Delio Zinoni - Lia
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Ma non dovete pensare che, essendoci una sola casa, Morraine manchi di luce. Tuttâaltro. Le sue terrazze e i suoi cortili sono i più belli del mondo. E ogni cortile è diverso dallâaltro. Per esempio, câè il Cortile delle Cento Colonne, il Cortile delle Quattro Fontane, il Cortile dei Tessitori, quello dei Beccai e quello dei Baccellieri, il Cortile del Paradiso, quello degli Uccelli e quello dei Gatti, la Corte delle Lavandaie e il Campo dei Miracoli, e il Cortile dellâUnicorno, del Porcospino, dei Maghi, dei Bottai, quello Rotondo, quello Stretto, quello dei Cinque Cantoni, della Luna Piena e della Luna Calante, quello dei Cavalieri, e di Nostra Signora del Parto, e dei Desideri Perduti. Per muoversi fra di essi ci sono androni e corridoi, e sugli archi che li introducono sono scolpiti stemmi o simboli che servono al posto dei nomi delle vie in altre città . Ci sono anche corridoi segreti e soffitte segrete e cantine segrete.
E soprattutto câè il Cortile Segreto. Che, ne eravamo ormai certi, altro non era che il Cortile del Serpente indicato sul manifesto.
Nessuno di noi aveva mai visto il Cortile Segreto, che come dice il nome non era un posto dove chiunque potesse entrare come si fa in una piazza. Poiché questa è la differenza fra una piazza e un cortile: nella prima sboccano strade accessibili a tutti: vagabondi e carrettieri, dame e merciai, cani randagi e bambini. In un cortile si entra da una porta, e dipende da quelli che ci abitano tenerla chiusa o aperta.
Quella sera la porta era spalancata.
Lelius doveva essere una persona davvero importante per avere avuto il permesso di dare il suo spettacolo nel Cortile Segreto!
Entrammo, dunque. Dopo che un servo in livrea ebbe esaminato con attenzione non priva di sospetto i nostri biglietti.
Mi aspettavo, è ovvio, di vedere meraviglie: fontane zampillanti e piante esotiche, statue di marmo e gabbie piene di uccelli rari.
Ma ciò che in realtà vedemmo ci lasciò senza fiato. Era un palazzo splendido e sfavillante: marmi di ogni venatura, e colonne come alberi secolari. Statue simili a persone vere immortalate in atti eroici, teneri, strazianti. Affreschi con scene di caccia e di battaglia, flotte a vele spiegate...
Questa visione durò un attimo. Poi un tremolio parve percorrere le mura del palazzo, e avvertii una folata di vento. Come se un terremoto stesse scuotendo Morraine, ma senza alcuna vibrazione sotto i piedi. Chiusi forte gli occhi. Quando li riaprii, il palazzo non câera più. Era un palcoscenico. Molto più piccolo di quanto mi fosse apparso, perché ingigantito dalla prospettiva; costruito in tela e legno, ma con tale maestria pittorica, e così abilmente illuminato, che lâocchio ne rimaneva volentieri ingannato.
Passato quellâattimo, tutto riacquistò le sue dimensioni normali. Trovammo posto su una delle panche nella quarta o quinta fila. Proprio davanti al palcoscenico, vidi, c'erano delle poltrone riservate a personaggi d'autorità . Ci eravamo da poco seduti che lo spettacolo iniziò. Annunciato da un rullo di tamburi, si presentò un saltimbanco, in un costume giallo e rosso da pagliaccio, che eseguì svariate mirabili capriole le quali finivano, di tanto in tanto, in comici capitomboli da cui si rialzava con aria perplessa, guardando il pubblico con grandi occhi tristi. Fu in una di queste occasioni che la riconobbi, sotto il trucco: era la signora del carro, quella che mi aveva abbracciato quella mattina di quattro anni prima
Poi ci fu un suono di cembali, e strumenti a fiato e a corde che non riconobbi. Apparvero una mezza dozzina di marionette, che eseguirono una pantomima velocissima, senza che si potesse scorgere quali fili le muovessero. Avevano le teste nascoste da larghi cappelli a cono, sotto i quali si scorgevano occhi luminosi e gialli, come candele. La danza che eseguirono era molto elaborata, e non doveva essere priva di qualche significato simbolico, poiché gli spettatori delle prime file, intenditori senza dubbio, applaudivano con convinzione nei momenti più significativi.
Terminò così il prologo, lasciandoci, intendo dire io e i miei due amici, un poâ interdetti ma pieni di aspettativa. Fu solo allora, guardandoci intorno, che ci accorgemmo di essere quasi gli unici ragazzi presenti fra il pubblico, del resto non molto numeroso. Benché attori girovaghi, Lelius e i suoi parevano dunque fare della propria arte un esercizio raffinato, poco adatto al volgo.
E il Cortile Segreto? Catturato dapprima dalla magia del palazzo di tela, e poi dalle capriole della signora e infine dalle evoluzioni della marionette, non avevo neppure pensato di guardarmi intorno. Eppure quello era il luogo delle fantasie di ogni bambino di Morraine! In realtà tutto ciò che si vedeva era poco più che il contorno dei tetti. Poiché il Cortile Segreto non era molto grande, o meglio non era grande come la mia immaginazione lo aveva dipinto; le panche lo occupavano per metà , e il palcoscenico nascondeva i piani bassi. Pilastri di marmo sbrecciato e frammenti di archi incastonati in una facciata alludevano ad un edificio molto più antico. Al riflesso delle lampade, presero forma dei fregi che percorrevano tutto il cornicione: molto corrosi, resi enigmatici dalla luce un poâ vacillante che li colpiva dal basso, anziché da quella del sole per cui erano stati scolpiti. Intuii che rappresentavano delle allegorie, e ne riconobbi alcune: la Verità , sotto forma di una fanciulla quasi nuda, che appoggiata ad una clessidra (emblema del tempo che fugge) mostra con la sinistra il sole e con la destra un serpente che si morde la coda; lâAmbiguità dal volto velato tiene un gatto accovacciato in grembo, e sembra osservare un bambino che gioca con uno specchio. E molte altre.
Poi dâimprovviso, e misteriosamente, come se un forte vento avesse soffiato, le lanterne si spensero tutte insieme. Ci furono alcuni istanti di buio, e quando gli occhi si stavano abituando alla luce delle stelle, e scorgevano ombre muoversi sul palcoscenico, ecco di nuovo la luce. Il palazzo aveva subito una parziale metamorfosi: unâala intera si era aperta, mostrando il mare e un porto magnifico. Una folla di donne era raccolta sui moli, e i marinai salutavano dalle navi, le vele già spiegate al vento. Ma come potevano essere così lontani? Il Cortile non era grande tanto da contenere un porto... Ancora unâillusione: si trattava delle marionette, in un nuovo costume, vicine ma piccole.
In primo piano, un sacerdote di venerabile aspetto. Con voce triste ma ferma narrò lâantefatto. Lâisola di Nexus era devastata da pestilenza e sterilità : una maledizione della dea del mare, irata perché i suoi abitanti avevano lasciato perire i naufraghi di una nave senza prestare loro soccorso, onde potersi impadronire del ricco carico... Era la storia di Phenissa e di Teseius.
Il naufrago si interruppe e ci guardò.
Forse non la conoscete. Appartiene ad una terra lontana da qui. Bene dunque: ve la racconterò così come venne rappresentata quella sera da Lelius e dalla sua compagnia, nel Cortile Segreto di Morraine.
(3) LA RECITA
Il sacerdote uscì, accompagnato da una solenne melodia di tube e di polifanti. Dalla parte opposta del palcoscenico entrò un eroe in splendida armatura. Anchâegli, nella generale sventura, aveva da portare il suo fardello. Si era sposato appena il giorno prima con la fanciulla più bella dellâisola. Aveva trascorso con lei appena una notte, ed ora doveva partire insieme agli ultimi uomini validi rimasti sullâisola, per cercare una nuova patria. Ed ecco giungere la diletta sposa, per lâultimo saluto.
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