Jack Mars - Comando Primario - Le Origini di Luke Stone—Libro #2

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Comando Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #2: краткое содержание, описание и аннотация

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“Uno dei migliori thriller di quest’anno.”--Books and Movie Reviews (re A ogni costo)In COMANDO PRIMARIO (Le origini di Luke Stone—Libro #2), un travolgente thriller dello scrittore di bestseller #1 Jack Mars, il veterano della squadra d’élite Delta Force Luke Stone, 29 anni, guida il Gruppo di Intervento Speciale dell’FBI in una missione mozzafiato per salvare ostaggi americani da un sottomarino nucleare. Ma quando la situazione precipita, e il presidente sconvolge il mondo con la sua reazione, potrebbe stare proprio a Luke non solo salvare gli ostaggi, ma anche il mondo.  COMANDO PRIMARIO è un thriller militare da leggere tutto d’un fiato, un’avventura eccitante che vi terrà svegli tutta la notte. Il precursore della serie bestseller #1 LUKE STONE, ci porterà indietro dove tutto ha avuto inizio. Una serie emozionante dall’autore di bestseller Jack Mars, definito “uno dei migliori scrittori di thriller” del momento. “Il thriller al suo meglio.”--Midwest Book Review (re A ogni costo)Inoltre è disponibile la serie thriller bestseller di Jack Mars LUKE STONE (7 libri), che inizia con A ogni costo (Libro #1), un download gratuito con più di 800 recensioni a cinque stelle!

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Il collega scosse la testa, ma stava sogghignando. “Tanto è quello che la gente si aspetta da te. Digli che hai fatto un incontro di tae kwon do nel parcheggio durante la pausa caffè.”

I due uomini uscirono dallo spogliatoio e salirono una scalinata di cemento diretti verso il primo piano. La sala conferenze, che Mark Swann aveva voluto quanto più all’avanguardia possibile, era in fondo a un corridoio stretto. Don aveva l’abitudine di definirla il Centro di Comando, anche se secondo Luke era un po’ un’esagerazione. Un giorno, magari.

Gli si riempì lo stomaco di farfalle. Quegli incontri erano una novità per lui, e ancora non ci aveva fatto l’abitudine. Don gli aveva detto che con il tempo sarebbero diventati più facili.

Nell’esercito i briefing erano semplici. Funzionavano così:

Ecco l’obiettivo. Ecco il piano di attacco. Domande? Suggerimenti? Okay, prendete l’equipaggiamento.

Nel Gruppo di Intervento Speciale non andavano mai in quella maniera.

La porta della sala conferenza era davanti a loro. Era aperta. La sala era uno spazio piuttosto piccolo, e bastavano una ventina di persone per farlo sembrare un vagone del metrò affollato all’ora di punta. Quelle riunioni gli facevano venire i brividi. Non si faceva altro che discutere e rimandare l’azione. E la calca di gente lo rendeva claustrofobico.

Invariabilmente partecipavano i pezzi grossi di diverse agenzie, e i relativi assistenti non gli erano mai troppo lontani. I primi insistevano perché si facesse tutto a modo loro mentre i secondi scrivevano sui loro cellulari BlackBerry, prendevano appunti su blocchetti gialli e facevano telefonate urgenti. Che razza di persone erano?

Luke oltrepassò l’uscio, seguito da Ed. Le luci fluorescenti sopra di loro erano accecanti da quanto brillavano.

Non c’era nessuno nella sala. Beh, non proprio nessuno, ma neanche così tante persone quanto aveva pensato. Erano in cinque, per essere precisi. Sette contando anche lui e Big Ed.

“Ecco gli uomini che stavamo aspettando tutti,” li annunciò Don Morris. Non stava sorridendo. A Don non piaceva aspettare. Aveva un aspetto formidabile in camicia a pantaloni eleganti. Il suo linguaggio del corpo era rilassato ma il suo sguardo era severo.

Uno sconosciuto avanzò verso Luke. Era un generale a quattro stelle alto e magro, abbigliato in un’uniforme impeccabile. Portava i capelli grigi tagliati molto corti. Non c’era un filo di barba sul volto ben rasato, perché i peli sapevano bene che era meglio non sfidarlo. Luke non lo aveva mai incontrato prima, ma era come se a livello primordiale lo avesse sempre conosciuto. Era il tipo d’uomo che rifaceva il letto ogni mattina prima di ogni altra cosa. Sulle sue coperte si sarebbe potuta far rimbalzare una moneta, da quanto erano tirate. Magari lui lo faceva anche, giusto per essere sicuro.

“Agente Stone, Agente Newsam. Sono il generale Richard Stark, dello stato maggiore congiunto.”

“Generale, è un onore conoscerla.”

Luke gli strinse la mano e poi toccò a Ed.

“Siamo molto orgogliosi di quello che avete fatto un mese fa. Siete entrambi un vanto per l’esercito degli Stati Uniti.”

C’era anche un altro uomo. I suoi capelli stavano iniziando a diradarsi ed era sulla quarantina. Aveva una grossa pancia rotonda e dita corte e tozze. Il completo non gli cadeva bene addosso, era troppo stretto sulle spalle e sul ventre. Aveva una visto emaciato e un naso bulboso. A Luke faceva pensare a Karl Malden in una pubblicità per la televisione contro le frodi con le carte di credito.

“Luke, io sono Ron Begley della Homeland Security.”

Strinsero le mani anche a lui, ma Ron non fece accenno all’operazione del mese prima.

“Ron. È un piacere conoscerla.”

Nessuno disse niente sul volto di Luke. Fu un sollievo, anche se lui era certo che dopo il briefing Don avrebbe avuto dei commenti da fare.

“Ragazzi, perché non vi sedete?” li invitò il generale, indicando il tavolo delle conferenze. Era gentile da parte sua, invitarli a sedere nel loro stesso quartier generale.

Luke ed Ed si accomodarono accanto a Don. In un angolo della stanza c’erano altri due uomini, entrambi in giacca e cravatta. Uno era calvo e portava un auricolare che spariva dentro la giacca, e tutti e due avevano uno sguardo impassibile. Nessuno parlava e non furono presentati. Il loro ruolo era chiaro.

Ron Begley chiuse la porta.

Era strano che non ci fosse nessun altro membro del Gruppo d’Intervento Speciale nella sala.

Il generale Stark guardò Don.

“Siamo pronti?”

L’uomo allargò le grandi mani, come un fiore che aprisse i suoi petali.

“Sì. Ci servivano solo loro. Faccia del suo peggio.”

Il generale guardò Ed e Luke.

“Signori, tutto quello che sto per dirvi sono informazioni riservate.”

* * *

“Cosa non ci stanno dicendo?” domandò Luke.

Don alzò la testa. La scrivania dietro cui sedeva era in quercia lucida, ampia e pulita. Sopra c’erano due fogli di carta, il telefono dell’ufficio e un vecchio portatile malconcio Toughbook che sul dorso aveva l’adesivo di una punta di lancia rossa e un pugnale, il logo del Comando Operazioni Speciali dell’esercito. Quello era il tipo d’uomo a cui non piaceva il disordine.

Sulla parete alle sue spalle erano incorniciate diverse fotografie. Luke ne notò una di quattro giovani Berretti Verdi a torso nudo in Vietnam. Don era il ragazzo sulla destra.

Il capo gli indicò le due sedie di fronte al tavolo.

“Siediti e mettiti comodo.”

Luke obbedì.

“Coma va la faccia?”

“Un po’ dolorante.”

“Che cosa hai fatto, hai provato a entrare in macchina senza aprire la porta?”

Luke scrollò le spalle con un sorriso. “Ho incontrato Kevin Murphy al funerale di Martinez questa mattina. Te lo ricordi?”

Don annuì. “Certo. Era un soldato decente per essere un Delta. Un po’ rancoroso, suppongo. E lui che faccia ha… dopo il vostro incontro?”

“L’ultima volta che l’ho visto era ancora a terra.”

Don annuì di nuovo. “Bene. Qual era il problema?”

“Io e lui siamo gli unici sopravvissuti di quella notte in Afghanistan. Non l’ha ancora superato. Crede che avrei potuto fare di più per evitare la missione.”

L’altro uomo fece spallucce. “Non stava a te deciderlo.”

“È quello che gli ho detto. E gli ho anche dato il mio biglietto da visita. Se mi chiama, vorrei che considerassi di assumerlo qui. Ha l’addestramento di un Delta, esperienza in combattimento, che io sappia ha fatto tre mandati in guerra, e non se la fa addosso quando le cose si fanno dure.”

“È stato congedato?”

Luke annuì. “Già.”

“Che sta facendo ora?”

“Rapine a mano armata. Sta eliminando vari signori della droga in diverse città.”

Don scrollò il capo. “Gesù, Luke.”

“Ti chiedo solo di dargli un’occasione.”

“Ne riparleremo,” replicò lui. “Quando e se chiamerà.”

Gli fece un cenno d’assenso con la testa. “Mi sembra giusto.”

Poi Don si avvicinò uno dei fogli che aveva sulla scrivania e si spinse un paio di occhiali da lettura dalla montatura nera sulla punta del naso. Luke ormai glielo aveva visto fare più di una volta e l’effetto era sempre scioccante: Superman Don Morris doveva mettere gli occhiali per leggere.

“Ora parliamo di questioni più urgenti. Le cose che non ci hanno detto al briefing sono le seguenti: questa missione ci è stata assegnata direttamente dallo Studio Ovale. Il presidente l’ha tolta dalle mani del Pentagono e della CIA perché è convinto che abbiano una talpa. Se i russi riescono a far parlare l’uomo della CIA che hanno rapito, non sappiamo che genere di informazioni potrebbe dargli ma comunque sarebbe una notevole seccatura. Dobbiamo muoverci rapidamente. E che rimanga tra noi, ma il presidente è furioso.”

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