Jack Mars
GLORIA ASSOLUTA
GLORIA ASSOLUTA
(LE ORIGINI DI LUKE STONE—LIBRO 4)
J A C K M A R S
Jack Mars
Jack Mars è l’autore bestseller di USA Today della serie di thriller LUKE STONE, che per ora comprende sette libri. È anche autore della nuova serie prequel LE ORIGINI DI LUKE STONE, e della serie spy thriller AGENTE ZERO.
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I LIBRI DI JACK MARS
SERIE THRILLER DI LUKE STONE
A OGNI COSTO (Libro 1)
IL GIURAMENTO (Libro 2)
SALA OPERATIVA (Libro 3)
CONTRO OGNI NEMICO (Libro 4)
OPERAZIONE PRESIDENTE (Libro 5)
IL NOSTRO SACRO ONORE (Libro 6)
REGNO DIVISO (Libro 7)
SERIE PREQUEL CREAZIONE DI LUKE STONE
OBIETTIVO PRIMARIO (Libro 1)
COMANDO PRIMARIO (Libro 2)
MINACCIA PRIMARIA (Libro 3)
GLORIA ASSOLUTA (Libro 4)
SERIE DI SPIONAGGIO DI AGENTE ZERO
AGENTE ZERO (Libro 1)
OBIETTIVO ZERO (Libro 2)
LA CACCIA DI ZERO (Libro 3)
UNA TRAPPOLA PER ZERO (Libro 4)
DOSSIER ZERO (Libro 5)
IL RITORNO DI ZERO (Libro 6)
ASSASSINO ZERO (Libro 7)
UN'ESCA PER ZERO (Libro 8)
UN RACCONTO DELLA SERIE AGENTE ZERO
14 ottobre 2005
18:11 fuso orario del Libano (11:11 fuso orario della Costa Orientale)
Tripoli
Libano settentrionale
"Cosa dice?"
Il tiratore alto, magro e biondo fissava attraverso il mirino telescopico del fucile QBU-88 di fabbricazione cinese. L'uomo aveva passato le ultime ventiquattr'ore a familiarizzare intimamente con quell’arma. Era un’evoluzione di un vecchio fucile da cecchino russo, il Dragunov. Quell’uomo aveva già sparato con un Dragunov in passato. Questo era migliore.
L'allievo aveva superato il maestro. I cinesi erano i più grandi imitatori al mondo. Copiano tutto quello che fai e lo fanno meglio.
L'uomo giaceva a pancia in giù in una fitta vegetazione su un altopiano che dominava la città di Tripoli e il fucile era proprio davanti a lui, sorretto da un cavalletto. Nella sua mente, cercò di immaginare il muso scuro di questa cosa che spuntava dai cespugli. Era sicuro di essere praticamente invisibile, per quanto possibile.
Alla sua sinistra, e sotto di lui, antichi edifici di pietra, in molti colori scrostati e sbiaditi, sfilavano come soldati lungo il ripido fianco della collina verso un mare di un colore blu intenso.
Il nome del bandito non era Kevin Murphy. Il suo passaporto canadese portava il nome Sean Casey. La sua patente di guida dell'Ontario riportava lo stesso nome. Un canadese di nome Sean Casey era un'identità molto buona, molto rassicurante.
Era solo un avventuroso canadese giramondo, che visitava destinazioni fuori dai sentieri battuti come la seconda città fatiscente, lacera, ma comunque molto bella del Libano, arroccata come un gioiello sulla costa mediterranea.
Non c'è niente da vedere qui.
Solo un minuto prima, il sole era scivolato dietro il mare in uno spettacolare tripudio di giallo e arancione, con solo un lampo di verde alla fine. L'uomo armato che non si chiamava Murphy aspettava sempre quel lampo verde. L'aveva notato in così tanti luoghi che ormai aveva perso il conto.
Nel cerchio del mirino telescopico di quest’uomo che non si chiamava Murphy, c'era un altro uomo con una barba nera, striata di bianco. Indossava un copricapo a scacchi bianchi e rossi. Il suo nome era Abdel Aahad. Era sulla cinquantina, era un soldato della guerra radicale sunnita e leader della milizia che aveva operato fuori da questa città, trascurata negli ultimi vent'anni. Ma non per molto ancora.
Aahad era seduto presso un patio a circa novecento metri di distanza, diciamo nove campi da calcio, o forse tre piani più in basso. Era un tiro difficile, proprio al limite del raggio d'azione di quell’arma. Il dislivello lo rendeva ancora più complicato. La leggera brezza proveniente dal mare lo rendeva addirittura azzardato.
Il sole era tramontato. Presto sarebbe arrivato il crepuscolo. Se quello sparo avesse dovuto risuonare, lo avrebbe fatto proprio in quel momento.
Disse semplicemente: “Colpisci la testa e anche il corpo morirà”.
Il nostro uomo che non si chiamava Murphy non guardò il suo compagno, un ragazzo di nome Ferjal.
Ferjal era una recluta di Hezbollah. Non ancora diciottenne, faceva cose folli e pericolose da quando ne aveva quattordici o quindici. Dimostrava non più di dodici anni. Era accanto al suo compagno nei cespugli, in una posizione accucciata di allerta che molti uomini, in tantissime parti del mondo, usavano ancora.
Agli americani non serviva saper tenere quella posizione. Gli americani avevano una piccola e ingegnosa invenzione chiamata "sedia".
L’uomo il cui nome non era Murphy sapeva che Ferjal aveva un auricolare in un orecchio e stava ascoltando la conversazione in Arabo che avveniva in quel lontano patio di pietra. Abdel Aahad aveva molti amici in questo mondo, ma l'uomo seduto con lui nel patio non era uno di loro.
“Davvero? Ha detto questo?"
"Sì. Conosci questa frase?"
L’uomo si strinse leggermente nelle spalle. Non distolse lo sguardo dal mirino.
“L'ho sentita al contrario. Uccidi il corpo e la testa morirà, mi sembra più corretta. In molti casi, uccidi la testa e il corpo morirà è un’affermazione falsa. È molto difficile avvicinarsi alla testa, e comunque ne cresce sempre una nuova. Il corpo, invece…"
"Il contesto è il presidente americano", disse Ferjal.
L’uomo che non si chiamava Murphy fissava i movimenti della mascella di Abdel Aahad mentre parlava. Molto, molto lentamente, spostò l'obiettivo del suo mirino appena sopra la tempia di Aahad, e appena un po' a sinistra. Aahad era molto lontano. Il pesante colpo sparato da quell’arma era perforante, quindi non c'era da preoccuparsi. Il cranio umano era tutt'altro che un'armatura. Tutto quello che doveva fare era colpire la testa di Aahad da qualche parte , e questa sarebbe scoppiata come un pomodoro maturo.
Ma la traiettoria era piatta e avrebbe perso un po' di potenza lungo il percorso, quindi doveva mirare solo un po' più in alto. La brezza dell'acqua avrebbe anche alterato leggermente la traiettoria, spingendo il proiettile … di poco… verso… destra.
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