“Cosa dovrebbe significare?” esplode. Adesso è davvero incazzata, la sua coda bionda ondeggia ad ogni movimento. “Seriamente, come hai potuto non parlarmi di questo? O forse... Aspetta, hai già una donna da portarti? Oh mio Dio, mi stai tradendo?”
"Woah, woah, calma! Prima cosa, no. Seconda cosa, quando avrei tempo per tradirti?” Dico sulla difensiva. “Sto solo dicendo che... Sai, è qualcosa di futuro. Chissà cosa succederà…”
Mi fissa, puntandomi un dito contro.
“Vorresti dire che in questi tre mesi qualcosa potrebbe andare storto nella nostra relazione?”
"No..." Dico colpevole. Mi fissa per un secondo e inizio a chiedermi se è in grado di leggere i miei pensieri del cazzo. Perché ho detto di no, ma magari intendevo dire… “forse”.
“Sai che ti dico? Ne ho abbastanza. Appena esci per andare a lavoro, me ne vado e porto via le mie cose. Non preoccuparti nemmeno di litigare, perché non voglio ascoltarti.”
“Aspetta, Emily…”
Sale le scale come una furia e sento una botta in lontananza. È la porta della camera da letto.
Cazzo.
Il fatto è che quel giorno andai a lavorare. Pensai che sarebbe tornata a fare tutto quello che faceva normalmente, andando in giro a fare shopping e allenandosi. E che poi si sarebbe calmata. Lei inviai dei fiori dal lavoro, pensando di fare qualcosa di carino.
Ma poi, tornai a casa e trovai l’appartamento a soqquadro, le sue chiavi sul bancone e un biglietto.
Non chiamarmi MAI più.
Mi vengono i brividi mentre ascolto Kendrick Lamar, quindi spengo il rap. Finalmente vado di sopra, afferrando il mio iPod mentre esco. Vado fuori e inizio la mia corsa, con tutti gli altri ricconi che vanno a correre presto nel quartiere di Buckhead. Ricomincio col rap, ascoltando Drake mentre canta e racconto di quanto sia famoso.
So che le cose con Emily sono andate male per colpa mia. Questo ora mi è chiaro, soprattutto dopo lunghe notti passate a lagnarmi con i miei amici. Alex e Mason ascoltano, e non hanno paura di rispondere alle domande.
Quindi eccomi qui, un ragazzo da poco... Va beh, non proprio single da poco, in cerca di una preda. L’altra sera Cady mi ha davvero rapito... Nonostante il fatto che non sia affatto il mio tipo. Bionda, minuta, amabile, accondiscendente... Nessuna di quelle parole rispecchia Cady.
Forse è una buona cosa, penso. Forse ho bisogno di qualcuno che non sia il mio tipo, che sia completamente diversa.
Provo a immaginarmi durante un appuntamento con Cady, io che le tengo la mano. Mi immagino di sposarla, di vedere il suo viso emergere da dietro quel velo bianco. Cady in ospedale, che partorisce il nostro bambino.
Non riesco davvero ad immaginarlo, ma poi, di nuovo, non sono mai stato in grado di immaginarlo, con nessuna. Forse è per questo che sono ancora solo a questa età. Forse devo solo scegliere qualcuna che penso valga il mio tempo e la mia energia, e impegnarmi con lei.
Accelero il passo, correndo fino a quando non riesco più a pensare.
4
Arrivo a lavoro, nel parcheggio a più piani, e mi infilo in un box prima di perderlo. Spengo la macchina mentre delle lacrime calde e salate iniziano a colarmi sulle guance.
Certo, non voglio piangere... Ma se devo farlo, questo è il posto giusto. Sola nella mia macchina, nell’oscurità del parcheggio, sono al sicuro. Mi chino in avanti e appoggio la testa sulle mie braccia, che a loro volta sono appoggiate sul volante della mia Mercedes. Mentre piango, le lacrime mi gocciolano in grembo, bagnando il mio vestito di seta bianca.
Piango perché sono appena stata dalla dottoressa Altman, la mia endocrinologa riproduttiva aka la mia guru della fertilità. Sfortunatamente, non importa quanto sia carina, non ci sono frasi carine per descrivere la mia situazione. Vedevo la bocca della dottoressa muoversi, ma tutto quello che ho sentito è stato “Non c’è più tempo, Cady!”.
Quindi, in breve, il mio problema è che i miei follicoli produttori di ovuli si sono assottigliati parecchio con l’età. Sulla base di alcune foto delle mie ovaie e in particolare di quei follicoli, la Altman prevede che mi restino solo tre anni effettivi di ottima fertilità.
Seduta sulla sedia di plastica dura del suo ufficio in stile svedese, ho fatto un po’ di conti. Anche se dovessi rimanere incinta oggi, in qualche modo, perderei praticamente un anno prima di poter rimanere di nuovo incinta. Nella mia testa avevo pianificato una famiglia perfetta, con tre bambini, ognuno partorito a intervalli regolari di due anni.
Ho persino scelto i loro nomi, sia se saranno femmine, sia se saranno maschi.
Annuisco mentre la dottoressa cerca di rassicurarmi, ma in fondo so cosa sta dicendo.
Sono a corto di tempo.
Tutti gli anni passati al college e alla facoltà di giurisprudenza. Tutte le notti in piedi fino a tardi, cercando di mostrare il mio talento in quanto associata del primo (o secondo, o anche terzo) anno. Tutte le volte che ho raddoppiato i metodi contraccettivi perché rimanere incinta sarebbe stato un disastro...
Tutti quei momenti mi inondano la mente mentre esco dall’ufficio della dottoressa. Mi stringe il gomito e mi dice per l’ultima volta che andrà tutto bene. Mentre mi faccio strada verso il suo ingresso mi chiedo quante volte lo dica a tutti i suoi pazienti.
Salgo sulla mia Mercedes bianca, proteggendo gli occhi dal bagliore del sole, facendo una smorfia per quanto sono caldi i sedili. So di essere sotto shock. Ci vuole solo un po’ prima che mi pervada completamente. Venti minuti, per essere precisi.
Quindi ora eccomi qui, a cercare nel cruscotto il pacchetto di fazzoletti che tengo sempre lì. Lo trovo e ne tiro fuori uno, asciugandomi il moccio e le lacrime su tutto il sottile velo di carta.
Cosa dovrei fare esattamente con quelle informazioni?
Non posso tornare indietro di qualche anno, in un certo senso ‘riavvolgere’ l’orologio. Questa non è un’opzione.
L’unica cosa che posso davvero fare dopo quel responso è sbrigarmi e rimanere incinta. Anzi, sbrigarmi e trovare un ragazzo stabile con dei geni belli e forti che voglia sposarsi e avere figli e, poi, rimanere incinta.
Affondo di nuovo nel mio sedile, adesso sto davvero singhiozzando. Quel tipo di pianto in cui singhiozzo, provo a respirare e piangere allo stesso tempo, senza però riuscirci.
Qualcuno bussa al finestrino, sento un leggero toc-toc . Sobbalzo così forte che, lo giuro, salto quasi fuori dal mio sedile, con il cuore che batte all’impazzata. Mi asciugo furiosamente il viso per un secondo prima di sentire una voce un po’ ovattata dal finestrino.
“Sono Olive”, dice. "Va tutto bene?"
Rilasso il respiro con un soffio e la guardo con gli occhi socchiusi. Lei mi guarda preoccupata.
"Che ci fai qui?" dice, indicando il parcheggio.
Allungo la mano e premo il pulsante per aprire le porte e le faccio cenno di entrare. Corre dall’altro lato della macchina, facendo schioccare a terra i tacchi delle sue Manolo Blahnik. Entra, i suoi lunghi capelli rossi si adagiano perfettamente su un tubino attillato a fiori.
Mi sento come un disastro trasandato accanto a lei, il che mi spinge di nuovo a piangere.
“Oh, oddio!” Esclama Olive, inclinandosi per abbracciarmi. "Vieni qui.”
Mi lascio abbracciare, chinandomi goffamente verso il centro dell’auto. Mi sforzo di non bagnare con le mie lacrime il suo vestito sorprendentemente morbido, tenendo il viso un po’ lontano da lei mentre mi abbraccia. Comunque, cerco di mantenere il controllo. Nessun singhiozzo e nessuno spasmo.
Appena le mie lacrime si asciugano, mi allontano, pronta a riguadagnare tutto ciò che resta della mia dignità. Olive trova i fazzoletti e me ne dà uno, e faccio del mio meglio per asciugarmi il viso. Non avevo considerato il mio trucco fino a questo momento, ma sono sicura che il mascara e l’eyeliner colano in modo orrendo sul mio viso.
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