Il Dr. Mattia Prayer Galletti si sofferma in particolare sull’impegno dell’IFAD in favore dei popoli indigeni nelle diverse regioni del mondo. In questo campo si incontrano le grandi sfide dell’umanità di oggi in una forma concreta e specifica: i popoli indigeni sono visti come un ostacolo al modello oggi prevalente di sviluppo economico; essi hanno un rapporto con la natura che li rende particolarmente capaci di rispondere positivamente alla problematica ambientale; sono popoli con culture proprie, degne di grande rispetto, da cui vi è molto da imparare e che oggi sono ad alto rischio di estinzione; sono comunità che incontrano grandi difficoltà a ottenere il riconoscimento dei loro diritti nell’ambito dei sistemi politici e giuridici dei Paesi dove si trovano. Tutte queste considerazioni sono di fondamentale importanza anche nel contesto del Sinodo per l’Amazzonia e per l’attuazione dei suoi orientamenti.
SCIENZA ED ETICA DAVANTI AI GRANDI DILEMMI:
FAME, ECOLOGIA, GIUSTIZIA, PACE…
José T. Esquinas Alcázar prende le mosse dal problema della fame e della malnutrizione per sottoporre a dura critica la deriva mercantilistica odierna dell’attività agroalimentare con le sue conseguenze drammatiche di ingiustizia e di spreco e per mettere in luce l’importanza, non riconosciuta, dell’agricoltura familiare e dei piccoli agricoltori. Il discorso però si allarga sul futuro del pianeta – Quo vadis Terra? – per superare una visione antropocentrica e formulare le esigenze di un’etica più inclusiva. Queste vengono così riassunte: ridefinire lo sviluppo e sostituire il PIL (Prodotto Interno Lordo) con indicatori più adeguati; riconciliare economia ed ecologia, internalizzando le esternalità nel contesto di un’economia solidale e «circolare», capace cioè di trasformare i residui in risorse; riconoscere in forma efficace i diritti delle generazioni future; sviluppare la cittadinanza e la governance mondiale in prospettiva multilaterale sulla base di quattro principi: Sostenibilità, Etica, Rispetto della diversità, Armonia nelle relazioni sociali e con la natura.
Anche Máximo Torero, alla luce della sua esperienza di economista dello sviluppo presso la FAO, vede nella fame e nella malnutrizione due sfide cruciali e urgenti da affrontare per un’esigenza etica imprescindibile. Egli mette in luce la questione della sicurezza alimentare nel contesto dei rapporti commerciali internazionali, rilevando gli effetti catastrofici dei conflitti commerciali fra i grandi Paesi del mondo (oggi, ad esempio, Stati Uniti e Cina) sulla situazione dei popoli più poveri e deboli. Tuttavia le cause dei problemi sono molteplici, come, per esempio, i sussidi governativi per prodotti che, in realtà, conducono a malnutrizione e diete nocive (obesità) e così via. In tal senso, l’autore insiste sulla interconnessione fra i diversi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Egli conclude ricordando che già nel 1982 la FAO affermava che i problemi della fame nel mondo avrebbero potuto essere risolti con una spesa irrisoria rispetto a quelle militari, purché vi fosse la necessaria «volontà politica» di perseguire le giuste priorità.
Le difficoltà di affrontare efficacemente le grandi questioni connesse alle attività del settore agroalimentare e alla sicurezza alimentare nel quadro di uno sviluppo sostenibile vengono discusse dal Prof. Stefano Zamagni nel contributo più esteso del nostro volume. L’Autore ritiene che: «di tutti i settori economici della contemporaneità, quello dell’ agri-food è il settore produttivo caratterizzato dalla più alta intensità di dilemmi, di natura sia etica sia politico-istituzionale». Così, per quanto sia vero che la produzione globale di cibo nel mondo è abbondante e gli sprechi eccessivi, pensare che il problema sia solo di natura distributiva è una semplificazione eccessiva. Zamagni richiama poi l’attenzione sul peso che la finanza esercita sull’agricoltura e sul sistema dei prezzi e sul fatto che si sono sviluppati metodi di produzione agricola fortemente dannosi per la biodiversità (monoculture, semi brevettati, ecc.). Venendo alle strategie di intervento, si propone lo sviluppo – soprattutto in regioni strategiche – dell’«agroecologia», che tiene conto sia della sostenibilità economica che di quelle sociale e ambientale; sul fronte «culturale» si propone una vera educazione ai regimi alimentari, attenta alla qualità più che alla quantità degli alimenti (ad esempio, riduzione del consumo di carne); sul fronte economico-istituzionale si insiste sulla necessità di opporsi alla concentrazione del potere nelle mani di pochissimi gruppi multinazionali. Giusta determinazione dei prezzi, modifica dei modelli di consumo, lotta all’accaparramento delle terre, difesa dall’abuso dei brevetti, agroecologia, sono linee operative su cui orientare urgentemente l’impegno comune.
Il tema della cooperazione internazionale per lo sviluppo è al centro del contributo dell’Ambasciatore Pietro Sebastiani. L’orizzonte più ampio in cui egli si colloca è quello della costruzione della pace come alleanza universale, in cui ogni persona e ogni comunità umana possano intraprendere il loro cammino di sviluppo in condizioni di dignità, responsabilità e consapevolezza, con un ruolo attivo e con un atteggiamento di condivisione. In tal senso il messaggio dell’Enciclica Laudato Si’ è molto prezioso, poiché coniuga inscindibilmente il tema dell’ecologia con quello della giustizia sociale. Ma l’autore insiste anche con forza sulla necessità di intensificare la cooperazione internazionale, oggi gravemente insufficiente (gli investimenti necessari per cambiare effettivamente i termini del problema dovrebbero essere 15/20 volte maggiori!). Essa non deve venire considerata dominio riservato dei governi e di qualche ONG, ma coinvolgere anche il settore privato, le piccole e medie imprese, le cooperative agricole e di servizi. Il caso del rapporto fra Europa e Africa è emblematico e, senza uno sforzo molto più grande, l’Europa non avrà un futuro.
Infine, il prof. Buonomo affronta con coraggio il tema della leadership etica di chi è chiamato ad operare nel mondo dei rapporti internazionali. La sua è un’analisi articolata che rifugge dalla facile enumerazione di principi o valori astratti e cerca di tener conto della grande varietà delle situazioni e anche delle trasformazioni dell’odierno panorama mondiale. Si cerca di mettere a fuoco quali siano i valori etici su cui fondare una leadership , quali gli obiettivi da perseguire, quali i caratteri del leader stesso. I contesti sono diversi nel caso dei rapporti bilaterali o multilaterali. Il leader non è autonomo, perché rappresenta una dimensione collettiva, deve far ricorso alla expertise , deve saper far uso dell’immagine e non solo dell’analisi razionale, deve possedere l’arte di individuare i problemi, diagnosticarli e proporre soluzioni adeguate, e, infine, intervenire tempestivamente. In un contesto come quello attuale segnato da interessi egoistici delle persone e dall’unilateralismo degli Stati, la leadership si deve configurare come un servizio dinamico, capace di orientare verso competenze, conoscenze e discernimento: sul piano interno verso persone, comunità e istituzioni; in una dimensione più ampia come quella internazionale verso la «casa comune». Così la nobile figura dell’ international civil servant , che era stata evocata negli interventi dei responsabili degli Organismi internazionali, assume concretezza e spessore. Si comprende, così, più profondamente la difficoltà e la grandezza del suo compito, in cui leadership , in ultima analisi, significa servizio.
LE SFIDE DELLA REGIONE PANAMAZZONICA:
Читать дальше