Ines Johnson - Luna Piena

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Lei non era una damigella in pericolo, ma lui l'ha salvata lo stesso.
Non si può più tornare a casa tranquilla...
Viviane Veracruz sta tornando a casa dall'università con una laurea in una mano... e un bambino nella pancia. Disperata per sfuggire al giudizio della sua famiglia, accetta l'offerta di uno sconosciuto sexy di fingersi il padre per qualche giorno. Il piano è che lui scappi lasciando la sua famiglia all'oscuro di tutto. Ma più Pierce Alcede rimane, più lei non può lasciarlo andare.
La casa è dove si trova il cuore...
Pierce Alcede ha finalmente accettato il fatto di essere un lupo solitario, incline a vagare da solo nella natura e a non stabilirsi mai con una famiglia propria. Quando incontra una donna incinta in difficoltà, non ci pensa due volte a intervenire per prendersi il peso dell'ira della sua famiglia. Ma tra il lavoro al Veracruz Ranch di giorno e l'infilarsi nel letto di Viviane di notte, Pierce dimentica di scappare.
Può una donna in cerca di un posto a cui appartenere trovare una casa con un uomo che vive per vagare?
Translator: Laura Sguigna

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Con Pierce ormai al suo posto, la donna si sedette. Incrociò quelle gambe lunghe un chilometro. Poi si schiarì la gola.

Pierce sbatté le palpebre. Poi si rese conto che la stava fissando. Fu allora che capì che non era una strega. Se lo fosse stata, a quest'ora sarebbe stato vittima di un incantesimo.

Alzò lo sguardo per porgere delle scuse ovvie. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di lei, il respiro gli si bloccò in gola. Sotto l'aureola di capelli scuri e folti, lei aveva occhi di un azzurro chiarissimo. Pierce aveva visto l'oceano dell'Artico. Quella massa d'acqua era una palude scura e torbida in confronto ai cristalli incastonati nel viso di questa donna.

Era un lupo solitario, incline a vagare. Era anche un uomo con dei bisogni. Sia l'uomo che il lupo trasalivano davanti a quella donna. Era certo che il suo interesse fosse evidente. Si sentì ansimare. Aveva l'acquolina in bocca. Si passò il pollice sull'angolo del labbro per nascondere la prova.

In risposta, la lupa chiuse gli occhi e sospirò. Il suo piede batté un ritmo nervoso sulle assi del pavimento. Girò la testa e concentrò la sua attenzione all'esterno sul paesaggio.

"Questa è una bella campagna," provò.

Erano ormai lontani da Sequoia e più vicini al confine messicano.

"Sì," disse lei. Girò la testa dal finestrino e prese un libro dalla borsa che teneva in grembo. Tenne il libro davanti al viso, impedendo a Pierce di vedere la sua bellezza.

La risposta secca indicava che non era interessata a lui. Il che avrebbe dovuto calmarlo. Ma non successe. L'ultima cosa che voleva era un coinvolgimento. Il suo disinteresse per lui gli sarebbe servito. Se fosse riuscito a capovolgere quel disinteresse, e per estensione lei, quella mattina.

Pierce raramente andava con le lupe. Le femmine dal sangue caldo potevano formare legami con maschi che non erano i loro compagni. Era nella loro natura.

Non vide segni di morsi sulla sua clavicola. Non sentì nessun altro lupo sulla sua pelle. Anche se notò un odore maschile: probabilmente umano. I lupi giocavano con gli umani, ma non si accoppiavano per la vita. Il che significava che probabilmente lei stessa non stava cercando alcun legame. Se solo fosse riuscito a catturare la sua attenzione, avrebbe potuto suscitare il suo interesse.

"Spero che non ti dispiaccia se te lo dico," iniziò, con un sorriso da lupo sul volto. "Ma tu hai la più bella..."

"Sai, mi va benissimo se rinunciamo a tutti i convenevoli e ci sediamo qui in un silenzio di compagnia." Lo disse con il più educato e beatificante dei sorrisi.

Quel sorriso fece pompare il sangue di Pierce e gli fece indurire il pene. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché lei continuasse a sorridergli in quel modo. "Se è quello che desideri."

"Lo è." Lei puntò il sorriso verso di lui.

Dalla sua vista periferica, colse un'occhiata allo stupido ghigno sulla sua faccia nel finestrino. "Allora è quello che avrai."

"Grazie." Lei tirò su il libro, nascondendo il suo sorriso e quegli occhi, rompendo l'incantesimo.

Con il sorriso di lei sparito, quello di Pierce si trasformò in un cipiglio. Lesse la copertina dello spesso libro nelle sue mani: Salute, allevamento e malattie delle pecore. Dubitava che fosse una lettura di piacere. Forse era un libro di testo? Forse era una studentessa? La Sequoia University era vicina alla stazione ferroviaria.

"Sei una studentessa?"

Lei abbassò il libro e gli puntò addosso quegli occhi chiari. "Pensavo fossimo d'accordo di rinunciare ai convenevoli." Lei sorrise, ma l'espressione del viso era accigliata in pieno ed educato fastidio.

Il suo lupo voleva punzecchiarlo con una zampa. "Non posso farci niente. Sono sempre gentile. Mia madre ha cresciuto un gentiluomo."

La sua falsa facciata cadde alla parola gentiluomo . "L'unico momento in cui i maschi sono gentiluomini, " praticamente sputò la parola, "è quando vogliono infilarsi sotto la gonna di una femmina."

Gli occhi di Pierce sfrecciarono su quelle lunghe gambe e sull'orlo della gonna. Quando tornò al suo viso, sapeva di essere stato scoperto. Spalancò il suo sorriso più vincente. Lo stesso che gli aveva procurato una A nella classe di chimica della signorina Peckham, anche dopo aver fallito sia l'esame intermedio che quello finale. Le fate cadevano in ginocchio davanti a quel sorriso. Diavolo, anche una strega era caduta sotto il suo incantesimo. Pierce lo spalancò verso la lupa di fronte a lui.

Prima che lui potesse pronunciare una parola, lei aprì la bocca per parlare. Poi deglutì. Si strofinò la mano sull'addome piatto. Infine, si sporse in avanti, vomitando sul suo grembo.

Alla faccia della partita della sua vita.

Capitolo Due

Viviane si era spruzzata dell'acqua in faccia per la terza volta, ma il sapore della bile le restava ancora sulla lingua. Come si era messa in quella situazione? Appoggiò la testa contro la superficie fredda dello specchio mentre il dondolio del treno continuava a stuzzicare il suo stomaco inquieto.

Si guardò allo specchio. Aveva le borse sotto gli occhi per aver pianto tutta la notte e per non aver dormito fino all'alba. Non si era mai considerata una donna debole, né una damigella di nessun tipo. Non nella famiglia da cui proveniva. Apparteneva ad un ceppo che avrebbe tenuto testa a qualsiasi uomo, anche se fosse stato alto tre metri e largo il doppio. Ma era stato un uomo medio che l'aveva portata così in basso. Non c'era un’arma, non c'era forza, non c'era argomento che potesse usare per batterlo.

Viviane prese un fazzoletto di carta e si asciugò il viso. Gettò l'asciugamano ed uscì dal bagno. Guardando fuori dalla finestra, notò che il paesaggio cominciava a sembrarle familiare. Un cactus Saguaro alto più di dieci metri si ergeva nel cielo notturno. Le sue braccia si allungavano come i rami di un albero per darle il benvenuto a casa.

Oh, Dea. Era solo a un'ora da casa sua.

Il panico aumentava mentre il treno si avvicinava sempre più a Sonora. Le venne l'istinto improvviso di scendere subito, girarsi e correre nella direzione opposta. Ma non aveva altro posto dove andare. Non poteva tornare a Sequoia e affrontare i suoi occhi indifferenti e pietosi. Una volta tornata a casa, la sua famiglia avrebbe saputo del casino in cui si era cacciata, e l'avrebbe sicuramente intimata ad andarsene.

O peggio. Sua madre avrebbe insistito per farla restare, e allora sarebbe iniziata la vera tortura.

Il treno sobbalzò e Viviane dovette appoggiarsi ad un sedile per stabilizzarsi. Il suo stomaco vuoto protestò con un gemito. Solo quando stava tornando al suo posto si ricordò del ragazzo a cui aveva rovinato la serata offrendo il suo ultimo pasto. Non era al suo posto quando lei tornò. Probabilmente si era spostato in un vagone completamente diverso dopo essersi ripulito.

Si sentì malissimo per quello che aveva fatto ai suoi pantaloni. Ma, in sua difesa, lui era stato il classico uomo. Interessato solo a quello che c'era sotto la sua gonna. Non a quello che c'era nella sua testa, o a quello che usciva dalla sua bocca. Non appena lei aveva mostrato di avere dei pensieri nella sua bella testa, lui si era girato ed era scappato, proprio come qualsiasi uomo medio. La rabbia sostituì la bile mentre lei era ferma nel corridoio a guardare il suo posto vuoto.

"Ehi, tesoro, perché non vieni a sederti con noi."

Viviane si voltò per vedere un branco di ragazzi umani dall'altra parte del vagone. Sembrava che fossero appena saliti. Altrimenti l'avrebbero guardata male insieme al resto dei passeggeri che avevano sentito l'odore della sua performance precedente.

"Andiamo." Uno dei ragazzi le si avvicinò. Era di altezza media con la pelle chiara, i capelli castani e gli occhi marroni. Non era bellissimo, ma nemmeno poco attraente. Sembrava... un tipo nella media. "Noi non mordiamo. Ma sembra che tu lo faccia."

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