamo cogliendo l’occasione per capire se qui svolgete delle ricerche che possano essere collegate alle nostre indagini. È un caso molto particolare quindi stiamo partendo dall’unico indizio vero e proprio che abbiamo, il freddo.”
“Capisco,” disse Bryson. “Beh, in effetti ci sono diversi esperimenti che hanno luogo qui che coinvolgono le temperature estremamente basse. Potrei accompagnarvi in laboratorio per farvi vedere ma dovrei insistere che siate totalmente igienizzati e che indossiate una protezione appropriata.”
“Lo apprezzo,” replicò Avery. “E forse più tardi accetteremo. Speriamo di non esserne costretti. Ma potrebbe riassumerci alcuni di questi esperimenti?”
“Ma certo,” esclamò Bryson. Sembrava felice di poterli aiutare e assunse l’atteggiamento di un insegnante che iniziava la spiegazione. “La maggior parte dei test e del lavoro che facciamo qui che usa le temperature basse è teso a superare ciò che è conosciuto come il limite quantistico. Questo limite è una temperatura appena sopra lo zero assoluto, circa diecimila volte più freddo delle temperature che si incontrano nel vuoto spaziale.”
“E quale è lo scopo di uno studio di questo tipo?” chiese Ramirez.
“Aiutare la ricerca e lo sviluppo di sensori ipersensibili per un lavoro ancora più avanzato. È anche un ottimo modo per comprendere la struttura di certi elementi e come rispondono a simili temperature estreme.”
“E siete in grado di raggiungere queste temperature qui, in questo edificio?” indagò Ramirez.
“No, non nei nostri laboratori. Siamo solo un’estensione del National Institute of Standards and Technology di Boulder. Ma possiamo arrivarci abbastanza vicini.”
“E dice che siete solo in quattro,” ripeté Avery. “È sempre stato così?”
“Dunque, circa un anno fa eravamo in cinque. Uno dei miei colleghi si è dovuto allontanare. Stava iniziando a soffrire di emicranie e di altri problemi di salute. Non si sentiva affatto bene.”
“Si è dimesso per sua scelta?” insistette Avery.
“Esatto.”
“E potremmo sapere il suo nome, per favore?”
Un po’ preoccupato, Bryson disse: “Si chiama James Nguyen. Ma vi prego di perdonarmi se dico che dubito seriamente che sia l’uomo che state cercando. È sempre stato molto gentile, tranquillo… un uomo pacato. Anche una specie di genio.”
“Apprezzo la sua sincerità,” commentò Avery, “ma dobbiamo controllare ogni pista che ci si presenti. Saprebbe dirci come possiamo contattarlo?”
“Sì, posso trovarvi questa informazione.”
“Quando è stata l’ultima volta che ha parlato con il signor Nguyen?”
“Saranno almeno… oh, non lo so… otto mesi fa, direi. Solo una telefonata per sapere come stava.”
“E come stava?”
“Bene, da quello che ho capito. Stava lavorando come editore e ricercatore per una rivista scientifica.”
“Grazie per il suo tempo, signor Bryson. Se potesse trovare i contatti del signor Nguyen, sarebbe molto utile.”
“Certo,” disse lui, sembrando piuttosto triste. “Un momento.”
Bryson si diresse verso la receptionist dietro il computer e le disse qualcosa a bassa voce. La donna annuì e iniziò a battere sulla tastiera. Mentre aspettavano, Ramirez si avvicinò ancora una volta ad Avery. Era una strana sensazione, rimanere professionale mentre lui le era tanto vicino le risultava difficile.
“Meccanica quantistica?” disse. “Vuoto spaziale? Credo che potrebbe essere fuori dalla mia portata.”
Lei gli sorrise, trattenendosi a fatica dal baciarlo. Fece del suo meglio per rimanere concentrata mentre Bryson tornava da loro con in mano un foglio di carta stampato.
“È anche fuori dalla mia,” sussurrò a Ramirez, facendogli un altro rapido sorriso. “Ma di certo non mi dispiace cercare di capirci qualcosa.”
***
Certi giorni Avery era sorpresa da quanto le cose filassero lisce e senza problemi. Bryson aveva dato loro il numero di telefono, l’indirizzo email e di casa di James Nguyen. Avery aveva chiamato l’uomo e non solo le aveva risposto, ma aveva invitato i due detective a casa sua. Era sembrato persino felice di farlo, in effetti.
Quindi quando lei e Ramirez si diressero verso la sua porta d’ingresso, quaranta minuti dopo, non poté evitare di sospettare che stessero perdendo il loro tempo. Nguyen viveva in una magnifica casa a due piani a Beacon Hill. Apparentemente la carriera nelle scienze aveva dato i suoi frutti. A volte Avery provava ammirazione per le persone con una mente scientifica e matematica. Le piaceva leggere testi scritti da loro o ascoltarli parlare (una delle ragioni per cui era stata tanto attratta da cose come il Discovery Channel e le riviste Scientific American che di tanto in tanto sfogliava nella biblioteca del college).
Sotto la veranda, Ramirez bussò alla porta. Nguyen gli rispose praticamente subito. Sembrava essere sulla cinquantina. Indossava una maglietta dei Celtics e un paio di pantaloncini sportivi. Sembrava informale, calmo e quasi allegro.
Essendosi già presentati a telefono, Nguyen li invitò in casa. Entrarono in un ingresso elaborato che conduceva in una grande zona soggiorno. Sembrava che Nguyen si fosse preparato per il loro arrivo: aveva sistemato bagels e tazze di caffè su quello che a prima vista era un tavolino estremamente costoso.
“Prego, accomodatevi,” disse lo scienziato.
Avery e Ramirez si sedettero sul divano di fronte al tavolino mentre Nguyen si accomodava sulla poltrona davanti a loro.
“Servitevi pure,” disse Nguyen, facendo un cenno verso il caffè e i bagel. “Ora, cosa posso fare per voi?”
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