1 ...8 9 10 12 13 14 ...28 Quasi tutti i sacerdoti —cominciando dallo stesso José María Escrivá— si trovavano al di fuori dell’organizzazione parrocchiale della diocesi di Madrid−Alcalá. Si occupavano di cappellanie, e questo gli permetteva di avere una parte della giornata libera per altre attività. Il fondatore pensava che tale peculiare situazione era essenziale, perché in futuro questi sacerdoti si sarebbero dedicati agli apostolati dell’Opus Dei, a loro volta compatibili con le loro attività pastorali. Li univa anche il desiderio di portare il Vangelo ai malati e ai poveri. Così, a partire dal gennaio del 1932, Vea−Murguía, Escrivá e Vegas si recavano, insieme a Samoano, ad assistere i tubercolotici dell’Ospedale Nazionale di Malattie Infettive, amministrando la confessione e distribuendo la Comunione. Erano giovani. Tranne Norberto Rodríguez, di cinquantadue anni, avevano tra i ventisei e i trent’anni [128].
Il lavoro pastorale a Santa Isabel e l’amicizia con Lino Vea−Murguía e José María Somoano favorirono l’avvio di un altro apostolato, quello femminile, che non era stato possibile nel Patronato de Enfermos. Invece la chiesa di Santa Isabel aveva un confessionale frequentato da ogni tipo di persone, in maggioranza del quartiere. Escrivá riteneva che il confessionale fosse il luogo adatto per trovare, tra le donne che venivano a confessarsi e a ricevere la direzione spirituale, quelle che avrebbero potuto assimilare il messaggio dell’Opus Dei.
Il 6 novembre 1931 venne a confessarsi Carmen Cuervo, una insegnante del Colegio de la Asunción [129]. Desiderava conversare con il sacerdote perché aveva notato con quanta devozione celebrava la Messa. Vedendo le sue disposizioni interiori, José María Escrivá le parlò dell’Opus Dei. Carmen «restò colpita dalla fede con cui le parlava di una realtà tutta da fare, un’Opera grande, per una maggior gloria di Dio» [130]. Da quel momento frequentò il confessionale per ricevere orientamento spirituale. Tre mesi dopo, il 14 febbraio 1932 chiese di far parte dell’Opera. Dopo, per volontà del fondatore, Carmen ebbe come confessore don Norberto. Don José María continuò a formarla nello spirito dell’Opus Dei [131].
Alcune donne conobbero l’Opera nel padiglione dell’Ospedale Nazionale per le Malattie Infettive, dove era cappellano José María Somoano. All’Ospedale il sabato mattina si recava Lino Vea−Murguía per dare una mano nell’assistenza spirituale ai malati. Il 4 aprile Lino raccontò, durante la riunione sacerdotale, di aver conosciuto fra i tubercolotici una donna che poteva capire il messaggio dell’Opera. Si chiamava María Ignacia García Escobar [132]. Una settimana dopo Lino parlò con María Ignacia, che domandò di essere incorporata nell’Opera. Nella riunione sacerdotale seguente, Escrivá propose di recitare un Te Deum per ringraziare Dio per questa nuova chiamata. Subito, il 10 aprile, Carmen Cuervo andò all’Ospedale per fare visita a María. Due giorni dopo José María Somoano parlò con un’altra ammalata dell’Ospedale, Antonia Sierra, e anche lei volle incorporarsi nell’Opera [133].
In quegli stessi giorni Escrivá strinse amicizia con alcuni filippini dell’Ospedale Generale, che si mostravano interessati allo spirito dell’Opus Dei. Cominciò così a curare la direzione spirituale di un gruppo di professionisti giovani. Nei mesi che seguirono due di loro gli manifestarono il desiderio di appartenere all’Opera: Luis Gordon, un imprenditore birraio di trentatré anni, direttore di una fabbrica di malto a Ciempozuelos, non lontano da Madrid [134]; e Antonio Medialdea, impiegato in un negozio della capitale [135].
Nell’estate del 1932 José María Escrivá subì un duro colpo. Il 16 luglio nell’Ospedale Nazionale delle Malattie Infettive José María Somoano morì, dopo tre giorni di forti dolori e vomito. Le minacce di morte ricevute nei mesi precedenti e la virulenza della malattia fecero pensare a un avvelenamento del sacerdote in odio alla fede [136].
Un mese più tardi, il 10 agosto, ci fu un tentativo di colpo di Stato, diretto dal generale Sanjurjo e da altri ufficiali contrari alla politica assunta dalla Repubblica. Alcuni giovani tradizionalisti si unirono alla sollevazione. Fra loro, alcuni studenti che frequentavano Escrivá [137].
Il tradizionalismo era difeso da alcuni gruppi politici, tra i quali spiccavano a Madrid gli “albiñanisti” e i carlisti tradizionalisti. I primi facevano parte del Partito Nazionalista Spagnolo fondato da José María Albiñana Sanz, noto come Doctor Albiñana. Il suo programma prevedeva una Monarchia costituzionale e parlamentare; allo stesso tempo si batteva perché il potere esecutivo fosse autoritario, per rafforzare il nazionalismo spagnolo [138]. I giovani di questo partito erano chiamati i “Legionari di Spagna”. In pratica si trattava di una forza paramilitare, pronta ad agire se, a loro parere, il paese ne avesse avuto bisogno [139].
Da parte loro i carlisti volevano il ritorno della monarchia tradizionale, rappresentata da Alfonso Carlos di Borbone, che li aveva radunati nella cosiddetta Comunione Tradizionalista Carlista. Contro il sistema liberale, democratico e aconfessionale, difendevano un modello di Stato corporativo cattolico, secondo l’Antico Regime. Dopo molte perplessità, avevano accettato di convivere nel sistema parlamentare con l’intenzione di sostituirlo dopo aver conquistato il potere politico. Nella Seconda Repubblica i carlisti pensavano di aver trovato l’occasione storica per la loro ideologia che si riassumeva nel motto “Dio, Patria, Re”.
In effetti la legislazione repubblicana rafforzò i tradizionalisti e la destra integralista nelle loro opinioni politiche. Una volta approvata la Costituzione, il 9 dicembre 1931, Manuel Azaña fu nominato Capo del Governo e ministro della Guerra. Applicò immediatamente i provvedimenti costituzionali che limitavano l’azione pubblica della Chiesa, specialmente per quanto riguardava le congregazioni religiose. Così il 23 gennaio 1932 fu approvato il decreto che sanciva lo scioglimento della Compagnia di Gesù in Spagna e la confisca dei suoi beni; il 30 gennaio fu decretata la secolarizzazione dei cimiteri; e il 2 febbraio entrò in vigore il divorzio. L’opposizione dei tradizionalisti era alimentata non solo dall’oppressione della Chiesa, che minacciava l’identità cattolica della Spagna, ma pure dallo smembramento del paese con lo Statuto della Catalogna.
Per questi motivi, il 10 agosto 1932, circa quattrocento uomini —militari e civili tradizionalisti— tentarono un colpo di Stato a Madrid e a Siviglia, che fallì perché era stato mal preparato. Inoltre, il presidente Manuel Azaña era stato informato del tentativo. Per questo a Madrid non si andò oltre uno scambio di spari tra gli insorti e le forze dell’ordine repubblicane. Alla fine dello scontro, che durò alcune ore, si contarono dieci ribelli morti e diciannove feriti. Quasi tutti gli insorti furono arrestati [140].
Che accadde ai giovani di don José María? Gordon riuscì a fuggire all’inizio dell’insurrezione. Pepe Romeo, che avrebbe voluto prendere parte al complotto, non poté farlo perché i genitori, venuti a sapere che cosa stava tramando, glielo impedirono [141]. Invece Gómez Ruiz, Doménech e Torres Azara furono arrestati e processati. Un mese dopo furono confinati a Villa Cisneros, un possedimento spagnolo del Sahara Occidentale [142]; altri, come Palacios, scontarono la condanna nel Carcere Modello di Madrid [143].
La collaborazione di questi studenti alla bravata era il risultato delle loro idee politiche. Romeo rievoca: «Era una nostra intenzione, che nasceva dalla nostra personale responsabilità civica nel mondo agitato degli anni della Seconda Repubblica. Era il nostro modo personale di rispondere alle aggressioni contro la Chiesa» [144]. Palacio aggiunge: Se «ci unimmo alla sollevazione militare fu per difendere i nostri ideali cristiani, per farla finita con gli incendi dei conventi e per difendere la Chiesa e il Papa» perché «consideravamo la situazione della Spagna come un grande problema religioso» [145].
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