"Tutto bene?" Chiede Olive, mettendomi una mano sulla spalla. Me la stringe delicatamente, quel gesto mi ricorda la Altman. È la risposta universale alle lacrime di una donna o qualcosa del genere?
Mi schiarisco la gola. "Sto bene. È solo che... Sono appena stata dall’endocrinologa.”
“Oddio. Sei per caso... Sterile??” L’espressione di Olive è preoccupata, e sussurra la parola sterile .
“No, non esattamente”, dico, scuotendo la testa. “Diciamo che ha appena messo un limite temporale piuttosto rigido. Se voglio un bambino, devo iniziare adesso .”
“Beh... Non è questo il fine per cui si va da un esperto di fertilità?”. Olive fa un espressione confusa. “Pensavo fossi pronta per iniziare!”
“È solo che... Penso che sono pronta per fare cose come... Guardare i campioni di vernice per la cameretta, o comprare un libro di nomi per bimbi. Ma non per essere ingravidata, non ancora. Ma ora, non ho molta scelta. I miei stupidi follicoli produttori di ovuli non sono veramente interessati ad aspettarmi.”
Starnutisco e indico il pacchetto di fazzoletti. Me li porge con un’espressione accigliata.
“Accidenti, io ho un anno più di te. Forse dovrei andare a far controllare i miei follicoli”, dice. “Non ho mai considerato l’idea di non poter avere figli.”
Sbatto le palpebre. “Mi dispiace, non intendevo coinvolgerti nelle mie paturnie da potenziale madre.”
Lei sorride, allontanando la mia preoccupazione.
“Non preoccuparti. È di te che parlando di te, no?”
Emetto un respiro tremolante e mi sistemo meglio sul sedile.
"Si. Credo che... Non lo so. Ora immagino di dover intraprendere la strada dell’inseminazione artificiale.”
“O potresti semplicemente farti una botta via e sperare per il meglio”, ipotizza Olive. “Oooohhh, oppure… Puoi chiedere a qualcuno di farti da paparino. Sai, redigere un mucchio di scartoffie affinché poi non abbia alcuna responsabilità.”
“Sì, ma poi dovrei trovare qualcuno e chiederglielo sul serio. Non sono davvero in vena di incontrare una marea di ragazzi”, dico.
“Uhmm, hai un appuntamento con un ragazzo super bello domani sera, andiamo. Più facile di così! Chiediglielo e basta!”
Lancio ad Olive lo sguardo più disgustato che riesco a fare. “Sì, come no. Chiederò a Jett di essere il mio donatore di sperma. Sono sicura che farà i salti di gioia.”
"Perché no? Cos’hai da perdere?"
“Uhmmm, la mia dignità tanto per cominciare.”
Fa un pfff che suona come una clamorosa scoreggia. "Fallo e basta. I tuoi follicoli dicono che dovresti. Ascolta: smetti di fare quella faccia, smetti di reagire e pensaci solo per un secondo. Non eri tu quella che ha detto che probabilmente non cerca una cosa seria?”
Mi fermo, torcendomi le dita in grembo. Ha ragione, l’ho detto. "Beh... sì".
“E allora... Chiediglielo e basta! Senti cos’ha da dire. Mal che vada sarà un modo per fare pratica per quando dovrai chiederlo all’uomo che alla fine diventerà il padre biologico del tuo bambino.”
Espiro. “Non lo so.”
Olive lancia un’occhiata al suo sottile orologio d’oro. "Va bene. Devo andare in tribunale, e sicuramente tu avrai un sacco di lavoro da fare. Pensaci.”
"Va bene. Ehi, grazie per aver capito che stavo andando nel panico.”
Fa una risata buffa, un po’ come un asino impazzito. Le sorrido.
“Non sapevo che fossi in preda al panico, pensavo solo che potessi avere un assorbente in macchina.”
Sorrido. "Sì, ce l’ho! Controlla nel cruscotto!”
Lo apre e tasta a caso fino a quando lo trova. Scuote in aria con diversi involucri blu lucidi.
“Trovati! Grazie.”
“Devo davvero andare”, dice, aprendo la portiera. “Pensa a quello che ho detto, però! Jett James sarebbe un eccellente paparino.”
Tento di replicare, ma lei sbatte la portiera, allontanandosi col clic-clac dei suoi tacchi. Rimango in macchina ancora per un po’, rimuginando su ciò che mi ha detto.
5
Mi sposto sulla panca di quercia logora su cui sono seduto, guardando la strada dalla finestre. Sposto da un lato la pesante tenda, cercando una visione migliore, ma la cosa non aiuta. Una donna anziana si avvicina al bar e apre la porta.
Mi appoggio allo schienale con un sospiro. Devo ammetterlo, sono ansioso che si presenti Cady.
All’interno, l’arredamento è tutto broccato e velluto, l’illuminazione è fioca. È un bar per i primi appuntamenti, lo si può notare dagli arredi vittoriani e dal prezzo delle bevande.
Finisco di bere il mio drink old-fashioned che sorseggio da un po’, drenando le ultime gocce annacquate. Controllo l’orologio, ma è ancora troppo presto perché arrivi.
Perché ho deciso di venire qui così presto? Mi chiedo per la terza volta.
Ma so perché. Perché faccio cose idiote? Perché sono un coglione arrapato, ecco perché.
Guardo fuori dalla finestra e questa volta vedo Cady. Faccio un piccolo fischio fra me e me.
È dannatamente figa.
La prima volta che l’ho vista era vestita, probabilmente in tenuta da lavoro. Stasera, però, indossa quest’incredibile tubino rosso che lascia le braccia nude. Faccio scorrere lo sguardo su e giù per la sua figura, in particolare sulle sue dannate gambe chilometriche in bella mostra.
Non mi vede quando si ferma fuori. Prendo un momento per dare un’occhiata ai suoi lineamenti patrizi, al suo naso arcuato, alle labbra carnose e agli zigomi alti. Si passa una mano sui capelli, che sono ben raccolti all’indietro.
È davvero, davvero dannatamente bella. Vado avanti e mi limito a sistemare il mio cazzo nei jeans, perché presto vorrà stare sull’attenti.
Cady si passa le mani sul vestito, allisciandolo. La vedo prendere fiato e poi aprire la porta. Mi giro un po’, in modo che non possa accorgersi che la stavo fissando attraverso la finestra.
“Ehi,” dico quando mi vede. Mi alzo. “Ce l’hai fatta.”
Lei arrossisce e viene accanto a me. “Già!”.
“Che ne dici di un abbraccio? È importante tenere vivo il contatto nella nostra relazione,” dico scherzando.
Le sue guance si tingono di un rosa chiaro, ma apre le braccia per accogliermi, premendo il suo corpo contro il mio. È molto più bassa di me, quasi fragile tra le mie braccia. Quell’idea mi porta a pensare a come sarebbe averla sotto di me, o sopra di me, mentre grida il mio nome.
Il mio cazzo si mette subito sull’attenti. La rilascio e indietreggio rapidamente.
“Ecco, siediti pure. Chiamo la cameriera...” Le dico, guidandola l’angolo del nostro tavolo con una mano sulla sua schiena. Mi guardo intorno e faccio un cenno alla cameriera.
Una ragazza ben vestita viene a servirci. Ha i capelli biondi e ricci, un vestito di pelle nera e dei tatuaggi piuttosto interessanti.
Se non fossi stato così impegnato a provare a scoparmi Cady, avrei sicuramente parlato con lei.
“Ha bisogno di un menu?” chiede a Cady.
Vedo Cady che ascolta la cameriera, ma non riesco a interpretare la sua reazione. Cosa starà nascondendo? Mi domando.
“Prendo una vodka con soda e doppio lime”, dice Cady.
“Io prendo un altro old-fashioned”, dico con un sorriso.
Mentre la cameriera si dirige verso il bar, vedo di nuovo quello sguardo sul volto di Cady. La stessa espressione calcolatrice di prima, solo che questa volta si tratta dell’interazione che ho appena avuto con la cameriera. Non so bene cosa stia pensando, ma preferirei non rischiare di chiederglielo.
Devo fare alcune domande per distrarre entrambi.
“Okay. Un paio di informazioni su di me”, dico. Adesso il suo sguardo grigio scuro è su di me, così deciso che quasi brucia.
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