Ines Johnson - Luna Nascente

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Luna Nascente

Copyright © 2016, Ines Johnson. Tutti i diritti riservati.

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Prodotto negli Stati Uniti d'America

Prima edizione Agosto 2016

Indice

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Capitolo 13

Capitolo 14

Capitolo 15

Capitolo 16

Capitolo 17

Capitolo 18

Capitolo 19

Capitolo 20

Capitolo 21

Capitolo 22

Capitolo 23

Capitolo 24

Epilogo

Capitolo Uno

La Luna si impossessava del cielo del nuovo giorno, eclissando il sole al tramonto. La sfera lunare che regnava sul cielo incoronava la cima della catena montuosa come la punta dello scettro di un sovrano. In basso, le onde dell'oceano si infrangevano contro la parete occidentale della montagna. Una folata di aria fresca proveniente dall'Oceano Orientale soffiò nella guaina di Lucia. Lei rabbrividì, tirandosi il pesante mantello attorno al corpo.

Guardando giù dallo strapiombo della montagna ad un miglio dalla terra, vide la sagoma degli edifici nelle profondità dell'acqua. Due secoli prima, l'attrazione della Luna sulla marea dell'oceano aveva fatto sì che le acque inghiottissero una terra chiamata California. Le onde avevano fatto ritirare la terra dopo la corsa alle armi che spostò la Terra dal suo asse, avvicinando il pianeta alla Luna.

Prima di fare un altro passo sull'infido sentiero giù per la montagna, Lucia lanciò una preghiera alla Dea della Luna perché guidasse i suoi passi in quel viaggio. Si impregnò dell'energia del corpo celeste, aprì gli occhi e partì con piedi leggeri racchiusi in pesanti stivali.

Le sue gambe agili si mossero rapidamente giù per le pendici della montagna, saltando sui massi e abbassandosi sotto i rami bassi. In quella luce, con lo spruzzo di fiori di luna bianchi e stellati ai suoi piedi, si immaginava come un'eroina in fuga da un cattivo intento a sovvertire la sua volontà addomesticandola per pulire la casupola in miniatura che condivideva con i suoi sei fratelli. Oppure in fuga da un padre negligente che metteva la sua giovane figlia e la sua nuova moglie l'una contro l'altra in una competizione per il suo affetto.

Come tutte le sue Sorelle, Lucia aveva letto da novizia i manifesti patriarcali e romantici richiesti. Gli uomini scrivevano queste favole e trasformavano le matriarche in cattive e le aspiranti regine in mogli. Ricordava le storie di Biancaneve e Cenerentola, ragazze sciocche, ognuna ad aspettare fino a che un principe l’avrebbe sopraffatta con il suo magico pisello, le avrebbe infilato un anello d'oro al dito privando ciascuna dei propri poteri femminili, e costringendola a una vita domestica di servizio. Le Sorelle insegnarono a Lucia e alle altre giovani novizie a schernire le storie dell'orrore come quelle. E, per la maggior parte, lei lo fece.

Eppure, a differenza delle sue Sorelle, Lucia aveva provato il brivido di essere stretta tra le forti braccia di un uomo. Aveva sentito la tenerezza e il calore delle labbra maschili premute contro la sua guancia. Per un periodo della sua vita, aveva conosciuto l'amore di un uomo. Ora si incamminava giù per la montagna, lasciandosi alle spalle ogni presunzione femminista, per tornare a quell’amore.

I suoni della natura selvaggia permeavano i suoi pensieri mentre la fauna della foresta si muoveva sotto i suoi piedi. Pensò a Cenerentola e ai topi che vennero in suo aiuto. Ricordò gli uccelli di Biancaneve che l'aiutavano a pulire la casa. Lucia si fece strada lungo la montagna e gli scoiattoli si allontanarono dal suo cammino. I gufi girarono la testa lontano da lei. I cervi si bloccarono alla sua sola vista, la paura traspariva dai loro occhi scuri.

Un ramo si spezzò alla sua destra. Lucia si voltò e vide una palla di pelo scuro che si dirigeva verso di lei. Si fermò. Non per paura, ma per curiosità. Un cucciolo d'orso aveva seguito le sue tracce. Balzò verso di lei, con la lingua che gli usciva dalla bocca. La meraviglia e l'eccitazione negli occhi del cucciolo stonava con la desolazione di ciò che lo circondava. Scaldò la freddezza esteriore di Lucia, e un sorriso le illuminò il viso.

Il cucciolo sembrava innocente mentre si avvicinava a quello che forse sperava fosse un compagno di giochi simile nella taglia e nel colore. Lucia aveva la pelle color bronzo e un'infinità di riccioli scuri in cima alla testa. Era certa che il mantello nero che la avvolgeva aiutasse a rendere la sua forma familiare al cucciolo.

Si inginocchiò all'altezza dell'orso per mostrare la non aggressività. L'odio e il pregiudizio non erano radicati nel cuore dei giovani. Coloro che si prendevano cura dei giovani li insegnavano. Si tramandavano le lezioni nei miti e nelle favole di ogni cultura. Il cucciolo non aveva ancora imparato la via del mondo.

Lucia offrì la sua mano per un'annusata.

Il cucciolo fece un altro passo avanti.

Un ringhio mostruoso squarciò il sentiero di montagna alberato, rivaleggiando con i venti delle forti maree sottostanti. La madre del cucciolo caricò verso di loro. A quattro zampe, l'orso era una forza enorme con cui fare i conti. Quando raggiunse il suo cucciolo, ruggì scuotendo i tronchi rossi degli alberi di Sequoia. In tutta la sua altezza, l'orso madre superava i due metri e guardava Lucia.

Con un movimento rapido, Lucia si alzò dalla sua posizione rannicchiata e affrontò il colosso. Era piccola per la sua razza, poco meno di un metro e ottanta, mentre alcune delle sue sorelle superavano i due metri.

La madre orso si mise tra Lucia e il suo cucciolo. Il terreno tremò quando l’animale piantò il suo peso e fece balenare i suoi occhi su Lucia.

Lucia ricambiò l’occhiata.

La madre orso abbassò la sua massa massiccia e mugolò. Fece un passo indietro in ritirata, tenendo il suo cucciolo vicino al corpo. Il grizzly sbirciò Lucia attraverso le ciglia abbassate, mentre radunava il suo cucciolo nella sicurezza degli alberi e lontano dal pericolo che quello aveva pensato fosse un nuovo compagno di giochi.

Quando furono fuori dalla visuale, Lucia sospirò e continuò per la sua strada. L'idea che un eroe salvasse qualcuno come lei era pittoresca. Un mito maschile. Una favola.

Riprese il passo lungo la montagna e raggiunse la città di Tahoe Lake proprio mentre la Luna raggiungeva il suo apice nel cielo. Incapace di ignorare l'energia della sfera, si fermò e alzò la testa in segno di riverenza al suo Creatore. Intorno a lei, vide altri abitanti della Luna fare lo stesso, fermarsi per ricevere la piena benedizione della Dea.

Sul bordo del lago, la giornata di lavoro era in pieno svolgimento. Lucia osservava un'alta fata che tirava fuori verdure verdi dalla terra ombreggiata. Le fate femmine erano snelle, con corpi agili e capelli lisci e fluenti. I maschi elfi avevano toraci larghi, fianchi snelli e dita lunghe. Avevano occhi color argento brillante mentre facevano il loro lavoro, dissodando la terra e invogliando le piante a crescere sotto la pallida luce della Luna.

Lucia buttò uno sguardo all’orologio della torre cittadina. Si era trastullata molto più di quel che credeva. Slacciò il mantello, liberando le gambe e permettendole di aumentare il ritmo.

Lungo la strada, una giovane fata corse tra le gambe di un alto elfo che doveva essere suo padre. Il padre si piegò in avanti, prendendo al volo la ragazzina tra le sue forti braccia, facendola volteggiare in aria. La fatina rise ancora di più quando lui con un sorriso la afferrò e le diede un bacio leggero sulla guancia. La risata della bambina rallentò il ritmo di Lucia.

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