Mirko Ravaschino - Acqua Dentro Acqua

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La storia tragicomica di Nero che incontra Sofia. Il peso di un passato scomodo che influenza il presente.
Nero fin da piccolo è stato particolare. Non è mai riuscito a tracciare una netta linea di separazione tra reale e immaginario. Una storia d'amore sbagliata, il suicidio della sua ragazza, la fuga, il ritorno e l'incontro con Sofia. Una giovane donna che pensa di non aver mai avuto la libertà di scegliere la sua vita. Si è sempre sentita vittima degli eventi. Fino a quel momento.

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Il respiro torna lento e regolare.

E lei ritorna sullo schermo del suo mp3.

Mi volto verso il finestrino. Il paesaggio sfreccia veloce. Non si vede più nulla ormai. Solo qualche luce. Ogni tanto. Si lascia dimenticare come se non fosse mai esistita. E' buio. Saranno almeno le nove.

A volte mi sembra tutto così irreale. Tutto quello che ho attorno; tutta la mia vita. Mi guardo in giro, mi guardo in dietro, e penso che sia tutta una lunga allucinazione. Chissà, forse è davvero così.

Che importa in fondo?

Di sicuro non importa nulla a lei. Lei ascolta musica e sembra felice. E non importa un granché neppure a me alla fine. E' solo che...ogni volta che faccio quell'incubo mi sveglio di pessimo umore.

Decido di lasciarmi cullare dallo sciabordio del treno.

Sembra funzionare.

Mi rilassa.

Mi rilassa sempre.

Non so bene perché abbia preso questo treno. Forse perché amo viaggiare in treno. O forse per cercare di scoprire che cosa sia davvero reale. E che cosa sia solo il frutto della mia fantasia. Se vogliamo chiamarla così.

Spesso questi pensieri mi fanno compagnia. Non che abbia bisogno di compagnia, sia chiaro...solo che mi piace pensare e perdermi nei voli della mia mente. Non so perché. Per capire probabilmente.

Per conoscermi un po' di più.

Provate a chiudere gli occhi e scavare nella vostra memoria. Dai primi ricordi. Guardate il viso di vostro padre o quello di vostra madre. Guardate il ricordo di quando avete imparato ad andare in bicicletta, il vostro primo bacio, la prima sbronza, la prima delusione d'amore, i successi e le cadute.

Sono tutti lì. Nelle vostre memorie. Ogni tanto anche io apro quel cassetto nella mia mente e comincio a sfogliarle come se fossero un quotidiano.

Bene.

Ora provate a pensare che tutto o parte di quei ricordi, non siano mai realmente accaduti.

Come vi sentireste?

Benvenuti nel mondo di Nero.

“Buona sera.” Mi volto. E' il controllore.

Gesti. Non servono parole. La quotidianità delle persone è fatta di mille piccoli gesti inosservati e da troppe parole usate per riempire i silenzi. Silenzi che nessuno sa più ascoltare.

Sfilo il biglietto dalla tasca e penso che è uno spreco di carta. Lo allungo all'uomo. Mezz'età. Baffi folti. Belli, penso. Gli coprono le labbra. Ha la fede. Non vede bene da vicino perché avvicina il biglietto al viso. Però è scrupoloso. Lo timbra.

Faccio collezione di timbri.

Sorrido.

E gli faccio un cenno del capo in risposta al suo congedo.

Mi è sempre piaciuto osservare le persone. Senza nessuno scopo preciso. Le guardo e dai piccoli gesti mi costruisco, mi invento le loro vite. E' un passatempo dilettevole il più delle volte. Nella maggior parte dei casi, loro stanno al gioco se lo fai con discrezione. Devi però imparare a riconoscere dei segnali. Labbra tese verso il basso, palpebre che le seguono, meglio lasciar stare...sono in cerca di discussione. Ed io non amo discutere. Non amo parlare. Sopratutto con le persone.

Rimango alcuni secondi a fissare il corridoio. Le luci inondano ogni superficie. Ma fuori rimane buio. Un po' come dentro me. Non so quello che sto cercando. O forse sì. Magari non è poi così importante. “Scusa sai che ore sono?” chiedo senza pensare. La ragazza leva le cuffie. “Sai che ore sono?” ripeto, indicando con l'indice il polso. Questa volta ho quasi sussurrato. Ho fatto bene a mimare la domanda, non credo mi abbia sentito.

“Sono le nove meno un quarto...” dice.

“Grazie”.

“Hey ma oggi è primavera” dico più che altro a me stesso.

Lei mi ha sentito “eh sì, pare proprio che sia il 21 marzo”.

Probabilmente mi ha preso per uno strambo e stralunato che non sa neppure che giorno è. Ho quasi voglia di chiederle che giorno è oggi...la guardo un istante. E' tornata ad ascoltar musica. Scarta un panino. Uno di quelli preconfezionati. Sembra buono. C'è del tonno ed una salsa. Probabilmente maionese. Ho fame. Non mangio mai quando viaggio. Chissà dove va. Se torna a casa o parte. Sembra una studentessa. Magari torna a casa dai suoi. Oppure va a trovare il ragazzo. O... non ne ho idea. Non mi interessa.

Non mi piace parlare. Credo di avere una bella voce. Solo che non mi piace usarla. Certo, questo non aiuta nella comunicazione. Non so bene perché ciò accada. Eppure è così. Almeno da quando ho memoria. A volte rimango così tanto in silenzio che quando parlo devo tossicchiare per schiarirmi le corde vocali. Un po' come un motore usato troppo poco. Altre volte invece, come poco fa, muovo le labbra ed esce solo un suono flebile.

Mi piace il silenzio.

Nella mia testa, poi, parlo tanto.

Se uso la voce invece rompo il silenzio.

La quiete.

C'è tutta un'armonia dietro. Un'armonia che mi sembra solo di intuire e che non riesco bene a spiegare. Ad afferrare. Preferisco star zitto.

Ascoltare.

Osservare.

Spesso non si ha molto da dire. Anche per questo sto zitto. Perché spesso mi sembra di non avere molto da dire. Sopratutto se dall'altra parte non c'è nessuno che sia interessato ad ascoltare. La maggior parte delle cose che vengono dette sono superflue. Non sentite. Non rispecchiano, se non di rado, ciò che si prova, ciò che si sente. In pochi fanno corrispondere le parole con ciò che realmente sono. Si usano frasi preconfezionate, idee svuotate di significato. Ognuno le conosce già e ci si riconosce. A volte le parole vengono abusate, dette tanto per...sono solo gettate lì, in mezzo alla strada. Eppure loro sono qualcosa di reale. Creano la realtà. Nascondono tutta una magia dentro: racchiudono il senso e l'essenza di emozioni ed esperienze...

Le parole hanno un valore ed un peso inestimabile. Dovrebbero essere usate con cautela. Non tanto per riempire un vuoto o ottenere uno scopo. Arriverà il giorno in cui si ribelleranno. E non si faranno più trovare dalle persone.

Credo sia proprio ciò ad accadere quando non ti viene in mente una certa parola... lei non si vuol far trovare da te. Chissà cosa le hai fatto...

Alla fine vengono usate solo per fare amicizia. O per rassicurarsi.

Io non voglio fare amicizia.

E poi mi stanco.

Dopo cinque minuti che sono costretto a parlare, mi fermo. Ho quasi il fiatone. Come dopo una corsa.

Certo, a volte parlo.

Lo faccio con i miei amici.

Dopo, però, devo avere proprio un aspetto orribile, perché mi sento a pezzi, distrutto...mi vengono le occhiaie e mi sento debole.

Chissà se è felice il controllore. Magari ha un matrimonio splendido. E non vede l'ora di tornare a casa. Forse per quello ha controllato l'orologio prima di timbrare i biglietti. Mangiare un bel piatto caldo e poi andare a letto con la persona che ama. E rimanere stretti. Mentre nella camera accanto dormono i due figli. Certo, ci son problemi. I soldi che non bastano mai -la camicia un po' consumata sul collo ed una macchia che non è andata via, proprio sotto la cravatta.

I ragazzi che chiedono sempre di più... e la salute che si consuma. A volte il controllore, a dispetto della sua stazza, si sente come un cerino. Si accorcia. E si consuma.

Si piega su se stesso.

Fino a rimanere cenere.

Ma quando torna a casa ed entra infreddolito nel letto è felice. Perché abbraccia la moglie. E non sente più il peso dei problemi, del mutuo, dell'età; non ha più freddo. Lì, sotto quelle coperte, accanto a quella donna c'è solo benessere.

Non so. Forse non è così. E odia sua moglie e non ha figli.

Però mi piace immaginarlo felice. Senza soldi. Con la macchina sfasciata e un sacco di guai. Un abbraccio risolve un sacco di cose. Ed un abbraccio può far la differenza.

Non manca molto all'arrivo. Ed io non so ancora perché ho preso questo treno. Però sono felice di averlo fatto. Almeno credo. Ho sempre amato i viaggi in treno. Ma questo l'ho già detto.

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