Enrico Tasca - Il Fiume Di Gennaio

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Stava ancora vagando con la mente quando la bruna, un po' trafelata, fece finalmente la sua apparizione. La accompagnava una hostess con un leggero sguardo di rimprovero, visto che avevano dovuto chiamarla con l'altoparlante e poi accompagnarla all'aereo, ma lei non sembrava affatto sconvolta dalla cosa. Prese posto vicino alla biondina e Federico in cuor suo pensò che sarebbe stato sicuramente un viaggio piacevole, in compagnia di due belle ragazze. La bruna si allacciò la cintura e si rimise a dormire. Federico aveva sempre invidiato le persone con la capacità di addormentarsi in fretta. Lui era un nottambulo e dormiva pochissimo, ma la mattina riusciva comunque a svegliarsi presto, fresco come una rosa. Tirò fuori dalla borsa un vecchio libro che l'aveva molto colpito da ragazzo, "Il terzo occhio" di Lobsang Rampa, e si preparò ad attraversare l'oceano a oltre 30.000 piedi di altezza.

Anche Beatriz si riteneva fortunata. Il signore alla sua destra aveva l'aria per bene, doveva essere italiano, visto che leggeva un libro dal titolo in italiano, ed era un bel tipo, anche se non più tanto giovane. Meglio così. Non che pensasse che avrebbe potuto importunarla, ma aveva avuto in passato sgradevoli esperienze con ragazzi italiani piuttosto cafoni e insistenti. Di quelli che portano il foulard anche a letto, per intenderci, e che sfoggiano tatuaggi nei posti più impensabili. Il suo ragazzo per fortuna non era così. Aveva un tatuaggio minuscolo dietro una spalla che aveva fatto anni prima e d'altronde l'ambiente dove lavorava non permetteva stranezze tipo piercing o tatuaggi vistosi.

Alla sua sinistra si era poi seduta la bruna che aveva notato nella sala d'aspetto. Il suo profumo aleggiava nell'aria, ma non era fastidioso, anzi le ricordava il mamão, la papaya dell'Amazzonia, il frutto che suo padre le faceva mangiare tutte le mattine per vincere la stitichezza che l'affliggeva.

Era uno splendore. Le labbra carnose, il colorito abbronzato, il naso regolare, insomma una ragazza da copertina di Vogue. Se un giorno le fosse mai venuto in mente di andare con una donna le sarebbe piaciuto un tipo simile. Ma erano solo fantasie. Si sentiva profondamente eterosessuale. Le piaceva molto fare l'amore con il suo ragazzo, Davide. Lui aveva capito da subito che lei aveva qualche problema di timidezza ed era stato molto dolce sin dall'inizio. Questo era uno dei motivi per cui se ne era innamorata, anche se per certi altri aspetti non lo riteneva il suo uomo ideale. Un po' troppo egocentrico e concentrato sul lavoro. Ma aveva molto sofferto la solitudine i primi tempi in cui si era trasferita a Milano e non intendeva restare di nuovo sola.

Stava per compiere quarant'anni, un'idea che la sconvolgeva. Anche se ne dimostrava molti di meno, si rendeva conto che il futuro era già dietro alle sue spalle. Anche per questo motivo lasciava a Davide lo spazio che esigeva, cercava di non soffocarlo con il suo amore, però non sempre era ricambiata, anzi quasi mai. Davide era geloso e le aveva fatto delle scenate senza motivo. Forse prima o poi avrebbero dovuto parlare, cosa che facevano poco, visto che Davide sembrava pensasse solo al sesso.

Il decollo fu perfetto e ben presto l'Airbus si stabilizzò alla quota di crociera. I tre passeggeri della fila 18 ai posti A B e C non avevano ancora scambiato una sola parola. Estela dormiva, Beatriz giocava con il tablet e Federico leggeva. Solo la distribuzione del menu per la cena e la colazione dell'indomani mattina riuscì a risvegliare la loro attenzione.

«Stavo forse russando?» chiese Estela a Beatriz in portoghese. Quest'ultima riconobbe l'accento carioca che le piaceva molto perché era, come dire, molto fluido e musicale. Le "r" raschianti, le "s" sibilanti e le "d" dentali erano infatti tipiche del modo di parlare degli abitanti di Rio. La domanda colse alla sprovvista la biondina che se la cavò con un sorriso e un «não» detto a mezza bocca.

«Quando sono molto stanca mi capita di russare. Non ci posso fare niente. ma mi scoccia» insistette la bruna «e siccome passeremo la notte in viaggio e penso che dormirò tutto il tempo, svegliami pure se do fastidio.»

Beatriz era combattuta: da una parte avrebbe chiacchierato volentieri con quella ragazza carina che sembrava tutt'altro che stupida, solo un po' esuberante, dall'altra aveva paura che se le avesse dato corda sarebbe diventata invadente. Il viaggio era lungo e non se la sentiva di passare il tempo a parlare, magari di moda o di banalità .

Estela sembrava aver letto nel pensiero di Beatriz, perché prese una rivista e si mise a leggere. Per un po' le due donne si ignorarono, ognuna presa dai propri pensieri. Il ghiaccio fu rotto definitivamente al momento degli aperitivi. Estela si fece servire un vino verde portoghese, imitata da Beatriz. Federico si sarebbe fatta volentieri una bella caipirinha, ma si dovette accontentare di una birra. A questo punto fu proprio lui, che fino a quel momento era stato ignorato dalle due brasilane ad attaccare discorso.

«Vi disturbo se apro l'aria?» chiese in portoghese, perché pensava che le due ragazze fossero dirette a Lisbona e non parlassero italiano «Fa piuttosto caldo non trovate?»

Beatriz si limitò a dire che non le importava, invece Estela, sentendo l'accento italiano si esibì nella lingua che a Milano era riuscita ad imparare in meno di un anno e chiese a sua volta: «anche tu vai a Milano?»

Federico si sentì spiazzato. Non che pensasse di passare per un brasiliano, anche se il suo accento non era poi così orribile, ma lo stupì piacevolmente la disinvoltura della ragazza, che evidentemente aveva capito subito che era italiano e non temeva di passare per sfacciata. Esuberanza brasiliana - pensò - ricordando che in Brasile si dava il tu o meglio il você con molta più facilità che in italiano e la ragazza aveva tradotto dal brasiliano. Non si sentì affatto offeso per l'uso del "tu", si era accorto di stare invecchiando quando i giovani, che spesso frequentava per lavoro, cominciavano a dargli del lei. Un tempo la cosa lo infastidiva, ora non più, ci aveva fatto l'abitudine.

Beatriz ascoltava restando in silenzio, ritenendosi fortunata per aver trovato due compagni di viaggio apparentemente "normali". Pensava quasi di ceder il suo posto alla bruna, visto che si trovava nel sedile di mezzo e si sentiva accerchiata, ma le scocciava chiedere e preferì starsene tranquilla in attesa della cena.

Forse grazie all'alcol o all'atmosfera che comunque era gioviale e rilassata, dopo un po' anche Beatriz si tranquillizzò finalmente e pensò di unirsi alla conversazione. Federico aveva scoperto che la bruna faceva la modella a Milano e quando disse di fare il fotografo sia nel campo della moda che della pubblicità si sentì fare un elenco di persone che avrebbe dovuto senz'altro conoscere. Tra queste c'era anche il suo amico Teo, art director in un'agenzia di pubblicità , ma si guardò bene dal dire che lo conosceva. Estela aggiunse che le sembrava di aver già fatto delle foto con Federico e questi rispose che era possibile, ci avrebbe riflettuto sopra, cercando di ricordare.

Beatriz si sentiva un po' tagliata fuori, quindi cercò di cambiare discorso chiedendo se avevano saputo della neve a Malpensa.

A Federico piaceva chiacchierare con la gente, quando fotografava qualcuno o qualcuna passava prima molto tempo a parlare. Gli piaceva capire le persone, entrare nel loro intimo, studiarle prima di iniziare a scattare. Non erano molte quelle che riuscivano a interessarlo o ancor più a stupirlo, ma adesso non stava lavorando. Si trattava di passare qualche ora senza annoiarsi e la compagnia gli sembrava gradevole. A parte i risvolti sessuali, con le donne si era sempre trovato bene, molto meglio che con i maschi. Nel caso specifico le due donne sedute vicino a lui sembravano tutt'altro che stupide. Anche Beatriz era passata all'italiano, ma usando correttamente il lei. "Forse una forma di cortesia nei riguardi di una persona più anziana" pensò Federico, che odiava quella parola, anche se ormai aveva 56 anni: dentro di sé si sentiva un quarantenne, con ancora tante curiosità e tanta gioia di vivere.

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