Anne Rice - Intervista col vampiro
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- Название:Intervista col vampiro
- Автор:
- Издательство:Salani
- Жанр:
- Год:1977
- Город:Firenze
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«Non la guardava con occhio maligno, come i personaggi malvagi del teatro, né desiderava spasmodicamente vederla soffrire come se si cibasse di crudeltà. Stava semplicemente a guardarla. ‘Non ho mai voluto essere cattiva’ piangeva la ragazza. ‘Ho fatto soltanto quello che sono stata costretta a fare. Tu non permetterai che mi succeda questo. Mi lascerai andare. Non posso morire così. Non posso!’ singhiozzava, con singulti secchi e flebili. ‘Mi lascerai andare. Devo andare dal prete. Mi lascerai andare’.
«‘Ma il mio amico è un prete’ disse Lestat sorridendo, come se gli fosse venuto appena in mente per scherzo. ‘Questo è il tuo funerale, cara. Vedi, prima eri a una cena, ora sei morta. Ma Dio ti offre la possibilità d’essere assolta. Non capisci? Confessagli i tuoi peccati’.
«Dapprima lei scosse la testa, poi mi guardò di nuovo con quegli occhi imploranti. ‘È vero?’ sussurrò. ‘Bene’ intervenne Lestat, ‘non mi sembri pentita: dovrò chiudere il coperchio’.
«‘Smettila, Lestat!’ gli urlai. La ragazza aveva ricominciato a strillare, e io non riuscivo più a sopportarne la vista. Mi chinai su di lei e le presi la mano. ‘Non riesco a ricordare i miei peccati’ balbettò, mentre io le guardavo il polso, deciso a ucciderla. ‘Non devi sforzarti. Di’ soltanto a Iddio che sei pentita’ le dissi, ‘poi morirai e sarà tutto finito’. Si distese indietro e gli occhi le si chiusero. Affondai i denti nel suo polso e incominciai a succhiare. Lei si scosse una volta come se sognasse e pronunciò un nome; poi, quando sentii il battito del suo cuore raggiungere quella lentezza ipnotica che conoscevo, mi ritrassi da lei, inebriato, confuso per un istante, aggrappandomi allo stipite della porta. La vedevo come in un sogno. Le candele ardevano ai margini della mia visione. Lei era perfettamente immobile, e Lestat le sedeva accanto composto, come se ne stesse piangendo la morte. Il suo volto era calmo. ‘Louis’ mi disse. ‘Non capisci? La pace ti arriverà soltanto quando potrai farlo ogni notte della tua vita. Non c’è niente altro. Ma questo è tutto!’ Parlava con voce quasi affettuosa; poi si alzò e mi mise le mani sulle spalle. Entrai nel salotto, cercando di sottrarmi a quel contatto, ma non abbastanza risoluto per respingerlo. ‘Vieni fuori con me, per le strade. È tardi. Non hai bevuto abbastanza. Lascia che ti mostri quello che sei. Davvero! Perdonami se l’ho fatto male, se ho lasciato troppo alla natura. Vieni!’
«‘Non ce la faccio Lestat’ gli dissi. ‘Hai scelto male il tuo compagno’.
«‘Ma Louis’ ribattè ‘non hai mai provato!’».
Il vampiro di fermò: stava studiando il ragazzo. E il ragazzo, allibito, non disse nulla.
«Era vero. Non avevo bevuto abbastanza; e scosso dal terrore della ragazza, lasciai che mi conducesse fuori dell’albergo, giù per la scala di servizio. La gente stava uscendo dalla sala da ballo di Condé Street e la stradina era affollata. Si tenevano cene negli alberghi e un gran numero di famiglie di piantatori erano alloggiate in città; passammo attraverso la folla come in un incubo. La mia sofferenza era intollerabile. Non avevo mai provato un simile tormento psichico. Perché le parole di Lestat avevano senso per me. Trovavo la pace soltanto quando uccidevo, solo in quell’istante; e non avevo più dubbi sul fatto che uccidere qualunque cosa inferiore a un essere umano non mi dava altro che una vaga nostalgia, lo scontento che mi aveva portato ad avvicinarmi agli esseri umani, a osservare attraverso i vetri la loro vita. Io non ero un vampiro. E nel mio dolore mi domandai irrazionalmente, come un bambino: Non potrei tornare indietro? Non potrei essere ancora un uomo? Il sangue di quella ragazza era ancora caldo dentro di me, ne sentivo l’eccitazione e la forza fìsica, e tuttavia io mi ponevo questa domanda. Le facce degli umani sfilavano davanti a me come fiamme di candele nella notte danzanti su onde oscure. Affondavo nelle tenebre, esausto della mia nostalgia. Giravo su e giù per le strade, guardavo le stelle e pensavo: ‘Sì, è vero, quel che dice è vero, quando uccido non c’è più nostalgia; e non posso sopportare questa verità, non posso’.
«Improvvisamente ci fu un momento come di sospensione. La strada era perfettamente silenziosa. C’eravamo allontanati molto dalla zona principale della città vecchia e ci trovavamo vicino ai bastioni. Non c’erano luci, solo un fuoco a una finestra e un’eco lontana di gente che rideva. Ma non c’era nessuno. Nessuno vicino a noi. Sentivo all’improvviso la brezza del fiume e l’aria calda della notte che saliva; e Lestat vicino a me, così immobile che avrebbe potuto essere di pietra. Sopra la lunga, bassa fila dei tetti a punta si ergevano le sagome imponenti delle querce, grandi forme oscillanti e sonore sotto le stelle basse nel cielo. Il dolore per il momento era sparito; la confusione sparita. Chiusi gli occhi e udii il vento e il suono dell’acqua che scorreva dolcemente, velocemente nel fiume. Mi bastò, per un momento. Ma sapevo che non sarebbe durato, che questa pace sarebbe volata via come se mi venisse strappata dalle braccia, e io l’avrei inseguita, io, la più disperatamente sola tra tutte le creature di Dio, per riportarla indietro. Poi una voce accanto a me rimbombò profonda nella calma della notte, un rullo di tamburo, alla fine di quel momento di pace, che diceva: ‘Agisci secondo la tua natura; questo è solo un assaggio. Agisci secondo la tua natura’. E il momento passò. Come quella ragazza nel salotto dell’albergo, mi sentivo stordito e disposto ad accogliere ogni minimo suggerimento. Annuii a Lestat e lui a me. ‘Il dolore è terribile per te’ mi disse. ‘Lo senti come nessun’altra creatura perché sei un vampiro. Tu non vuoi che continui’.
«‘No’ gli risposi. ‘Proverò quello che ho provato con lei, unito a lei e senza peso, preso in una danza’.
«‘Questo e altro’. La sua mano strinse la mia. ‘Non voltare le spalle, vieni con me’.
«Mi condusse di corsa per la strada, voltandosi ogni volta che esitavo, cercando con la sua mano la mia, il sorriso sulle labbra, la sua presenza meravigliosa per me come la notte che arrivò nella mia vita mortale e mi disse che saremmo stati vampiri. ‘Il male è un’opinione’ mi sussurrò. ‘Noi siamo immortali. Abbiamo davanti ricchi festini che la coscienza non può apprezzare e che gli uomini mortali non possono conoscere. Dio uccide, e così faremo noi; indiscriminatamente Dio prende il più ricco e il più povero, e così faremo noi; perché nessuna creatura soggetta a Dio è come noi, nessuna è così simile a Lui come noi, angeli tenebrosi non confinati entro i limiti maleodoranti dell’inferno, ma erranti per la sua terra e per tutti i suoi regni. Stanotte voglio un bambino. Sono come una madre… voglio un bambino!’
«Avrei dovuto sapere che cosa aveva in mente. E invece no. Mi aveva ipnotizzato, incantato. Giocava con me come quando ero mortale; mi conduceva. Mi diceva ‘Non sentirai più dolore’.
«Giungemmo in una strada con tante finestre illuminate. Era un posto di stanze in affitto, marinai e gente delle chiatte. Entrammo per una porta stretta e poi in un corridoio di pietre, dove udivo il mio respiro come fosse vento. Lestat strisciò lungo la parete finché la sua ombra balzò fuori nella luce di una porta accanto all’ombra di un altro uomo, le loro teste piegate insieme, i loro sussurri come il fruscio di foglie secche. ‘Che c’è?’ Mi accostai a lui, temendo improvvisamente che quell’esaltazione morisse in me. Vidi ancora il paesaggio da incubo che avevo visto quando parlavo con Babette, provai il gelo della solitudine, il gelo della colpa. ‘È là!’ sussurrò Lestat. ‘Quella che hai ferito. Tua figlia’.
«‘Cosa dici, di che cosa stai parlando?’
«‘L’hai salvata’ mormorò. ‘Lo sapevo. Hai lasciato la finestra aperta su di lei e sulla sua mamma morta, e della gente che passava per la strada l’ha portata qui’.
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