AAVV - Acoger, abastecer y financiar la corte

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A través del diálogo entre la historia económica y urbana y la historia cortesana, las contribuciones reunidas en este volumen pretenden profundizar en el conocimiento de las relaciones materiales y económicas que mantuvieron las ciudades y las cortes cristianas de la Península Ibérica, entre los siglos XIV y XV. A finales de la Edad Media, aquellas cortes solían ser itinerantes: a lo largo del año, visitaban y se alojaban tanto en pequeños centros urbanos como en ciudades, donde no siempre disponían de un palacio propio. Viajes y estancias que suponían una contínua demanda de avituallamiento, productos de lujo y recursos financieros para mantener su 'train de vie'. Para el mundo urbano, acoger, alojar, pero también abastecer y financiar séquitos áulicos de centenares de personas constituía un desafío logístico, pero también financiero. Ofrecemos aquí un análisis de los mecanismos y estrategias desarrollados por las sociedades urbanas para satisfacer las necesidades cortesanas, así como del impacto de su presencia y de su demanda sobre los mercados urbanos.

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Analoga indagine circa l’accoglienza che la città avrebbe riservato al papa e l’esistenza di alloggi idonei per cardinali e prelati, sopratttutto vicini alla cattedrale («maiorment prope la seu»), Antoni Caldés avrebbe dovuto svolgere anche a Palermo, dove si pensava che Benedetto XIII potesse risiedere non nel palazzo reale, ma nello Steri, il palazzo che era stato della famiglia Chiaromonte, come gli Alagona vicari generali del Regno, che avevano esercitato sulla città demaniale la loro signoria. Avrebbe dovuto verificare l’adeguatezza dello Steri come residenza pontificia e di quali addobbi avesse bisogno («se deuen pendre esment del Ester, hon nostre senyor lo papa haurà a posar, si y ha bona disposició per a estar-y nostre senyor lo papa, o no, e quins adops y hauria mester»), ma doveva anche informarsi dell’eventuale esistenza nella città di altre possibili sedi per la residenza del papa («si ha altra habitació dins la ciutat per a nostre senyor lo papa, sens lo dit Ester i » ) .

Oltre alla questione degli alloggiamenti per cardinali e curiali, che in passato aveva visto episodi anche drammatici, come per il trasferimento di Urbano VI nel piccolo castello di Nocera in Campania 12, Antoni Caldés doveva esaminare l’altra questione cruciale dell’approvvigionamento della corte. Lo doveva fare particolarmente per Palermo, esaminando prezzi e mercati («quin mercat y ha, ne quals coses y són pus cares»), specificamente per l’acquisto di frumento, vino, carni, volatili («com és fornida la dita ciutat de forment, de civada, de vi, de carn, de volateria»), ma anche per ogni altro genere alimentare, ed inoltre per l’avena da biada, e la possibilità di fare acquisti in mercati fuori dal luogo di residenza («si faent provisions d’altra part a quin for les hauria la cort posades en la ciutat»).

Di ogni cosa il papa, per poter decidere, desiderava ricevere una particolareggiata relazione («de totes e cascunes de les dites coses saber, veure e considerar los partits per extensum»), accompagnata da una regolare e costante informazione e consultazione della Camera apostolica, utilizzando il flusso delle imbarcazioni da e per la Sicilia 13.

L’analisi delle condizioni richieste per il trasferimento in Sicilia di Benedetto XIII e della sua corte era collegata al progetto matrimoniale tra l’infante Giovanni, secondogenito di re Ferdinando, e la regina napoletana Giovanna II d’Angiò Durazzo 14, il cui contratto fu concluso a Valencia il 4 gennaio 1415. Il Caldés avrebbe dovuto anche accertare le opinioni e gli umori dei siciliani in merito al matrimonio, e più in generale rispetto alla politica nei confronti del regno napoletano (l’altro Regno di Sicilia). Le informazioni da raccogliere e trasmettere al pontefice avrebbero dovuto riguardare anche lo stato interno di quel Regno e le reazioni dei napoletani al matrimonio, comunicando chi si opponesse. Una volta che l’infante fosse giunto a Napoli, il Caldés avrebbe dovuto trovare il modo per continuare a tenersi al corrente sugli sviluppi della situazione napoletana 15.

L’obbedienza al papa aragonese in Sicilia non era tuttavia ancora pacifica, se nel febbraio 1415 Messina propose a tutto il Regno di rifiutargliela, sicché i messinesi furono minacciati di essere considerati dei traditori, perché ritenere Benedetto un antipapa significava considerare il re un eretico, mettere in dubbio la legittimità del suo potere proveniente dall’investitura e negare che l’individuazione del papa legittimo spettasse soltanto al re 16. Nel marzo 1415 Benedetto XIII prese la decisione di trasferirsi in Sardegna, nel castello di Cagliari, o in un altro luogo fortificato. Già a Cagliari suoi emissari ne preparavano l’arrivo su una galea provenzale, quando ne fu informato il re Ferdinando I, il quale prese misure concrete per evitare lo sbarco del papa 17. In novembre trovò definitivo rifugio nel castello di Peníscola. All’inizio del 1416, poco prima che il re morisse, la Corona d’Aragona tolse formalmente l’obbedienza a Benedetto XIII 18.

Il progetto di stabilirsi in Sicilia, annunciato agli ambasciatori ripartiti per l’isola nel 1414 e delineato nelle istruzioni senza data ad Antoni Caldés, si colloca nell’arco temporale compreso tra l’adesione della Sicilia al papa o antipapa aragonese, imposta da Ferdinando I, e la decisione del re di abbandonare Pedro de Luna, già maturata nell’incontro di Perpignano del settembre 1415. Nello stesso periodo l’inizio del Concilio di Costanza e i suoi sviluppi segnavano il destino dell’antipapa Benedetto XIII. In questa fase decisiva Pedro de Luna esaminò la possibilità di trasferire in Sicilia la corte pontificia, nella speranza di rafforzare la sua traballante posizione politica. Il collegamento di questo progetto con quello matrimoniale tra l’infante aragonese e la regina napoletana non stabilisce soltanto un termine cronologico, ma anche una condizione di più favorevole contesto politico per la realizzazione del trasferimento. Tale condizione non si realizzò, perché Giovanna II d’Angiò Durazzo già all’inizio del 1415 aveva intrapreso altre trattative che l’avrebbero portata al matrimonio con Giacomo di Borbone conte de la Marche. D’altro canto la Sicilia, la cui adesione a Benedetto XIII era recentissima e imposta, e ancora in corso di completamento, reclamava la sua autonomia nell’ambito della Corona aragonese, e dopo avere a lungo obbedito al papa di Roma ed essere stata teatro di una lunga ribellione anticatalana, tinta di motivazioni religiose e nazionalistiche, non offriva al papa alcuna garanzia di sicuro rifugio.

Sul fallimento del progetto siciliano di Benedetto XIII non sappiamo nulla, ma non è necessario pensare ad un veto del sovrano, in analogia al parallelo e più o meno contemporaneo progetto di trasferimento in Sardegna. L’ipotesi siciliana non era segreta, se era stata comunicata ufficialmente tramite l’ambasceria inviata dall’isola al re, e inizialmente era certamente nota e forse condivisa da Ferdinando. Il proposito di stabilire la residenza in una città siciliana, e contemporaneamente di allargare al regno napoletano l’area di influenza aragonese e presumibilmente l’obbedienza pontificia, era un disegno politico, non ancora un progetto di fuga. Il peggioramento della situazione fece forse preferire al papa l’ipotesi sarda, in cerca di un rifugio sicuro. Alla fine, di fronte all’ostilità del sovrano, che aveva accettato la logica conciliare dell’elezione di un nuovo papa, e alla conseguente impossibilità di realizzazione di ogni altro progetto il papa Luna si ridusse a Peníscola, in un castello splendidamente a picco sul mare, quasi un’isola. Anche le altre residenze prese in considerazione dominavano il mare: così la città castello di Cagliari, così Catania e Palermo, così anche Trapani e Siracusa, città protese nelle acque. A Catania avrebbe voluto una seconda residenza sulle pendici dell’Etna per dominare la vista del mare. A Palermo aveva scelto lo Steri, il palazzo più vicino al mare, da cui avrebbe visto tutto il golfo. Il mare, vicino e visibile, agevolava la difesa e favoriva la fuga. Forse dà l’immagine, anche fisica, dell’altero isolamento del solo tra i tre papi del grande scisma che ostinatamente non volle mai abdicare.

BIBLIOGRAFIA

BOSCOLO, Alberto (1954), La politica italiana di Ferdinando I d’Aragona , Cagliari, Università di Cagliari.

FODALE, Salvatore (1973), La politica napoletana di Urbano VI , Caltanissetta - Roma, Salvatore Sciascia editore.

FODALE, Salvatore (1986), «Lo Steri di Palermo e il trasferimento in Sicilia della Curia Pontificia», in Salvatore FODALE, Casanova e i mulini a vento e altre storie siciliane , Palermo, Sellerio, pp. 49-59.

FODALE, Salvatore (2008), Alunni della perdizione. Chiesa e potere in Sicilia durante il Grande Scisma (1372-1416) , Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo.

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