Figli dette tenebre,
ecco i figli della luce.
Figli dell’uomo,
combattete i figli della notte.
E tutti acclamarono e urlarono e gemettero, senza ascoltare le parole. Chissà se gli antichi celti si erano scatenati con grida più possenti nell’imminenza del massacro?
Ma stavolta non c’erano massacri, non c’erano offerte sacrificali.
La passione ascendeva verso le immagini del male, non verso il male. La passione abbracciava l’immagine della morte, non la morte. La sentivo come l’illuminazione scottante sui pori della pelle, nelle radici dei capelli. L’urlo amplificato di Tough Cookie iniziava una nuova strofa, i miei occhi scrutavano gli angoli più lontani, l’anfiteatro diventava un’unica, grande anima ululante.
Liberami da tutto questo, liberami dall’impulso di apprezzarlo. Liberami dal pericolo di dimenticare tutto il resto e di sacrificare ogni scopo e ogni risoluzione. Vi voglio, piccoli miei. Voglio il vostro sangue, il vostro sangue innocente. Voglio la vostra adorazione nel momento in cui affondo i denti. Sì, questo trascende ogni tentazione.
Ma in quel momento di prezioso silenzio e di vergogna, li vidi per la prima volta, i veri vampiri. Facce bianche e minute che ondeggiavano come maschere sulle orde di volti informi dei mortali, distinte come mi era apparsa la faccia di Magnus in quel piccolo teatro del boulevard, tanto tempo prima. E sapevo che là, dietro il sipario, li vedeva anche Louis. Ma le sole cose che scorgevo in loro e che sentivo emanare da loro erano lo stupore e la paura.
«TUTTI VOI VERI VAMPIRI, LÀ FUORI», gridai. «RIVELATEVI!» Ma costoro rimasero imperturbabili, mentre i mortali dipinti e in costume che stavano loro intorno sembravano impazzire.
Per tre ore ballammo e cantammo e tormentammo ininterrottamente i nostri strumenti metallici, mentre Alex e Larry e Tough Cookie si passavano il whisky, e la folla continuava ad avvicinarsi a noi fino a che la falange della polizia dovette raddoppiare e le luci si alzarono. I sedili di legno andavano a pezzi negli angoli dell’auditorium, le lattine rotolavano sul pavimento. I vampiri veri non si avvicinarono d’un solo passo. Alcuni sparirono.
Dunque le cose stavano così.
Urla ininterrotte come di quindicimila ubriachi scatenati fino ai momenti conclusivi, quando incominciò la ballata tratta dall’ultimo videoclip, L’Età dell’Innocenza.
Poi la musica si addolcì. I tamburi si smorzarono, la chitarra agonizzò e il sintetizzatore lanciò le splendide note traslucide di un clavicembalo elettrico, note così leggere e tuttavia così profuse che era come se nell’aria cadesse una pioggia d’oro.
Un riflettore dalla luce tenera inquadrò il punto dove mi trovavo, con gli abiti striati di sudore sanguigno, i capelli aggrovigliati, il mantello che mi pendeva da una spalla.
Nelle grandi fauci spalancate dell’attenzione ebbra ed estatica, alzai la voce lentamente in modo che ogni frase risuonasse chiara:
Questa è l’Età dell’Innocenza,
la vera Innocenza,
tutti i vostri demoni sono visibili,
tutti i vostri demoni sono materiali.
Chiamateli sofferenza,
chiamateli fame,
chiamateli guerra.
Non avete più bisogno del male mitico.
Cacciate i diavoli e i vampiri
con gli dèi che più non adorate.
E ricordate:
l’uomo con le zanne porta un manto.
Ciò che passa per incanto
è un incanto.
Capite ciò che vedete
quando vedete me!
Uccideteci, fratelli e sorelle,
tra noi c’è la guerra.
Capite ciò che vedete
quando vedete me.
Chiusi gli occhi nella cerchia di applausi. Che cosa applaudivano veramente? Che cosa celebravano?
La luce del giorno artificiale nell’auditorium gigantesco. I vampiri autentici stavano sparendo tra la folla. I poliziotti in uniforme erano saltati sul palcoscenico per formare una fila compatta davanti a noi. Alex mi tirò per un braccio quando passammo oltre il sipario.
«Ehi, dobbiamo scappare. Hanno circondato la maledetta berlina. E tu non ce la farai ad arrivare alla tua macchina.»
Dissi che no, dovevano andare e salire sulla berlina, e filare via subito.
E sulla mia sinistra vidi la faccia dura e bianca di uno dei vampiri veri mentre si faceva largo a spintoni tra la calca. Era vestito di pelle nera, come i motociclisti, e i serici capelli preternaturali erano un lucente casco nero.
Il sipario si stava strappando e il pubblico invadeva il palcoscenico. Louis era al mio fianco. Vidi un altro immortale sulla mia destra, un maschio magro e ghignante dai minuscoli occhi neri.
Un soffio d’aria fredda mentre uscivamo nel parcheggio e un pandemonio di mortali che si agitavano, i poliziotti che urlavano per imporre ordine, la berlina che dondolava come una barca mentre Tough Cookie e Alex e Larry venivano spinti a bordo. Una delle guardie del corpo mi aveva acceso il motore della Porsche, ma i ragazzi battevano sul tettuccio e sul cofano come se fosse un tamburo.
Dietro il vampiro dai capelli neri ne apparve un altro, una donna. Tutti e due si avvicinavano inesorabilmente. Cosa credevano di poter fare?
Il gigantesco motore della berlina ruggiva come un leone contro i ragazzi che non davano strada, e le guardie in motocicletta facevano rombare i loro motori più piccoli che vomitavano fumi e rumore tra la folla.
Adesso i tre vampiri stavano per circondare la Porsche. La faccia del maschio più alto era sfigurata dal furore. Una spinta del braccio poderoso sollevò la macchina nonostante i giovani che vi stavano aggrappati. Ancora un attimo e si sarebbe capovolta. Sentii Louis che si girava, sentii il suo pugno colpire pelle e ossa soprannaturali dietro di me, sentii una maledizione bisbigliata.
Tutti i mortali incominciarono a urlare. Un poliziotto esortava la folla a disperdersi gridando attraverso un altoparlante.
Corsi in avanti facendo cadere parecchi adolescenti e bloccai la Porsche un momento prima che si rovesciasse sul dorso come uno scarabeo. Mentre cercavo di aprire la portiera, mi sentii schiacciato dalla folla. Da un istante all’altro sarebbe scoppiato il finimondo, una fuga generale.
Fischi, urla, sirene. Louis e io venimmo spinti l’uno contro l’altro. Poi il vampiro vestito di pelle salì sull’altro lato della Porsche, e una grande falce argentea lampeggiò nella luce dei riflettori quando la fece roteare sopra la testa. Sentii il grido d’avvertimento di Louis, vidi con la coda dell’occhio il balenio di un’altra falce.
Ma uno strido ultraterreno lacerò quella confusione, e il vampiro, in un lampo accecante, esplose in fiamme. Un’altra vampata scaturì accanto a me. La falce piombò sul cemento. A qualche metro di distanza un’altra figura di vampiro arse in un guizzo crepitante.
La folla era in preda al panico. Chi si precipitava di nuovo verso l’auditorium, chi correva nel parcheggio o dove capitava, per sfuggire alle figure turbinanti che bruciavano nei loro inferni personali mentre i loro arti si dissolvevano sulle ossa. Vidi altri immortali che si allontanavano a velocità invisibile nella lenta ressa umana.
Louis era stupefatto mentre si voltava verso di me, e senza dubbio la mia espressione di stupore lo sbalordì ancora di più. Non era stato uno di noi due! Non ne avevamo il potere. Conoscevo un solo immortale capace di tanto.
Ma all’improvviso fui scagliato all’indietro dalla portiera che si apriva. Una mano bianca, piccola e delicata, si tese per tirarmi a bordo.
«Presto, tutti e due!» disse in francese una voce femminile. «Cosa aspettate, che la Chiesa lo proclami un miracolo?» Fui trascinato sul sedile prima di rendermi conto di ciò che stava accadendo, e mi tirai addosso Louis che fu costretto a scavalcarmi per passare dietro.
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